L'apparato per spari d'allarme Scartazzi Opessi
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L’APPARATO
PER
SPARI D’ALLARME
SCARTAZZI - OPESSI
Brandani
L’APPARATO PER SPARI D’ALLARME
SCARTAZZI-OPESSI
La Società delle Strade Ferrate del Mediterraneo, di concerto con quella dell’Adriatico, stà esperimentando al Bivio Acquabella verso Rogoredo un nuovo apparato per spari d’allarme, il quale sarebbe destinato a sostituire meccanicamente l’obbligo di collocare sulle rotaie petardi tutte le volte che un segnale a disco od albero semaforico, disposto ad indicare la fermata, non sia visibile alla distanza di 100 metri.
L’esperimento non mancherà di destare interesse in tutti coloro che si occupano di questioni attinenti all’esercizio delle ferrovie inquantochè, se i risultati offerti dall’apparato fossero rispondenti all’aspettazione, verrebbe colmata una lacuna nell’esercizio dei segnali fissi ai quali, come è noto, è affidata una parte principalissima nell’assicurare la marcia dei treni.
È specialmente in tempo di nebbia che il nuovo apparato tornerebbe utile, giacchè si ha nella nebbia il più temibile nemico dell’esercizio ferroviario.
Quando i segnali sono visibili a distanza non si hanno a temere che le trascuranze volontarie del personale di stazione o dei treni nelle manovre e nel rispetto dei segnali stessi; quando invece i segnali non sono bene visibili a distanza, alle disattenzioni volontarie si aggiunge il pericolo di quelle involontarie, per cui i regolamenti ferroviari impongono l’obbligo di sussidiare il segnale con tre petardi distanziati di 25 in 25 metri e disposti prima del segnale a metri 800, 600 o 400, a seconda della pendenza della strada, verso il segnale.
Questo segnale sussidiario acustico ha lo scopo di forzare quasi involontariamente il personale dei treni a prestare attenzione al successivo segnale ottico e di ottenere, collo sparo anche di un solo dei petardi, la fermata del freno non oltre il segnale.
Nei segnali la cui posizione normale è a via chiusa, i petardi dovrebbero mantenersi sul binario sino al momento che il segnale viene disposto a via libera, e nei segnali la cui posizione normale è a via aperta, i petardi andrebbero collocati contemporaneamente all’istante che il segnale viene disposto ad indicare la fermata.
Un tale servizio richiederebbe la presenza continua di apposito personale alle distanze accennate; ma anche con ciò non si raggiungerebbe lo scopo di assicurare il servizio dei petardi inquantochè, se il sognale non è visibile a 100 metri di distanza, lo sarà ancor meno a 400, 600 ed 800 metri, epperciò il personale incaricato del servizio dei petardi non può vedere quando il segnale sia stato disposto a via aperta, e quindi togliere i petardi che fossero stati posti in precedenza sul binario, oppure rimetterli, nel caso che il segnale venisse improvvisamente manovrato per segnalare la fermata, dopo essere stato precedentemente manovrato per la via libera.
Oltre al pericolo cui può andare incontro il personale nel collocare e nel togliere dalle rotaie i petardi, c’è anche quello derivante dalle ommissioni volontarie e da quelle involontarie.
Sarebbe pertanto necessario che il segnale ottico, disposto alla fermata, fosse sicuramente preavvisato al macchinista con un segnale acustico, e lo scopo può essere raggiunto col far azionare automaticamente dal treno che si avvicina al segnale o un apparato sulla locomotiva (fischietto, campana, suoneria), o un apparato sulla strada (campana, fischio, spara-petardi).
L’idea è, si può dire, così antica come le ferrovie, e si ebbero inventori che la realizzarono con apparati esperimentati anche con successo.
La questione però è sempre all’ordine del giorno, il che lascia per lo meno supporre che non sia ancora stato inventato un apparato che soddisfi completamente dal lato pratico ed economico, giacchè altrimenti le Società Ferroviarie l’avrebbero adottato nel loro stesso interesse e l’apparato si sarebbe prontamente generalizzato.
Tecnicamente il quesito può essere risolto in modo elettrico o meccanico; la soluzione elettrica però incontrerà difficoltà pratiche nei contatti, nelle correnti indotte e nell’assicurare la continuità delle correnti; la soluzione meccanica, invece, negli urti rapidi dei treni che rendono incerta la continuità di servizio degli apparati.
