L'asino (Guerrazzi, 1858)/Parte III/Nota finale
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NOTA FINALE
Una dotta e pia persona considerando quanto frutto potrebbe risultarne alla salute spirituale di coloro, che hanno fede nella santità dei R. Padri della Compagnia di Gesù, mi fa avvertito, che l’Asino va contaminato da cima a fondo di svarioni, per cui sarebbe senno detestarlo pubblicamente e sopprimerlo; poi mi usa la carità di accennarli.
Primo errore. Il reverendo padre Francesco Soave non era gesuita. La dotta e pia persona ha ragione, egli fu chierico regolare somasco.
Secondo errore. Biagio Pascal non fu prete. La dotta e pia persona ha ragione; il Pascal non fu prete: bensì meritava esserlo.
Terzo errore. Il reverendo padre Huc non fu gesuita. La dotta e pia persona ha ragione; egli era lazzarista. Bene è vero però che gesuita o lazzarista formano tutta una minestra: ma ciò non iscusa, imperciocchè quantunque con la farina di meliga si compongano di più maniera vivande, ognuna porta il suo proprio e distinto nome. Qui poi non ci possiamo astenere di levare a cielo la magnanimità dei gesuiti, i quali, piuttosto che offendere le sacrosante leggi del giusto e del vero, amano rinunziare addirittura all’obbligo immortale, che gli uomini professarono sempre verso lo inventore del rimedio per far tacere gli Asini. Io l’ho detto, che dopo san Paolo veruno si meritò il titolo di vas electionis meglio dei reverendi Padri della Compagnia di Gesù: e’ sono gli altri, che non ci vogliono credere: quanto a me non rifinisco di dirlo, e così farò se Dio mi aiuta, finchè non sieno iti tutti in paradiso. Alcuni però affermano non essere questo il luogo riservato nell’altro mondo ai gesuiti: e’ sono eretici; infatti che cosa posseggono di comune i gesuiti col Demonio? Nulla: questi ha la coda ed essi non l’hanno.
Quarto errore. Giulio II non morì di scarmana affaticandosi sotto la Mirandola. Anche qui la pia e dotta persona ha ragione: la Mirandola, per quello si ricava dal Guicciardini, si arrese a patti il 20 gennaio 1511, e papa Giulio morì il 21 febbraio 1513. Potrei allegare, che dettando l’Asino in prigione, luogo privo di ogni comodità e pieno di ogni molestia, non potei sincerarmi su i libri, e nella mia memoria successe di equivocare tra Giulio della Rovere e Castruccio Castracani, che morì per lo appunto di scarmana un mese dopo la presa di Pistoia pel molto tramestare, ch’egli ci aveva fatto dintorno; ma ciò non verrebbe a procacciarmi venia, imperciocchè se in prigione stetti, anco ne uscii, e non mancò agio a riscontrare.
Intorno a quanto fu scritto di Gregorio XVI, della enciclica sua, e del ricco dono di Niccolò I, niente però è da emendare, o se emendare si deve, vuolsi correggere la temperanza soverchia con la quale fu parlato di cotesto Papa, di cotesta enciclica e di cotesto dono. Il gesuita smentisce il racconto, perchè da me fu affermato, che la enciclica mandavasi ai combattenti polacchi, mentr’essi avevano combattuto, perchè vinti. Oh! rimanere vinti non importa cessazione di combattimento, massime in materie religiose e morali: e se taluno dovrebbe saperlo, sarebbe Roma: ella arse i suoi avversarii quando lo potè fare, ne disperse le ceneri, e parle finita la pugna? Ella lo giudichi. Un giorno certo gesuita fu accusato (mi duole proprio nell’anima doverlo pubblicare) ladro di 12 fiorini: egli strillava non essere vero. — Lo giureresti sopra un Cristo? — Magari! egli rispose, anco sopra una carrata di Cristi. — E giurò; allora gli frugarono in tasca, e trovaronci i fiorini. — Or vedi ve’, razza di un gesuita gli urlarono minacciando dintorno, se tu rubasti? — Ed egli con muso da batterci sopra le monete: — Io mi riconfermo innocente; di che mi avete accusato voi? — Di avere involato 12 fiorini — sta bene; contate. — Che abbiamo a contare? — I fiorini. — E che monta ciò? — Importa moltissimo; contate. — Ed essi contarono. — Quanti di numero? domandò l’alunno di S. Ignazio. — Tredici, risposergli. — Dunque bene ho potuto giurarmi innocente del furto dei 12 fiorini — perchè ne aveva rubati 13. — Tali la morale e la logica dei nostri amici gesuiti!!!
Le altre insinuazioni perfiduccie, sottigliezze viperine, calunnie, malignità, menzogne, bugiarderie, furberie, fantinerie, ghiottonerie, guidonerie, baratterie, giunterie, birbonate, baronate, tranellerie, trufferie, ribalderie, furfanterie, gagliofferie, castronerie, capocchierie, barbagiannerie, pedanterie, sofisticherie insomma l’intero mondo Muliebre dei gesuiti eccitano adesso la nostra ilarità; troppo logoro arnese perchè nocciano: come può il gesuita difendersi; ma sta nelle braccia di Ercole, il quale quanto più solleva in alto accostandola alla faccia di Dio, più avvicina la perversa setta, onta e vergogna della razza umana, alla sua morte. — Sotto il battesimo della verità ecco l’errore si scioglie e invano se ne cerca la traccia: non istarà per noi che questo ai tempi nostri succeda.
Fine.