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poetiche dal suo felicissimo ingegno. Eira la musica del Signor Galuppi soprannominato il Buranello, famoso al paro di lui per un numero infinito di musicali composizioni ripiene di quell’estro, di quella vivacità, di quella forza, che l’hanno sempre distinto tra le Persone dell’eccellente arte sua"(cito dalla 2a ed., 1783, p. 49). Lo lodò l’Arteaga per le cure dell’orchestra e per lo studio dei personaggi (Le Rivoluzioni del Teatro Music. It., Bologna, 1783, t. I, 297-298). Entusiasta di lui è il Bumey che nel suo Viaggio Musicale in Italia, nel 1770, ce lo presenta come un vecchietto piccolo e magro, ma pieno ancora di spirito e di vivacità. Paragona il suo genio a quello di Tiziano che va crescendo di forza con l’età. Le sue composizioni per il teatro gli sembrano ricche di fantasia, di sentimento e di fuoco (v. Viaggio in Collezione Settecentesca Sandron, passim). Nel secolo seguente il Caffi, spinto da soverchio affetto, lo chiamò addirittura "il vero autore ed il padre" dell’opera buffa: "Egli la introdusse e la fece aggradire in teatro con uno stile ornato, libero, pien di varietà di vivacità e di capriccio" (l. c., I, 385).

Ai giorni nostri Andrea Della Corte nel suo libro pensato e originale sull’Opera Comica Italiana nel ’700 (Bari, 1923), in un capitolo intitolato B. Galuppi e la collaborazione goldoniana, riconosce nel maestro veneziano un "temperamento d’artista drammatico, esperto nelle espressioni molteplici dell’anima e dell’arte, tanto commosso quanto brillante nella sua vena di compositore strumentale, sempre nobile e sobrio, mai banale e sciatto"(vol. I, p. 164); osserva che "se le frasi vocali comiche del Galuppi non hanno sempre quella vivacità, quella eloquenza, quella plastica, quell’aderenza alla situazione ed al verso che è pur facile riscontrare abbondantemente in autori minori e popolareschi, esse sono agili, interessanti, ritmicamente precise" (p. 165); ma pure insiste sulle "manchevolezze" del maestro veneziano ("la fantasia non brillante, e sovratutto, la scarsa aderenza alla situazione, al verso": p. 171), così con severità concludendo: "Le preoccupazioni minuziosissime dell’importanza e della condotta orchestrale, mentre ci confermano la sua intima sensibilità drammatica, la sua nobile concezione della molteplice espressione musicale, la sua conoscenza delle risorse strumentali, ci fanno notare che le sue ricerche estetiche e le sue virtù tecniche, non vivificate da forte luce spirituale e da forte originalità, non fruttificarono come era desiderabile, sicché, malgrado tutto, l’opera comica restò nelle sue mani fragile e frammentario elemento di occasionale e fuggevole edonismo senza vita drammatica e senza organicità" (pp. 171-172).

Convien ricordare che in tutta Europa furono accolte con plauso le opere del Galuppi, di questo stupendo creatore, mai stanco, simile per virtù d’improvvisazione e di fecondità al Goldoni e al Tiepolo; e il nome del Buranello diventò popolare. Lo cantò un dì in un poema Roberto Browning (A Toccata of Galuppi); e di recente un delicato bozzetto tracciò Violetta Paget, col pseudonimo di Vernon Lee (L’immortalità del M.o Galuppi: v. A. R. Levi, in Gazzetta di Venezia, 7 dic. 1921). Che se il Galuppi non fu mai invitato, a’ suoi tempi, sui teatri di Napoli, non dobbiamo attribuirlo a colpa sua, nè dobbiamo punto meravigliarci, sia perchè la capitale del Mezzogiorno abbondava di maestri compositori e giustamente si compiaceva della sua dovizia, sia perchè esisteva una naturale rivalità fra i teatri