La Buffa/IV. L'episodio del Podgora/L'episodio del Podgora
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L'EPISODIO DI PODGORA
Eravamo due amici
fino da bambini:
dividevamo il pane
e la religione per la libertà.
Ci separò la guerra
che mi portò in Ungheria;
ma un giorno bussai all'alba
a una porta fiorentina,
pallido, straccione.
Io chiesi: «Enrico Elia?»
Lui mi sentì dalla voce,
uscì semivestito.
Gli dissi: «Disertore!»
Lui mi abbracciò piangendo;
poi disse: «Ecco del pane,
del vino, del tabacco!»
e trasse il portafogli
e divise i suoi quattrini.
Parlammo di Rosina,
di Heghel, di Spinoza,
dell'estetica del Croce,
di Benito Mussolini.
Mi disse: «E tu che pensi?»
Gli dissi: «Odio il massacro,
vorrei gettar le bombe,
Vorrei...» Ma lui sorrise;
parlò di tutti gli altri,
dei socialisti tedeschi,
dell'Austria,
Enrico Ferri
e... i buchi nella pancia.
Io tacqui e poi gli dissi:
«E' il sistema...»
«O la paura...»
«Che dici?»
«Che fai?»
Così partimmo insieme
con i fantaccini:
portammo le marmitte
e le casse munizioni.
Un giorno stavamo seduti,
fuori piovigginava,
l'acqua gocciolava
ogni tanto, fredda,
dal tettuccio di frasche
e ci faceva sentire
un brivido dentro il core,
così come una nenia,
o una canzone d'amore;
la sera di primavera
seduti sognavamo;
lui si interruppe ad un tratto.
Mi disse, la voce velata:
«Mia mamma... mia sorella...
sono l'unico figlio...
l'unico fratello...
forse pensano a me!»
***
La notte siamo partiti,
i fucili in bilancia,
per i camminamenti,
le trincere fangose,
la notte siamo usciti,
una squadra perduta,
i soldati ci irridevano:
«Volontari»
sei uomini e un caporale.
Ci avvicinammo tacendo
ai reticolati nemici,
e ci appostammo:
stringevamo forte il fucile
forte, e guardavamo:
la notte stellata tremava
così come il nostro core,
per il freddo;
finchè non venne l'alba
e il sole.
Ci mandarono a prender il
[rancio.
Le marmitte sulle spalle,
chilometri di strada,
il sole ci coceva.
Lui lasciò andar la marmitta,
io la portai ancora,
finchè ci sedemmo sfiniti,
in mezzo alla strada battuta,
aspettando una granata.
Finalmente quando Dio volle,
arrivammo al battaglione
con le spalle scorticate
e mangiammo un po' di riso.
***
Il sole era alto sul Podgora.
Eravamo tutti in ginocchio
dentro il camminamento.
Così come gli struzzi,
nascondevamo la testa
dentro il petto.
Si sentiva confuso
il passo dei rincalzi.
Ad un tratto squillò una tromba:
«Pronti per l'assalto!
Le baionette in canna!
Avanti fantaccini della Brigata
[Re!»
Eravamo timorosi
di Dio e della morte,
quand'ecco uscire dai ranghi
un vecchio garibaldino,
vestito da soldato.
Egli sale sul parapetto,
si leva la giubba verde,
la butta nella trincera,
poi si volge un'ultima volta,
diritto nella figura,
la sua faccia si colora
di una strana giovinezza,
e grida con una voce
che sento ancora le notti
quando penso al Podgora:
Avanti i volontari
della Brigata Re!
«Chi è, chi è quel vecchio!»
si chiedono i soldati,
Nessuno quel giorno lo seppe:
ma un giorno lo sapranno
e forse un cuciniere,
in mezzo alle cucine,
o qualche conducente,
avvivando un piccolo fuoco
d'inverno per riscaldarsi,
racconterà ai suoi muli,
che gli staranno in giro,
guardandolo, silenziosi,
la canzone di Lavezzari: