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veneziani e i napoletani, sia perchè Napoli e Venezia, come dice benissimo lo stesso Della Corte, “ebbero scuole musicali nettamente diverse” (I, 165). Del resto anche la commedia goldoniana restò quasi ignota sul golfo di Napoli.

“Galuppi, compositore immensamente prolifico”, dice Violetta Paget “abbondò in melodia, nel tenero, nel patetico e nel brillante, e colla massima semplicità e leggierezza s’innalza certe volte alla bellezza somma” (Vernon Lee, Il Settecento in Italia, Milano, 1882, vol. I, p. 219). E con dolcezza e poesia Filippo Monnier: “C’est lui qui exprime en musique la grâce de l’heure vénitienne. Rempli des idées les plus fines, il écrit en se jouant. Il n’est que caprice, brio, verve railleuse, gaîté légère. Sa veine coule de source et s’épanche. Elle se prodigue dans la lumière heureuse et blonde que le Tiepolo aimait peindre. Elle inonde l’âme d’une fraîcheur de printemps. C’est pour ce fils de Venise que ni l’effort, ni la peine, ni le recueillement ne semblent exister. Il est facile et bien content” (Venise au 18e siècle. Paris, 1907, pp. 148-149). “Singolare ingegno” lo chiamò il dotto Canal “che trattò con sommo valore ogni maniera di musica, ma specialmente la giocosa, aggrandì le forme del dramma, arricchì l’istrumentazione, insegnò, secondo la frase dell’Arteaga, l’espressione del musicale costume” (Della Musica in Venezia, in Venezia e le sue lagune, Venezia, 1847, vol. I, parte 2m, p. 493). E il Chilesotti:”... Ei fu uno dei compositori più originali d’Italia: dotato d’un brio, d’una vivacità che conservò fino in vecchiezza, egli ha saputo infondere a’ suoi canti un estro, uno spirito, una novità che lo rendono eminentemente distinto fra i maestri veneziani. Galuppi non brilla per la forza dell’armonia, ma le forme graziose e la naturalezza delle sue melodie gli ottennero una celebrità che resistette lungamente ai capricci della moda. Se per le rivoluzioni svoltesi nella musica teatrale le sue opere disparvero dalla scena, esse riusciranno però sempre modelli perfetti del genere comico” (I nostri maestri del passato, Milano, 1882, p. 117). Il Piovano, più volte citato, così concludeva le sue dottissime note bio-bibliografiche sul vecchio maestro, del quale ebbe a ricordare più di centoquaranta composizioni drammatiche: “Galuppi promosse il concerto delle voci, e molto partito trasse dall’orchestra, che portò (non senza incontrar contrasti) ad esser nell’opera parte essenziale, e non accessoria come era prima di lui: e per opera sua le venete orchestre salirono ad alta fama. Ma la lunga celebrità egli l’ottenne principalmente per le forme graziose e la naturalezza delle melodie onde copiosamente ingemmò tante opere. Dopo tanta gloria, dopo tanti onori, egli è oggi un dimenticato: perchè, pur essendo salito nella sua arte a più che notabile altezza, non pervenne tuttavia a quelle ardue cime dalle quali i Palestrina, i Bach, gli Hàndel sfidano i secoli” (1908, pp. 249-250).

Non sarebbe inutile ricercare più a fondo quale efficacia avesse la commedia goldoniana sull’arte del Galuppi, poiché il grande periodo a Venezia della cosidetta riforma del teatro comico per opera del Goldoni comprende pure il trionfo del Galuppi e dell’opera comica musicale italiana, che non più aggrappata ai lidi voluttuosi di Napoli si sparge al di là delle Alpi per tutta l’Europa, da Londra a Lisbona e a Pietroburgo. - Questo è il merito vero nella storia del Settecento musicale del grande e modesto Buranello, e, almeno in parte, dell’autore dell’Arcadia in Brenta e del Filosofo di