Pagina:Bellamy - L'avvenire, 1891.djvu/25


23

suaso che si tratti di uno scherzo, chè il contraccolpo che provereste nel riconoscere la verità delle mie asserzioni, potrebbe esservi fatale».

Il suo fare pieno di sollecitudine e di compassione, come pure la sua calma nell’udire le mie parole, mi colpirono e lo seguii combattuto da sentimenti assai contrarii. Mi fece salire due scale, quindi un’altra più piccola che conduceva ad una terrazzina posta sul tetto. «Guardatevi intorno, vi prego» mi disse egli quando fummo giunti là in alto, «e ditemi se è quella la Boston del secolo decimonono.»

Ai miei piedi giaceva una gran città. Larghe strade, ornate di piante ombrose e di vasti edifizii si estendevano alla distanza di miglia ed in tutte le direzioni. In ogni quartiere si vedevano piazze grandissime circondate da alberi ed adorne di statue e di fontane. Da ogni parte vedevansi colossali edifizi pubblici, di una grandiosità architettonica sconosciuta all’epoca mia, ergere le loro maestose colonne. Invero io non avevo mai visto quella città, nè un’altra che le somigliasse. Finalmente alzai lo sguardo all’orizzonte, verso ponente. Quella striscia azzurra e serpeggiante non era forse il fiume Charles? Guardai verso levante; il porto di Boston mi stava dinanzi, nessuna delle sue verdi isolette mancava.

Sapevo ora che quanto mi avevan narrato era pura verità.


CAPITOLO QUARTO




Non svenni, ma lo sforzo che feci per rendermi chiaramente conto della situazione mi fece venir le vertigini, e mi ricordo che il mio ospite fu costretto a sorreggermi per guidarmi fino ad una vasta camera del secondo piano, ove mi costrinse a bere due bicchieri di un vino generoso ed a mangiare.