L'avvenire!?/Capitolo quarto
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CAPITOLO QUARTO
Non svenni, ma lo sforzo che feci per rendermi chiaramente conto della situazione mi fece venir le vertigini, e mi ricordo che il mio ospite fu costretto a sorreggermi per guidarmi fino ad una vasta camera del secondo piano, ove mi costrinse a bere due bicchieri di un vino generoso ed a mangiare.
«Credo che ora tutto sarà finito», mi disse allegramente.
«Non avrei certo adoperato un mezzo sì energico se la vostra insistenza non mi vi avesse costretto. Confesso» aggiunse sorridendo «che ho temuto un momento che non voleste darmi un pugno. So che i cittadini di Boston del tempo vostro erano celebri pugillatori e pensai che era meglio non perder tempo. Spero che mi assolverete ora dall’accusa fattami di avervi corbellato».
«Se mi aveste detto» risposi completamente vinto da quanto avevo veduto, «che son passati mille anni dacchè non rividi questa città, vi crederei ora».
«Un secolo soltanto è scorso», rispose egli, «ma non tutti i secoli hanno recato simili cambiamenti».
«Ed ora», soggiunse porgendomi la mano con irresistibile cordialità, «permettete che vi dia il benvenuto nella Boston del XX secolo ed in questa casa. Mi chiamo Leete e mi dicono dottor Leete».
Gli strinsi la mano allora, dicendogli: «Ed io mi chiamo Giuliano West».
«Son felicissimo di fare la vostra conoscenza, Signor West», rispose egli, «sapete che questa casa fu costrutta al luogo stesso ove sorgeva la vostra, sicchè spero che non tarderete a trovarvici bene».
Dopo avermi offerto alcuni rinfreschi, il dottor Leete mi propose di prendere un bagno e di cambiar abiti, proposta che accolsi con gioia.
Pare che la foggia del vestito maschile non fosse cambiata di molto, giacchè, fatta eccezione di alcune piccolezze, i miei nuovi abiti non mi sorpresero affatto.
Ero dunque tornato fisicamente me stesso. Ma come mi sentissi internamente, il lettore potrà facilmente argomentare. Quale impressione provai trovandomi ad un tratto in un nuovo mondo! Come si sentirebbe il mio lettore se si trovasse, in un istante solo, trasportato dalla terra in paradiso od anche all’inferno?
I suoi pensieri si rivolgerebbero essi dapprima alla terra da lui abbandonata, oppure, passata la prima sorpresa, dimenticherebbe la sua antica vita per non curarsi che della nuova? Tutto ciò che io posso dire dopo averne fatta l’esperienza, si è che la seconda ipotesi mi par la più giusta.
Lo stupore e la curiosità che la mia vista produsse in tutti quelli che mi circondavano, mi occuparono talmente che, passata la prima sorpresa, non potei pensare ad altro. Per il momento si spensero tutti i ricordi della mia vita passata.
Appena mi sentii fisicamente meglio, desiderai tornare sul terrazzo, e poco dopo, il mio ospite ed io eravamo lassù, sdraiati in comode sedie e circondati dalla città. Dopo che il dottor Leete ebbe risposto alle mie domande sulla sorte di vari edifizi che più non vedevo, mi chiese che impressione mi facesse il paragone fra la città nuova e la vecchia.
«Cominciando a parlare delle cose di poca entità,» risposi, «mi stupisce assai il non vedere nè fumajoli, nè fumo».
«Ah!» esclamò con grande interesse il mio compagno, «avevo dimenticato i fumajuoli, è da tanto tempo che han cessato di esistere. Son quasi cento anni che abbiam cambiato il metodo di riscaldamento».
«Ciò che mi impressiona maggiormente», dissi, «è il benessere materiale della popolazione che s’indovina dallo splendore della città».
«Pagherei volentieri qualche cosa», replicò il dottor Leete, «per poter dare un’occhiata alla Boston dei tempi vostri. Senza dubbio le città d’allora erano assai miserabili. Se aveste voluto migliorare il loro stato, credo che i mezzi vi sarebbero mancati, visto il sistema industriale che era allora in uso e che aveva per risultato una gran povertà. Inoltre l’idealismo che allora regnava non andava troppo d’accordo collo spirito del bene comune. La piccola ricchezza di cui eravate padroni, veniva spesa in lusso privato. Oggi invece, il superfluo vien speso per abbellire la città; spesa che reca profitto a tutti.»