Un apparato sulle locomotive deve poi vincere la ripugnanza di aggiungere nuovi organi ai molti che già si hanno sulle stesse, e presenterà poi sempre difficoltà di adozione per la necessità di dover applicarlo contemporaneamente a tutte le locomotive in servizio per non localizzare la trazione e, ad ogni modo, dovrebbe essere così perfetto che il suo impiego fosse consigliato dal pressochè unanime assentimento dei tecnici ferroviari, sembrando che ormai tutto che tocchi alle locomotive vada risolto in tal modo.
Si è di parere pertanto che la soluzione debba a preferenza essere cercata con un apparato sulla strada perchè può essere applicato gradatamente a seconda dei bisogni, e più precisamente con un apparato che serva efficacemente a richiamare l’attenzione del macchinista e che dia quindi una detonazione, anzichè faccia squillare una campana o dia un fischio; di tale avviso essendo pure i tecnici ferroviari tedeschi (Conferenza 16 aprile 1885), ed anche per riguardo a non mutare i regolamenti e le abitudini del personale.
Un apparato a detonazione dovrebbe soddisfare alle condizioni seguenti:
essere automaticamente ripetitore del segnale ottico in modo che quando questi è disposto per la fermata l’apparato possa sparare;
dare non già uno sparo ma due o tre per assicurare che almeno uno non manchi;
essere ripetitore di un gran numero di colpi per il servizio di una intiera giornata almeno;
prestarsi alla condizione che al passaggio di un treno che si allontani dal segnale l’apparato non abbia a sparare;
essere collegabile con qualsiasi genere di segnale;
avere le cariche difese dalle azioni atmosferiche e dalla possibilità di manomissioni;
non poter essere influenzato dalle successive manovre per mettere a via libera od alla fermata il segnale;
che in caso di rottura dei fili della trasmissione l’apparato abbia automaticamente a disporsi per lo sparo, e che le variazioni di lunghezza del filo di trasmissione, causato dai cambiamenti di temperatura dell’atmosfera, non abbiano a perturbare il regolare funzionamento dell’apparato.
Un apparato che soddisfacesse a tutte le suaccennate condizioni venne sino dal 1876 studiato dal signor Arturo Scartazzi appartenente all’Ufficio Tecnico del Materiale Fisso delle Strade Ferrate del Mediterraneo, ma non subito esso ottenne di potere realizzare il problema, tantochè occorse di sperimentare ben tre apparati prima di avvicinarsi alla soluzione.
Nel 1880-81 il signor Scartazzi proponeva un apparato che, costruito a spese della ex Società Ferroviaria Alta Italia, venne esperimentato presso la stazione di Milano P. Ticinese. I risultati delle esperienze furono favorevoli, ma però l’apparato presentava organi molto delicati e troppo esposti all’azione distruggitrice dei gas prodotti dalla combustione della polvere.
Nel 1891, unitamente alla Ditta Antonio Opessi di Torino, il signor Scartazzi presentava alla Società delle Strade Ferrate del Mediterraneo un nuovo apparato che fu esperimentato presso il Bivio Acquabella sul tronco Milano-Rogoredo comune colla Rete Adriatica. L’apparato, benchè cinematicamente presentasse una soluzione completa del problema, non potè sopravvivere alle prove, causa i guasti prodotti dai repentini urti che i vari suoi pezzi subivano quando venivano messi in azione dalle ruote dei treni, per cui il problema passò di nuovo nel campo di quelli insoluti.
Nel luglio 1893 il signor Scartazzi ripresentò, pure assieme alla Ditta Antonio Opessi, un terzo apparato, che è quello in corso di esperimento e sinora funziona regolarmente.
L’apparato è di una costruzione semplice e robusta ed i suoi organi sono così felicemente disposti da evitare per intiero le cause di urti e logorio verificati nelle prove fatte nel 1891 col secondo apparato.
La tavola qui annessa rappresenta (fig. 1, 2, 3, 4) l’apparato quale trovasi in esperimento sul tronco Milano-Rogoredo presso il Bivio Acquabella e la fig. 5 rappresenta in modo schematico come l’apparato: è in opera. C è la leva di manovra (apparato di sicurezza Saxby e Farmer) del disco B posto a 850 m. dalla leva di manovra, A è l’apparato per spari a 640 m. dal disco.
Le tre parti sono fra loro collegate col filo f, f1 che dispone A e B di conformità alla posizione di C. D è una leva di manovra folle che serve a manovrare il segnale acustico A nel solo caso che stia per sopraggiungere un treno mentre altro precedente si trovi fermo al ricovero oltre il segnale ottico.
