Istorie dello Stato di Urbino/Libro Primo/Capitolo Terzo
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CAPITOLO TERZO.
Come Belloveso occupò tutta la pianura d’Italia dall’Alpi sino all’Esino, e la divise trà di suoi.
Inter Padum, atque Alpes habitant Laij mox Libutij: de hinc ingens Insubrum natio. Post non longè à ripa fluminis Cenomani Loca vero Mari Adriatico vicina antiquum à Paphlagonia gens coli. Hi Veneti appellati, neque moribus, neque ornatu corporis: sed tantummodo lingua à Gallis diformata. Inter Apenninum rursus, & Padum primo Ananes, post Boij, inde Eganes; postremò Senones; qui iuxtà Adriaticum mare extremi omnium Gallorum incoluerunt. Sopra queste parole di Polibio, in cui chiama ultimi i Sennoni, molti che dopò lui dei medesimi scrissero, han detto, che questi Popoli non descendessero in Italia con Belloveso: mà per altre occasioni venissero molti anni dopò: Anzi l'istesso Livio, par che lo ponga in dubbio nel quinto Libro della prima Deca, cosi scrivendone.
Tunc Senones recentissmi advenarum à Vite flumine usque ad Aesum fines habuere. E Verno fondato in queste parole, come anco sopra le recitate di Polibio, scrisse, che le dette genti, furono chiamate Senoni, quasi Cenonas, cioè, ultimi, ò vero novi, perche eran gli ultimi di tutti i Galli a comparir in Italia. Mà l'inganno di Verno, & d'ogni altro di tal opinone, scoprì Sempronio in breve discorso, nella divisione d'Italia, così dicendo. Senonum Gallia togata dicitur ab ijs, qui primi in Italiam transcenderunt. In conformità di questo, è certo, che Senoni, furono popoli della Gallia Celtica, i quali non lungi habitarono alla Senna, come leggesi nel secondo Libro della guerra Gallica, ne i Commentari di Cesare, in queste medesime parole. Dat negotium Senonibus, reliquisque Gallis, qui finitimi Belgis erant, ut ea, que apud eos gerantur, cognoscant, se seque de his rebus certiorem faciant. Hora questi, soggetti essendo ad Ambigato Rè loro, si come dell'altre nationi di quel Regno, gran moltitudine (come si è detto) sotto la scorta di Belloveso, discese in Italia; così dei medesimi Senoni molti à questo passaggio, in compagnia de gli altri trovandosi, e da Belloveso, nella divisione del Paese, di recente acquistato, furono come gli altri Galli delle fatiche loro, col dono della descritta Regione, ove fermarono le habitationi, premiati; Al nome antico di cui aggiongendo il proprio, chiamarono la medesima Umbria Senonia. Et se bene Polibio, e Livio, hanno scritto, che in Italia i Senoni furono gli ultimi de' Galli a formare le stanze, altro non vollero dire, che solo habitassero l'ultima parte della Gallia Cisalpina, dentro i confini dell'antica Italia, e che fossero dopò la divisione gli ultimi à partir dall'Insubria, per andar ivi a collocare le sedi. E che questo sia il sentimeno verace de i sudetti Scrittori, da loro medesimi si raccoglie; peròche Polibio, ben che dica i Senoni esser stati gli ultimi in Italia frà tutte l'altre forestiere nationi, gli annovera però trà quelle, che con Belloveso, i Monti Taurini passarono (come s'è dimostrato nelle sue parole. E Livio nel citato luogo espressamente afferma, che questi dopò i sacrifcij, e le sortì gittate dal Rè Ambigato, da i Celti verso Italia, sotto la guida del sudetto Belloveso, pertissero, in tal forma scrivendone. Belloveso haud paulo latiorem in Italiam viam Dijm dabant. Is quod ea gens populis abundabat, Biturgos, Avernos, Senones, Aeduos, Ambarros, Carnutos, Aulercos exivit. Profectus in gentibus peditum, equitumque copijs in Tricastinos vexit, Alpes inde appositæ erant, &c. Fatta dunque nell'Insubria del terreno Gallo la divisione, tutte l'altre Nationi andarono alla contrada loro, fuorche i Senoni, a' quali, per esser toccato la più di ogni altra commodate, & havere ne i proprij campi stabilita la sede; specialmente quelli, co' quali nel viaggio dovevano incontrarsi, à fin che da esse ricevuti venissero, & di vettovaglie, & di alloggiamenti provisti: Onde credesi, che sino all'Anno seguente differissero dall'Insubria la partenza loro. Di là essendo poi usciti, tennero il camino per la dritta via, che hoggi da Emilio Console, il quale da Rimino à Piacenza l'indrizzò, Emilia vien dimandata. E giunti al Fiume Rubicone, prima, che entrassero, sacrificaron'à i Dei, pregandoli della protettione loro in questi campi, ne' quali poscia entrati, vedendoli vaghi, ed ameni, isti mando, che altresì fossero fecondi, con incredibile gaudio ne presero il possesso, e senza litigi quelli trà loro divisi, incominciarono à coltivarli all’usanza loro, e gustando al suo tempo i dolci, e saporiti frutti, molto si riputarono felici, credendosi padroni d’un paradiso terreno.