Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo XVI
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CAPO XVI.
Germano amato dalle truppe. — Stoza risolve di combattere. — Aringa di Germano.
I. Giustiniano risaputa la triste condizione degli affari nell’Africa mandovvi alla testa di poca soldatesca il patrizio Germano, figlio d’un suo fratello, e con lui Simmaco e Domenico, entrambi dell’ordine senatorio, ed il primo questore e capitano de’ cavalieri, l’altro condottiero dei fanti, morto d’infermità Giovanni cui apparteneva quest’ufficio. Pervenuti tutti in Cartagine Germano rassegnò incontanente le truppe, e nello svolgere i ruoli de’ nomi loro, conobbe rimanervi in Africa, tra la capitate e le altre città, non più che la terza parte dell’esercito, sendo il resto disertato al nemico. Laonde non sembrandogli per anche tempo di cimentarsi in campo, metteva ogni suo talento nel conseguire la benivolenza de’ soldati, ed in ispecie di coloro che avevano presso al ribelle amici o parenti, dicendo pieno di zelo nell’amicarseli di essere colà andato per gastigare non le truppe sedotte, ma gli ingiusti e perfidi seduttori. Così dolci parole trascorse nelle file nemiche indussero alcuni imperiali a tornare sotto le abbandonate insegne, ov’e’ riportarono dal capitano umanissima accoglienza ed il grado medesimo che Stoza avea loro conferito. Al divolgarsi quindi per tutto il paese i buoni trattamenti da essi ricevuti, molti dei compagni seguivanne di dì in dì l’esempio venendo in Cartagine al duce romano, il quale appena videsi non inferiore di combattenti agli avversarii divisò cominciare la guerra.
II. Stoza anch’egli considerando il disertar grandissimo e giornaliero de’ suoi, per tema non addivenisse maggiore pensò giunta omai l’ora di por mano alle armi e di tentare un colpo decisivo; prese quindi il partito d’assalire improvvisamente il nemico, nella fiducia che venendogli dappresso non poche delle truppe cartaginesi tornerebbero a lui; e si valse pare di questo non più che suo desiderio ad incoraggiare l’esercito, mostrandogli per cagione di ciò sicurissima la vittoria. Tutti adunque corron a furia la via di Cartagine, e lunge da lei soli trentacinque stadj piantano il campo. Germano similmente animati gli imperiali e messili in ordinanza di battaglia esce della porta, ove all’udire il ribelle vicino chiamatili a parlamento così dicea:
III. «Egli è debito vostro, o commilitoni, il confessare tutti ad una voce che non havvi tra voi chi a giusto titolo richiamar si possa dell’imperatore, andando esente da ogni rimprovero la sua condotta a vostro riguardo; il quale anzi raccoltivi dalle campagne di Bizanzio con vilissima tonaca ed una bisaccia indosso, tali vi rendè che potete oggi disporre della sorte de’ Romani; con quanto peri vituperio e perfidia, non aggiugnendo cose peggiori e gravissime oltre ogni credere, ne fosse da voi ricambiato ommetto volontiermente di qui rammentare. Egli tuttavia, acciocchè ne serbiate di continuo la memoria, accordovvi illimitato e generoso perdono senz’altra mercè da voi che l’onta del passato. Eccitati adunque da sì nobili sentimenti vuol giustizia ed onore che riprendiate l’antica vostra fede, e cancelliate le vecchie offese con al tutto nuovo contegno: e dacchè il ravvedimento è mezzo efficacissimo di rendere agli oltraggiatori gli oltraggiati benigni e elementi, ed un beneficio opportuno ha possa di cancellare il nome d’ingrati, voi mostrandovi ora fedeli al vostro monarca distruggerete ogni rimembranza de’ falli commessi e del nome odiosissimo cui soggiaceste, dandosi alle umane azioni quello cui fanno diritto gli ultimi avvenimenti; e sebbene fatto il male vana riesca la brama di tornare indietro, riparandovi non di meno con virtuose gesta si perviene a mettere in eterno obblio la colpa, ed a riacquistare la perduta estimazione. Oggi pertanto col dispregiare come ne avete l’obbligo questi esecrandi ribelli appaleserete non solo un animo forte e pronto a combattere da quinci in poi qualsivoglia nemico de’ Romani, ma eziandio che mai, se non se ingannati dai seduttori, operaste altrimenti col tradire l’imperator vostro, avendo la sempre lodevole ritrattazione del male poter sommo d’inorpellarne con idonea scusa la gravezza: e che tal sia la condizion vostra presto Giustiniano ciaschedun voglia di per sè considerarlo. Io poi, dal quale parimente non aveste mai alcuna ingiuria e bene il sapete, e che portandovi ogni benevolenza v’ho bramato compagni nei pericoli di questa guerra, io, lo ripeto, sono a pregarvi che procediate con animo sincero incontro al nemico; il perchè se mai taluno desiderasse unirsi altra fiata a lui non indugii un sol momento, dichiarandogli lecito sin d’ora il farlo e di tutto punto armato; nè abbiamene obbligo di sorta fuori quello di violare in aperto la giustizia e non occultamente e con frode; e per l’appunto ho giudicato opportuno di tenervi questo discorso in campo avanti al nemico e non già entro Cartagine, acciocchè se havvi persona di tal parere non trovi il menomo ostacolo nell’abbandonarvisi, e scevro d’ogni timore da noi si parta». A questi detti molto si romoreggiò nell’esercito, e ciascuno volea il primo dar saggio di fedeltà e di amore al suo monarca.