Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo X
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CAPO X.
I. Salomone, ricevuto il governo dell’esercito d’Africa, vedendo in istato di ribellione i Maurusii, e tutta quella repubblica in grandissimo sconvolgimento, non sapea decidersi per la molta perplessità dell’animo suo a partito alcuno. Eragli di sopra più giunto avviso che i barbari aveano trucidato nella Bizacene e nella Numidia le poche truppe lasciatevi di guernigione, e posto l’intiero paese a ferro e fuoco; in ispecie poi riempirono di grave terrore e lui e Cartagine le funeste morti incontrate colà da Aigan massageta e dal trace Rufino, chiarissimi entrambi, e nella casa di Belisario e nell’esercito romano altamente onorati; essendo l’uno, Aigan, lancia a cavallo, e l’altro, il valorosissimo Rufino, semioforo, o con voce romana pennoniere, nelle guardie del supremo duce. Or bene costoro, a que’ dì comandanti de’ cavalieri nella Bizacene, osservando i Maurusii intenti per ogni dove alla preda, al saccheggio ed al menare schiavi gli Africani, si posero colla soldatesca a guardare alcune gole, ed al giugnervi dei ribelli col bottino massacravanli e rendevan liberi i prigionieri: Cuzina però, Dilasa, Surfute1 e Medisinissa, condottieri de’ barbari in que’ dintorni, avutone avviso marciaronvi con tutto l’esercito contro. I Romani allora scarsi di numero, in istrettissimo luogo e circondati da tante migliaia di combattenti, non poteronsi difendere in verun conto, venendo ovunque si volgevano tosto assaliti da tergo. Il perchè Aigan e Rufino con pochi de’ loro cercano di riparare fuggendo a furia sopra un vicino colle, e di tenervi indietro cogli archi i persecutori; questi in effetto ributtati, nè osando più accostarvisi, metton mano a un forte dardeggiare, e così dura la pugna sinchè i Romani terminato il saettamento loro di necessità procedon oltre a tenzonar colle spade: ma sebbene facessero scempio dei Maurusii e’ vi giuntarono Aigan estinto dalle ferite onde era coperto il suo corpo, e Rufino, caduto prigioniero; al quale subito Medisinissa, per tema non rivenisse, scappandogli delle mani, altra fiata a molestarlo, troncò il capo, e di fretta portollo in sua casa alle donne acciocchè il vedessero, ben degno d’ammirazione essendo per la grandezza e foltissima capellatura.
Ma giunto il mio discorso ad aggirasi in quest’argomento credo prezzo dell’opera il narrare la origine dei Maurusii, e di dove partendo venissero dapprincipio a fermare lor dimora nell’Africa.
II. Al primo calcar degli Ebrei le terre della Palestina Mosè uomo sapientissimo e lor condottiero mancò ai vivi. Successore di lui fu Giosuè, figliuolo di Nave, il quale ve li fece inoltrare, e di sè mostrando virtù assai maggiore che non pertiene alla natura umana ebbe il paese, dove guerreggiando gli antichi abitatori potè agevolmente, bandito dal grido universale invincibile, conquistare molte città; da quell’epoca in poi quanto avvi di terra a mare da Sidone2 alle frontiere d’Egitto fu nomato Fenicia e retto da un capo solo, come testimoniano gli scrittori della rimotissima storia di quella regione. Quivi abitavano popoli numerosi, i Gergesei, i Gebusei ed altri riferiti nei libri giudaici, i quali tenendo l’esercito straniero inespugnabile pensarono disertare le patrie terre, e procacciarsi un asilo nella vicina Egitto, da dove poscia, di soverchio moltiplicati in grazia della prole e venendo loro meno gli agi della vita per la ristrettezza del suolo, furono costretti a penetrare nell’Africa, occupandone molte città e quanto havvi di terra sino alle Colonne d’Ercole3, parlandosi eziandio sopr’essa mezzo fenicio linguaggio. Edificarono altresì nella Numidia la città di Tinge4 scegliendo all’uopo un munitissimo luogo, ed inalzaronvi presso ad una gran fonte due colonne di marmo bianco su cui leggonsi queste parole scolpite in caratteri fenicii: Noi siamo fuggiti dal cospetto del ladrone Giosuè, prole di Nave. Prima di costoro tuttavia altri popoli dimoravano in Africa, nomati figli di quel suolo; quindi è che Anteo re loro, il quale combattè con Ercole in Clipea5, detto prole della terra. Coll’andar poi degli anni vi passò dalla Fenicia stessa Didone con una colonia, ed il nuovo popolo bene accolto mercè sua parentela, vi si fermò, ed ebbe il permesso di fabbricare Cartagine, la quale tanto crebbe in potenza e gente, quanto voleavi per guerreggiare i medesimi ospiti suoi, avvegnachè molto più antichi possessori di que’ luoghi, ed obbligarli a ritirarsi ben lunge da loro. Ma dopo che i Romani, impareggiabili nelle armi, estesero le proprie conquiste su quella parte del mondo, assegnaronne ai Maurusii gli estremi confini, e fecersi tributarii i Cartaginesi con tutti i popoli sotto la costoro giurisdizione. Finalmente i Maurusii riportate molte vittorie contro i Vandali signoreggiarono la Mauritania, che dallo stretto arriva sino alla città di Cesarea, ed altre regioni. Ciò basti sulla origine di tal gente.
