L'Asino e il Caronte/Il Caronte/Scena IX
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Traduzione dal latino di Marcello Campodonico (1918)
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Scena IX.
Mercurio; poi Pedano, Teano e Menicello grammatici.
Merc. — Quella barca è troppo carica e il remo stenta a muoverla. Sono in troppi ad aver fretta; non ricordano il proverbio «chi ha fretta arriva tardi». Ma che ombra è codesta, che svolazza così sola? Ohi tu! ombra di chi?
Ped. — Di Pedano grammatico: e cercavo di te, figlio di Maia!
Merc. — Per qual mai ragione?
Ped. — Perchè tu, che sei stato gran cultore delle buone lettere, riferisca da parte mia ai miei discepoli...
Merc. — Di’ pure!
Ped. — Di’ loro che ho trovato poco fa Virgilio; e che avendogli io domandato quanti orci (cados) di vino Aceste desse ad Enea quando si partiva di Sicilia, m’ha risposto d’aver errato, e che non erano orci ma anfore, perchè allora in Sicilia non c’era ancora l’uso degli orci; e che egli distribuì sette anfore per ogni singola trireme, e che vi aggiunse un fiasco d’aceto; e ch’esso poeta lo seppe da Enosio cantiniere d’Enea. E che inoltre dal matematico Ipparco aveva saputo che Aceste era vissuto cento ventiquattro anni, undici mesi, ventinove giorni, tre ore, due minuti e mezzo secondo...
Merc. — Dirò che l’ho udito anch’io dallo stesso Aceste!
Ped. — E che Virgilio aveva errato egualmente dicendo che Caieta era stata la nutrice di Enea, mentre era la madre del trombettiere Miseno; e che non dette il suo nome a quella terra per esservi stata sepolta, ma perchè, essendo scesa a terra per coglier dei cavoli, aveva quivi subìto violenza da un Silvano. E la cosa non è strana, se si pensa che anche la balia di Anchise fu rapita da Palamede, quando questi metteva a ferro e a fuoco il paese dei Troiani; eppure essa passava allora i 120 anni, e si chiamava Psi. E che Palamede inventò la lettera Ψ e le dette quel nome, da una cicatrice che essa aveva in fronte.
Merc. — Cose gravi, per Giove! e degnissime d’esser conosciute!
Ped. — Ma ne udirai di più belle...
Merc. — Sicchè, anche dopo morti, a voi letterati resta tanto ardore di sapere...
Ped. — A noi soli. Gli volli anche domandare se, scendendo di nave, Enea toccasse terra prima col piede destro o col sinistro. Ma il Poeta mi rispose che nessuno dei due piedi era stato primo a toccar terra... perchè, essendosi fatto prendere in collo da un barcaiolo che si chiamava Nauci, era stato deposto a terra con le due piante insieme. E lui l’aveva saputo dal barcaiolo in persona.
Merc. — Guarda guarda! chi se lo sarebbe immaginato!
Ped. — C’è un’altra cosa, o figlio di Atlante! Fa’ sapere ai miei scolari della Campania che Orazio era astemio. E io lo so, perchè glie l’ho domandato.
Merc. — E perchè lodava il vino allora?
Ped. — Per far onore a suo padre, il più gran bevitore di tutti i banditori del suo tempo. Una sola cosa non sono riuscito a sapere, neppure chiedendolo a Cesare stesso; cioè se avesse scritto che la Gallia era divisa in tres partes oppure in treis. E forse non me l’ha voluto dire perchè era adirato contro il grammatico Teano, che aveva osato biasimarlo per avere scritto carros e non currus. Albio Tibullo invece, quando sentì che io mi chiamavo Pedano, fece un salto di gioia, pensando che io fossi oriundo di Pedo, dove egli aveva un podere: e in grazia di ciò mi fece sapere una cosa assai rara; cioè che senex anticamente era di genere comune, e perciò aveva egli scritto di una vecchierella merito tot mala ferre senem.
Merc. — Anche questo fu un gran dono!
Ped. — Con Lucrezio poi ho fatto molta amicizia, perchè diceva che, essendo io un grammatico, ero pazzo come lui. E perciò m’insegnò che potis è neutro:
nec potis est cerni quod cassum lumine fertur.
Giovenale invece se l’è presa con me, perchè gli dissi che ero solito picchiare a scuola i ragazzi con una verghetta d’olivo: diceva che bisognava picchiarli con una ferula. Dunque, dillo ai miei colleghi che adoperino la ferula!
Merc. — Vòltati e guàrdati alle spalle: c’è uno che ti mette in canzonatura.
Ped. — Chi sei?
Teano. — Son Teano il grammatista.
Ped. — Apprendi a dir grammatico, e non grammatista!
Teano. — E tu impara a dire «impara» e non «apprendi»!
Ped. — Si dice «apprendi».
Teano. — Si dice «impara».
Ped. — E tu prendi questo!
Teano. — E tu quest’altro!
Merc. — Giù con le mani! Gentilissimi grammatici, tenete le mani al posto, quando siete davanti a un Dio! Oh eccone un terzo!
Menic. — Non dar loro retta, Mercurio! tutte inezie, codesti grammaticonzoli!
Teano. — Inezie? Oh sentiamo te! Dimmi un po’, saggio Menicello: perchè questo lo chiamano lapis, e questo petra.
Men. — Perchè il lapis è maschile ed attivo in quanto ti fa male a un piede; a petra quod pede teratur diventa passivo e quindi femminile. Ti va?
Ped. — Guarda un po’, Mercurio, com’è sciocco costui! Se petra vien dal greco, non c’entra il pede terere; quanto a lapis poi, quello deriva a labando, quod labent cioè perchè ci si sdrucciola sopra...
Teano. — E tu che parli così bene di pietre e di piedi, dimmi un po’ ora della mano: è maschia o femmina?
Men. — Quand’è occupata nel far qualche cosa non soffre? dunque è femmina perchè passiva.
Teano. — Ma è attiva se ti picchia... Così p. es.!... Prendi questo!
Men. — Ahimè disgraziato!
Teano. — Non gridare! Di’ piuttosto per qual ragione quando la mano si congiunge diventa pugno, e picchiandoti si fa maschile...
Men. — Con te non voglio più discorrere. Tu sì, Mercurio caro, fammi il piacere, quando andrai a Napoli, in quella riunione che si suol tenere nei dì di festa presso l’Arco,... fammi il piacere di dire una parolina a Giovian Pontano, e di avvisarlo a mio nome che il frequentativo di curro è curso e non cursito. Rimprovera poi Antonio Panormita, che ha inventato il diminutivo epistolutiam...
Merc. — Credo che Antonio, il quale di grammatica ne sa cento volte più di te, ti potrebbe rispondere che la lingua Italiana ha creato non solo nuovi diminutivi, ma nuove forme di accrescitivi e di dispregiativi. Così ti si potrebbe dire p. es.: «Addio, baccellone grammaticone!» E tu, Pedano, hai altro da dire?
Ped. — Che Boezio non ha avuto il nome dalla Beozia, ma dalla carne bovina di cui si cibava: me l’ha detto il suo cuoco.
Teano. — Anch’io ho una cosa da dire: «Siano confiscati i beni ai figli di questo sciocco Pedano! sian messe all’asta le sue case, e si restituisca agli scolari il denaro che Pedano ha ricevuto da loro!»
Merc. — Sta in guardia anche tu allora, pei tuoi figli!