Descrizione dell’Apparato.
Si compone di tre parti:
- a) Meccanismo di percussione e cilindro delle cartuccie;
- b) Apparato di manovra;
- c) Pedale.
Ad a) Meccanismo di percussione e cilindro delle cartuccie:
Il cilindro A (fig. 1, 3, 4) difeso dal cappuccio X è girevole intorno alla cerniera p (fig. 4) ed è fermato nella sua posizione normale da una spina j. Esso porta le cartuccie m1 (fig. 1) disposte in più cerchi concentrici e secondo direzioni radiali.
Quando queste cartuccie hanno esploso vengono tolte alzando il cappuccio, facendo girare il cilindro A intorno alla cerniera p e spingendole fuori con una bacchetta qualunque; dopodichè si introducono le nuove cartuccie, si chiude il cilindro e si abbassa il cappuccio che viene poi, per impedire manomissioni da parte di estranei, assicurato al castello con lucchetto.
Il cilindro in posizione normale è a contatto colla piastra B che porta i percussori C (fig. 1, 3), i quali in numero e posizione corrispondono esattamente alle cartuccie, ossia ogni percussore si trova sul prolungamento dell’asse della corrispondente cartuccia. Sulla faccia interna della piastra dei percussori sta la corona n a denti di sega (fig. 1).
Sul perno H, sostenuto dalla piastra B e dal supporto a1 (fig. 1, 2, 3), girano folli il doppio disco D,D1 e la leva a tre braccia I, I1, I2. Il disco D è foggiato alla sua periferia a denti di sega, quello D1 ha una scanalatura nella quale alloggia la corona dentata n fissa alla piastra B e, pure sulla faccia rivolta verso la piastra B, è terminata da superficie piane che impediscono ai percussori O di sortire dai fori della piastra B. Fra i due dischi D e D1 scorre il martello E spinto verso i percussori da una molla F ad elica. La testa E1 di questo martello è di tale altezza da poter colpire contemporaneamente i due percussori che si trovano su uno stesso raggio; la parte centrale invece della testa del martello è tagliata a piano inclinato e scorre fra i denti a sega della corona n. Il braccio I1 della leva I, I1, I2 nel movimento del braccio h della leva di manovra (fig. 2, 3) viene in contatto colla rotella posta all’estremo di h. Il braccio I porta: il nottolino J obbligato dalla molla K ad aderire ai denti della periferia del disco D, la rotella M ed il tallone I2; queste parti sono sempre o l’una o l’altra a contatto coi risalti e cogli archi β-γ e γ-δ del sottostante braccio O del sistema del pedale. Il braccio I2 porta il peso P capace di porre in movimento rotatorio intorno la leva I, I1, I2, il disco D D1 e l’unito martello E, quando il pezzo O venga a spostarsi. La corsa angolare β, H, γ del braccio I è uguale all’angolo sotteso da due file radiali consecutive di cartuccie ed è pure uguale all’angolo formato da due denti consecutivi della corona n e di quelli del disco D è tale che questo ultimo ed il suo martello non possono ruotare che nel senso della freccia ε.
Ad b) Apparato di manovra:
Esso consiste in una leva a tre braccia (fig. 2, 3, 4) g,h,e che gira coll’asse d. Quando il filo f1 della trasmissione viene teso nel senso della freccia, il braccio h di detta leva viene ad acquistare la posizione che nella figura occupa il braccio g e durante questo spostamento agisce sul braccio I1obbligando la leva I, I1, I2 a ruotare intorno al proprio asse, in modo che il braccio I passi coll’estremo I2 dalla posizione γ in quella δ sul braccio O. Il braccio di leva g (fig. 2, 3, 4, 5) si unisce al filo f1 della trasmissione. Il braccio e dell’apparato di manovra porta il peso f capace di vincere la resistenza della trasmissione f1 e quella opposta dalla leva stessa.
Ad c) Pedale:
Si compone del pedale propriamente detto V calettato all’estremo dell’albero U, R che ruota entro ai cuscinetti W, b, a (fig. 1). Il supporto W è assicurato alle traverso del binario mediante la trave Z, quelli b, a sono fissi al castello dell’apparato. Gli estremi combacianti dei due tronchi U ed R, formanti l’albero del pedale, sono foggiati a giunto mobile per permettere di levare d’opera facilmente il pedale è rendere anche innocue le piccole differenze di allineamento che, nell’esercizio e manutenzione dell’apparato, potessero prodursi fra il tronco U e quello R dell’albero stesso. Al tronco R dell’albero del pedale è calettato il doppio braccio di leva O, O1 (fig. 2). Il braccio O1 porta il contrappeso Q capace di rialzare il pedale V e il braccio O, tenendo perciò questo ultimo sempre a contatto colla rotella M del braccio I. Sulla superficie, per così dire concava, del braccio O vi è in β un risalto che chiameremo tacca di arresto e in γ un risalto che chiamiamo tacca di scatto.
