Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo XVII

Capo XVII

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Procopio di Cesarea - La guerra vandalica (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
Capo XVII
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CAPO XVII.

Germano arriva Stoza in Numidia. — Lo combatte e sconfigge.


I. Passatosi qualche tempo sotto le armi dagli eserciti, i sediziosi vedendo ire a vuoto tutte le belle promesse di Stoza, ed essere quindi gabbati dalle costui speranze, sconvolti d’improvviso gli ordini mostran le spalle riparando in Numidia, ove lasciato aveano le mogli ed il bottino. Ma Germano tenuta la medesima via con tutte le truppe e con moltissime bagaglie, ed aggiuntili presso d’un castello nomato Calabastore1 dai Romani, schierò gl’imperiali nel seguente modo. Poste di fronte al nemico le carra dietro collocovvi la [p. 459 modifica]fanteria, per guarentirla dai colpi, conferendone a Domenico il comando. Presi di poi seco i migliori più fidati cavalieri venuti da Bizanzio andò alla sinistra di essa, inviando alla diritta le rimanenti truppe divise in tre bande; la maggior delle quali era capitanata da Giovanni fratello di Pappo, la seconda da Teodoro cappadoce, e la terza da Ildigero. Non vedevi al contrario nell’esercito nemico ordine alcuno, tenendosi alla foggia barbarica sbandato; nè troppo da lunge seguivanlo più migliaia di Maurusii aventi molti condottieri, ed in ispecie Iabda ed Ortea: ma questi non erano tutti di buona fede con Stoza, numerandosene tra loro non pochi di quelli che aveano già spedito messi al duce romano promettendogli, cominciata la fazione, di congiugnersi apertamente seco lui (guardossi nullamanco Germano dal prestarvi ombra di fede, sapendo benissimo non trovarsi genìa più misleale di questa); mercè di che dimoravano vicini sì ma separati dall’esercito ribelle, attendendo l’esito della pugna per correre poscia col vincitore a fare scempio dei vinti. Stoza scoperta la insegna del condottier romano fe animo a’ suoi d’investire quel corno, ma gli Eruli guerreggianti seco disapprovarono il comando avuto, adducendo ch’e’ non conoscevano quanto si conveniva le forze di Germano; attaccherebbero bensì comandati l’opposto corno, il quale debolissimo per reggere all’urto piegherebbe, mettendo col suo indietreggiare tutto l’esercito in confusione: che d’altronde se avesse il nemico riportato qualche vantaggio, addiverrebbe incontanente la sconfitta loro generale ed irreparabile. [p. 460 modifica]

II. Il duce persuaso da tale ragionamento marciò col nerbo delle truppe alla volta di Giovanni, e messolo di subito in rotta corse dietro i fuggitivi prendendo loro tutte le insegne: altre schiere intanto assalita la fanteria constringevanla a rompere l’ordinanza, quando sopravvenutovi il romano condottiero e minacciando col ferro ignudo chiunque sottraevasi dalla pugna riesce ad arrestarli ed a rinnovare la mischia con tale ardore, che obbliga in poc’ora i barbari a dargli le spalle; quindi ritto sen va contro di Stoza. Tra questo mezzo sopraggiunti anch’essi Ildigero e Teodoro ad aiutarlo, crebbe sì la confusione e l’accanimento de’ combattenti che molti ribelli nel perseguitare i Romani caddero eglino stessi prigionieri, e l’esercito loro incapace di più reggere, venendo sempre vie peggio malmenato da Germano, cominciò a piegare. Siccome poi alle due parti era malagevole di riconoscere i proprii nemici avendo entrambe comune il linguaggio, la taglia, e l’armatura, Germano comandò a’ suoi di chiedere ai prigionieri il contrassegno, ed ignorandolo di trucidarli subitamente. Nulla di meno fervendo tuttavia la battaglia riuscì ad un soldato ribelle di penetrare inosservato nelle file romane e di ferire il cavallo al duce, il quale avrebbe corso al certo gravissimo pericolo se per ventura gli astati non fossersi fatti inanzi a salvarlo ed a fornirgli altro palafreno. Fuggito intanto Stoza con pochi dei suoi, Germano passò di fretta a sorprenderne gli accampamenti, ma uscitene le guardie ad incontrarlo batteronsi con tanta ostinazione che lo avrebbero costretto a retrocedere, s’egli antivedendo l’oprar loro non [p. 461 modifica]avesse dapprima spedito per differente via una schiera d’armati ad impossessarsene; questa rinvenutili senza presidio v’entrò, e così fu decisa la sorte di quella giornata. Arrivatovi quindi tutto il romano esercito abbandonossi al saccheggio senza timore del nemico, e senza porgere orecchio alle ammonizioni del proprio capitano, il quale, paventando qualche nuova sorpresa, dal limitare di essi vanamente esortavali con voce altissima alla obbedienza ed alla cautela. I Maurusii allorchè videro le armi imperiali vincitrici si posero anch’eglino a seguire le peste de’ ribelli ed a raccorre la preda nel campo. Stoza poi forte sperando nel costoro soccorso al mirarsi perdente spronò di lancio a quella volta per averne aiuto, ma risaputone il tradimento precipitò la sua fuga in compagnia di cento Vandali appena: tornato quindi a raccozzare molta truppa fece un’ultima pruova delle sue armi, e toccata una sconfitta eguale alla prima, se non maggiore, videsi pur ora abbandonato da tutti, corsi essendo i rimasi in vita a prestare obbedienza al duce romano. Scortato adunque da sole poche guardie ritirossi nella regione de’ Mauritani, e fermatavi sua dimora impalmò la figlia d’un comandante loro: in questa guisa ebbe termine l’ammutinamento de’ soldati.

Note

  1. Vieilles Echelles (Cous.)