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460 | GUERRE VANDALICHE |
II. Il duce persuaso da tale ragionamento marciò col nerbo delle truppe alla volto di Giovanni, e messolo di subito in rotta corse dietro i fuggitivi prendendo loro tutte le insegne: altre schiere intanto assalita la fanteria constringevanla a rompere l’ordinanza, quando sopravvenutovi il romano condottiero e minacciando col ferro ignudo chiunque sottraevasi dalla pugna riesce ad arrestarli ed a rinnovare la mischia con tale ardore, che obbliga in poc’ora i barbari a dargli le spalle; quindi ritto sen va contro di Stoza. Tra questo mezzo sopraggiunti anch’essi Ildigero e Teodoro ad aiutarlo, crebbe sì la confusione e l’accanimento de’ combattenti che molti ribelli nel perseguitare i Romani caddero eglino stessi prigionieri, e l’esercito loro incapace di più reggere, venendo sempre vie peggio malmenato da Germano, cominciò a piegare. Siccome poi alle due parti era malagevole di riconoscere i proprii nemici avendo entrambe comune il linguaggio, la taglia, e l’armatura, Germano comandò a’ suoi di chiedere ai prigionieri il contrassegno, ed ignorandolo di trucidarli subitamente. Nulla di meno fervendo tuttavia la battaglia riuscì ad un soldato ribelle di penetrare inosservato nelle file romane e di ferire il cavallo al duce, il quale avrebbe corso al certo gravissimo pericolo se per ventura gli astati non fossersi fatti inanzi a salvarlo ed a fornirgli altro palafreno. Fuggito intanto Stoza con pochi dei suoi, Germano passò di fretta a sorprenderne gli accampamenti, ma uscitene le guardie ad incontrarlo batteronsi con tanta ostinazione che lo avrebbero costretto a retrocedere, s’egli antivedendo l’oprar loro non aves-