Quando eravamo venuti sul terrazzo, il sole era già tramontato e mentre discorrevamo s’era fatto notte.
«Si fa scuro,» disse il dottor Leete, «rientriamo in casa, devo presentarvi a mia moglie e a mia figlia.
Queste parole mi fecero pensare alle voci di donna da me udite mentre tornavo in me; e, curioso di vedere che aspetto avessero le signore dell’anno 2000, accolsi con piacere quella proposta. La stanza ove stavano la madre e la figlia del mio ospite era rischiarata da una luce mite che doveva essere artificiale, ma della quale non vedevo la sorgente.
La signora Leete era una bellissima donna, ancora ben conservata ed all’incirca dell’età di suo marito; sua figlia, in tutto il fiore della giovinezza, era la più graziosa fanciulla che avessi mai veduta. Il suo volto era reso incantevole da un paio d’occhi azzurro cupo; ma anche se il suo viso fosse stato meno seducente, la perfezione della sua figura sarebbe bastata a darle posto tra le bellezze femminili del secolo XIX. In lei si trovavano riunite la dolcezza della donna e l’aspetto della maggior robustezza e salute, ciò che spesso mancava alle fanciulle del mio tempo. Mi parve poi un caso strano assai, la combinazione dell’aver ella il nome di Editta.
La conversazione che seguì era certamente unica nel suo genere, ma sarebbe un errore il credere che essa fosse sforzata o noiosa. Io credo, che appunto nelle circostanze le più straordinarie ci si trova maggiormente a proprio agio, perchè tali circostanze sbandiscono tutto ciò che è artificiale. Quella sera, la mia conversazione con persone che rappresentavano un altro secolo ed un mondo nuovo, fu spigliata e libera come lo sarebbe stata se mi fossi trovato con vecchi conoscenti. Naturalmente il fine discernimento dei miei ospiti ci entrava in gran parte. Si parlò soltanto dello strano caso che mi aveva ivi condotto, ma l’interesse che mi dimostrarono era sì vivo e sincero che la conversazione perdette affatto il suo carattere soprannaturale. Si poteva quasi credere che essi erano abituati ad avere fra di loro una persona appartenente al secolo precedente.
Per quanto mi concerne, credo di non essere mai stato tanto arguto e spiritoso come lo fui quella sera. Non intendo certamente dire che la coscienza della mia straordinaria situazione mi abbandonasse solo un istante; ma essa produsse su di me l’effetto di un eccitante, mi procurò una specie di ebbrezza dello spirito.
Editta prese poca parte alla conversazione; ma, ogni volta che i miei sguardi, attratti dal magnetismo della sua bellezza, si posavano sul suo volto, scorgevo i suoi occhi fissi su di me.
Si vedeva chiaramente che io la interessavo al massimo grado, e ciò era naturale trattandosi di una fanciulla che aveva intelligenza. Sebbene supponessi che la curiosità fosse la causa principale di questo interesse, pure ciò mi fece molta impressione; e me ne avrebbe fatto anche se la fanciulla fosse stata meno bella.
Il dottore Leete e le signore mostrarono di interessarsi molto alle circostanze che avevano accompagnato il fatto dell’essermi trovato in quel locale sotterraneo. Ognuno fece mille supposizioni; non comprendevano come potesse essere accaduto che mi avessero dimenticato e finimmo coll’accettare una teoria che ci parve la più verosimile. Lo strato di cenere che si era trovato sopra la mia camera, faceva supporre che la casa fosse stata incendiata. Ammettiamo che l’incendio fosse scoppiato in quella notte stessa in cui mi addormentai, e supponendo inoltre che Saverio fosse perito quella notte stessa, tutto il resto pareva assai naturale. Nessuno, all’infuori di lui e del dottore Pillsbury, conosceva l’esistenza della mia camera ed il dottore che era partito quella notte stessa per la Nuova Orleans, non seppe forse mai nulla dell’incendio. I miei amici e la gente credettero forse che io fossi perito in mezzo alle fiamme. Soltanto uno scavo profondo delle rovine avrebbe potuto far scoprire la mia camera, e ciò sarebbe accaduto qualora si fosse rifabbricato subito sul luogo dell’incendio; ma i tempi di agitazione ed il posto poco adatto lo impedirono. La grossezza degli alberi che si trovavano in quel punto, facevano credere al dottor Leete che ivi fossero da un mezzo secolo.