Il tratto γ,δ formante un piano inclinato curvo e sul quale rotola la piccola ruota M costituisce ciò che diremo piano di liberazione.
Funzionamento dell’Apparato.
La posizione dei vari organi dell’apparato corrisponde in tutte le figure della tavola alla posizione di segnale a via impedita. Se sul pedale passa la prima ruota Ω (fig. 1, 2) di un freno, il cerchione di questa viene in contatto col pedale V obbligandolo a ruotare intorno al suo asse U, R e ad abbassarsi.
La leva a due braccia O, O1, calottata essa pure sull’albero R, è obbligata perciò a ruotare col pedale nel senso degli indici di un orologio. Abbassandosi così la tacca di scatto γ il braccio I della leva I, I1, I2 non è più trattenuto e, sollecitato dal peso motore P, ruota nel senso della freccia ε sino a venire arrestato dalla tacca d’arresto β del braccio O.
Nel compiere la corsa angolare γ,β il braccio I, a mezzo del nottolino I1 obbliga il disco D e il martello E a spostarsi di un eguale angolo; durante tale spostamento la testa E1 del martello sale sul piano inclinato di un dente della corona n e quindi, giunta al termine i questo dente, scatta per l’azione della molla F battendo sui percussori e facendo così esplodere le cartuccie che si trovano su uno stesso raggio nel cilindro A. È da osservare che la rotella M del braccio I (fig. 2) nel percorrere l’arco γ,β sul braccio O tiene il pedale sempre abbassato cosicchè, passata che sia su quest’ultimo la prima ruota del treno, esso non viene più toccato dalle successive ruote.
Come fu detto, quando viene teso il filo f1, locchè corrisponde a posizione di segnale a via libera, la leva a tre braccia e, g, h ruota, l’estremo del braccio h nell’abbassarsi viene in contatto col braccio I1 della leva I, I1, I2 e obbligandola a girare in senso contrario alla freccia ε porta l’estremo I3 del braccio I dalla posizione β, nella quale lo abbiamo precedentemente lasciato, in quella δ. In questa corsa angolare del braccio I la rotella M rotolando sulla superficie concava β, γ, e poscia sul piano di liberazione γ-δ del braccio O, obbliga questo ultimo ad abbassarsi facendo ruotare tutto l’albero U, R (fig. 1) nel senso degli indici di un orologio. Il pedale V calettato all’estremo di U ruota esso pure in eguale senso assieme al braccio O e la sua parte prominente V si abbassa rispetto al piano della rotaia in modo da non essere più investita dai cerchioni delle ruote dei treni transitanti sul binario.
Essendo la corsa angolare γ-δ del braccio I inferiore all’angolo sotteso da due denti consecutivi del disco D, in questa rotazione β-γ-δ della leva I il nottolino J sorpassa solo un dente del disco D.
Se il segnale fisso B (fig. 5) viene in seguito manovrato a via impedita il filo f1 si allenta, la leva e per l’azione del peso f (fig. 2, 3) ritorna in basso, il braccio h si rialza e la leva I, I1, I2, sollecitata dal peso P, ruota nel senso della freccia ε sino a tanto che l’estremo I2 della leva I venga a riposare sulla tacca, di scatto γ del braccio O, il quale nel frattempo, per l’azione del peso Q, avrà ruotato in senso contrario agli indici di un orologio.
Il contrappeso Q inoltre rialza, assieme al detto braccio O, anche il pedale V sino a portarlo nella posizione indicata, nella fig. 2. Nella detta rotazione del braccio I da δ in γ che è, come abbiamo sopra detto, minore del passo angolare della dentatura del disco D, il nottolino J scorrendo sulla superficie inclinata del dente successivo a quello sul quale aveva agito precedentemente per fare esplodere le cartuccie, si pone sul fondo di esso dente e l’apparato quindi, al pari del segnale ottico col quale è unito, si dispone nuovamente a via impedita pronto ad esplodere se un nuovo treno venga a toccare il pedale2
In causa delle variazioni di temperatura il filo f1. cambia sempre di lunghezza; ciò però non ha alcuna dannosa influenza sull’apparato perchè dell’arco h h1 che la leva e compie ad ogni manovra del segnale, solo una piccola parte, nel centro di detto arco, viene impiegata a far ruotare la leva I, I1, I2, mentre le due parti rimanenti sopra e sotto detto piccolo arco sono proporzionate in modo da assorbire gli effetti delle variazioni di temperatura nel filo f1 senza produrre movimenti nell’apparato.
