Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo XVIII

Capo XVIII

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Procopio di Cesarea - La guerra vandalica (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
Capo XVIII
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CAPO XVIII.

Congiura di Massimino.
Germano la dissipa, e ne condanna a morte il capo.


I. Aveavi a que’ giorni tra’ cavalieri astati di Teodoro cappadoce un Massimino, d’indole assai malvagia, il quale imbecherata molta soldatesca erasi fitto in mente di aspirare alla tirannia; ora mentre che s’andava procacciando fautori comunicò l’arcano a gente non poca ed in ispecie ad Asclepiade originario della Palestina, di nobile prosapia, ed intrinsico quanto mai di Teodoro; questi pertanto e Germano ebberne tosto contezza.

II. Il duce però giudicando non espediente lo inacerbare con nuovi stimoli le ultime e non ancor bene rimarginate piaghe, anteponeva ai gastighi il procacciarsi la benevolenza del fellone adescandolo con onori e carezze; pensò quindi a fine di guarentirsene obbligarlo con giuramento all’imperatore, e siccome portava la costumanza che uom non fosse accolto ne’ cavalieri astati se prima non sagramentava sua fede al monarca ed al capitano, e’ valendosi di questo provvedimento fecelo a sè chiamare, ed encomiatane d’assai la fedeltà crebbegli il grado nominandolo sua lancia. Massimino lietissimo di tanta onorificenza, stimandola mezzo ben proprio ad agevolare la felice riuscita delle sue trame, compiè senza tema il giuro, avvegnachè presto addivenisse reo di violata fede col dare opera vie più [p. 463 modifica]ostinatamente alla sognata tirannia. In progresso di tempo celebrandosi nella capitale non so che festa molti dei congiurati sul ora del convito si riunirono intorno al palazzo, ove il duce aveva commensali i suoi favoriti ed il ribelle con essi. Quando pertanto sedevan tutti al desco giugne all’orecchio di Germano avviso che ingombrava il suo atrio una disordinata frotta di soldatesca chiedente dall’imperatore lo stipendio in vano atteso da molti anni. Egli allora fe comando a parecchie fidissime lance di tener gli occhi sopra Massimino senza però dargli affatto indizio di quel trambusto. Persuasi di poi i riottosi minaccevoli con alte grida a raccogliersi nell’ippodromo, furono lungo la via dalle predisposte guardie quali incarcerati e quali uccisi; mercè di che i lenti nell’unirvisi udendo il costoro sperperamento non vollero più sapere di ribellione. Germano egli pure tralasciò di commettere indagini rigorose in proposito, ricercando unicamente se Massimino dopo la solenne protesta avesse tuttavia fomentato la rivolta, e udito che anzi da quell’epoca in poi eravisi con maggior fervore adoperato, fecelo per la gola appendere ad un palo vicino alle mura della città; e colla morte del traditore fu per intiero sventata la ribellione.