Note
- ↑ Isdilasa, Giufrute, secondo altri testi.
- ↑ «Dopo Berito v’è Sidone per forse quattrocento stadj; di mezzo v’è il fiume Tamira e la selva d’Esculapio e la città dei leoni. Dopo Sidone è Tiro grandissima e antichissima città dei Fenici, la quale può stare con lei al paragone e di grandezza e di presenza e di antichità, ed è per molte favole famosa. Ed ancora che i poeti abbiano parlato più di Sidone, e che Omero non abbia pur fatto menzione di Tiro, non di meno le colonie mandate in Africa ed in Ispagna sin fuori delle Colonne celebrano molto più Tiro. Onde amendue queste città e al tempo antico e al moderno sono state e sono tuttavia gloriose ed illustri; e dell’una e dell’altra si contende quale si debba dire essere la metropoli dei Fenici...... I Sidonii sono tenuti per uomini che sappiano fare molte arti, che le facciano benissimo, siccome mostra il Poeta (Odissea, lib. iv; Illiade, lib. xxiii), oltre che sono anche studiosi sì dell’Astronomia come dell’Aritmetica...... E se abbiamo a credere a Posidonio, l’antica opinione degli atomi fu di un uomo di Sidonia chiamato Mosco, il quale fu innanzi la guerra di Troia. All’età nostra sono stati famosi filosofi di Sidone Boeto, in compagnia del quale noi abbiamo dato opera alla filosofia di Aristotele, e Diodoto suo fratello» (Strab., lib. xvi, tr. del B.) «Posidonio racconta che nella Fenicia essendo avvenuto un terremoto fu inghiottita una città fabbricata al di là di Sidone, e che in Sidone stessa quasi due parti delle mura rovinarono, non però a precipizio, sicchè non v’ebbe grande strage di abitanti» (Str., lib. i, tr. di Fr. A.) V. inoltre Diodoro Sic., lib. xvi.
- ↑ Leggiamo in Apollodoro l’origine mitologica di questo nome. Riferendo lo storico le dodici imprese da Euristeo comandate ad Ercole, venuto alla decima, che fa di condurgli da Erizia le vacche di Gerione, scrive: «Andando adunque Ercole per quelle vacche di Gerione dalla parte d’Europa, e molti mostri per via trapassando recossi in Libia: ma fatto cammino per Tartesso, volle lasciar monumento di quel suo viaggio, e piantò ai confini di Europa e di Libia due opposte colonne» (Bibl., lib. ii, trad. del Compagnoni).
- ↑ Rammentata da Strabone (lib. iii); Tanger ai moderni geografi. «Edificarono un forte nella Numidia, ov’è ora la città di Tigiso. (Cous.)»
- ↑ Intorno a questo racconto così Apollodoro: «Tenea il paese (Libia) Anteo, figliuolo di Nettuno, il quale obbligando i forestieri a combatter seco in aperto campo, finiva coll’ ucciderli. Ercole obbligato (da Euristeo) a lottare con lui, alzatolo di terra, a forza di pugni lo ammazzò: chè se toccato avesse il suolo, era proprietà sua di ritornare robustissimo, per la qual cosa alcuni lo dissero figliuolo di Tellure (Bibl., lib. ii, tr. del cav. Comp.) V. Parimente Diodoro Siculo (Bibl. St., lib. vi). Clipea è detta Aspis da Polibio, da Appiano, da Agatemero, e da Irzio africano.» V. inoltre Strab., (lib. vi).