Se, mentre il segnale è a via libera, si rompe il filo f1, la leva e, non più obbligata dalla tensione del filo f1 a stare nella posizione alta (posizione segnata: con linee punteggiato nella fig. 5), in grazia del suo peso f discende nella posizione indicata nella fig. 2, e l’apparato si dispone così automaticamente nella posizione di via impedita.
Nel funzionamento dell’apparato in modo automatico la leva ausiliaria di manovra D (fig. 5) segue i movimenti del filo f1 senza opporre ostacolo alcuno; essa serve, come abbiamo accennato, al guardiano del disco per il caso della fermata di due treni in arrivo a brevissimo intervallo di tempo e può servire, sulle linee a semplice binario, per manovrare eventualmente l’apparato a via libera per i treni che si allontanano dal segnale.
Il funzionamento dell’apparato, quale fu esposto, è quello che l’autore propone di preferenza, sembrandogli prestarsi a tutti i desiderati di un buon servizio. — L’apparato però, senza aumento di complicazioni, si presta tanto a sparare ad ogni successivo treno, anche senza che il segnale venga manovrato alla via libera, quanto a sparare ad ogni arrivo di treno, sia col segnale a via libera che col sognale a via impedita
Applicazioni diverse.
L’apparato oltre che servire collegato coi segnali a disco od alberi semaforici per supplire meccanicamente all’obbligo del servizio dei petardi, potrebbe in taluni casi, come ad esempio nelle lunghe gallerie, far economizzare o i segnali di avviso o quelli di distanza.
L’apparato potrebbe poi isolatamente servire per richiamare l’attenzione dei macchinisti su un segnale fisso posto a limitare un ostacolo permanente, quale un ponte girevole, una traversata a raso o l’esecuzione di un lavoro che interessi per lungo tempo la sicurezza della marcia dei treni; in tutti quei casi pertanto di tratte che, previa fermata dei treni, devono successivamente essere percorse in rallentamento preavvisato con o senza pilottaggio.
Altra applicazione dell’apparato, manovrato isolatamente, sarebbe quella di coprire le code dei treni fermi ai segnali fissi o ricoverati entro gli stessi. È noto infatti che anche questo ultimo servizio, quantunque prevedibile, lascia dubitare che possa venir fatto con regolarità, tantochè si hanno a lamentare, fortunatamente con non troppa frequenza, investimenti di treni fermi ai segnali. Le difficoltà che si incontrano in questo ultimo servizio dipendono dal fatto che non si può sapere a priori se un treno giunto ad un segnale rivolto alla fermata potrà o meno ricoverarsi colla coda entro lo stesso, dipendendo ciò dallo stato eventuale di occupazione della strada oltre il segnale. A peggiorare la possibilità di impartire ordini precisi per la protezione dei treni si aggiunge la diversa loro composizione, la quale da una locomotiva sciolta, lunga m. 17 al più, può arrivare ad una lunghezza di treno di m. 560 circa.
Il segnale a protezione delle code deve pure essere fatto ad 800, 600 e 400 m. dalle code stesse, quindi possono darsi casi nei quali il personale sia costretto a percorrere oltre un chilometro per portarsi alle distanze prescritte per proteggere utilmente il treno fermo contro il pericolo di investimenti alla coda. Il percorso di un tale spazio esige 6 minuti almeno, e per poco tempo che il personale perda per assicurarsi se il treno sia costretto a fermarsi o possa proseguire, passano facilmente anche più dei 10 minuti stabiliti per l’intervallo fra i treni e quindi può avvenire l’investimento, ad onta che dal personale della strada siano state osservate tutte le prescrizioni regolamentari. La sicurezza della marcia dei treni sarebbe quindi avvantaggiata dall’apparato descritto il quale potrebbe prestare tanto utili servigi, ed è quindi a desiderare che l’esito dell’esperimento abbia ad appagare le fatiche nelle quali e inventore e costruttore gareggiarono per sciogliere meccanicamente la difficile ed importante questione.
Milano, gennaio 1894.
Ing. A. BRANDANI.
Torino, Tip. Paravia |