Istoria delle guerre vandaliche/Libro primo/Capo XXII

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CAPO XXII.

Lettera di Zazone al fratello Gilimero intercetta dal vincitore. — Avvenimento singolare.


I. Il già da me ricordato Zazone1 fratello di Gilimero sgarate coll’armata di mare le acque della Sardegna fece scala in Carali, ed avuta subito la città uccise il tiranno Goda e tutti i contrarj al vandalico reggimento; quindi all’udire le navi di Giustiniano apportate nell’Africa, senza però conoscerne gli ottenuti vantaggi, scrisse in questi termini al fratello: «Sappi, o [p. 381 modifica]re dei Vandali e degli Alani, che il tiranno Goda uscì di vita per le mie mani, e l’isola da te un’altra fiata dipende; puoi così festeggiarne la vittoria. Per rispetto ai nemici che baldanzosi misero il piede sulle africane terre, abbi per certo che attendeli non miglior sorte di coloro, i quali impugnarono le armi contro i nostri antenati». I messi fuori d’ogni sospetto di rincontrare sì grandi cambiamenti, ritraggonsi nel porto di Cartagine, dove sono imprigionati dalle guardie romane; venuti di poi alla presenza di Belisario cedongli la scritta, e lo informano compiutamente delle cose avvenute in Sardegna. Trasecolarono però al vedere un sì repentino variar di fortuna, sebbene fosse loro sparagnata ogni molestia dalla generosità del romano duce.

II. Ad un’epoca non molto diversa è uopo rapportare altro che di simile: Gilimero poco innanzi che le navi romane giugnessero nell’Africa mandò in Ispagna Gotteo e Fuscia ambasciadori per indurre Teudi re de’ Visigoti a strigner lega coi Vandali. Eglino trapassato Gadi e il mare d’Ercole2 vanno al re dimorante in una cittadetta sul lido; il quale, fattili cortesemente suoi ospiti, tra il convito domandolli in prima come andasse la bisogna di Gilimero e de’ Vandali (imperciocchè, indugiando i legati per via, un bastimento mercantile salpato da Cartagine il dì stesso ch’eranvi entrati i Romani, e da vento propizio spinto in poc’ora nella penisola, aveagli dato avviso di [p. 382 modifica]tutte le costoro vittorie; riportandone la proibizione di narrarle altrui se non se quando fossero capitate nuove genti a confermarne la verità; e quelli risposero: ottimamente. Il monarca vuol quindi sapere lo scopo della mandata loro; ed essi diconsi colà per manifestargli la brama dei Vandali di averlo a confederato. Teudi allora esortolli a raggiugnere i lidi africani ove attendevanli grandi avvenimenti. Se non che gli ambasciadori attribuendo cotali parole ai vapori di que’ generosi vini, serbarono, tacendo, a miglior tempo la domanda. Nel prossimo giorno adunque venutigli altra fiata innanzi pregaronlo di consentire alla lega, e n’ebbero l’egual risposta. Il perchè datisi a temere qualche sinistro nell’Africa, non però in Cartagine, ver lei spiegarono le vele; ma non più dei primi felici all’afferrarvi sono presi dalle truppe romane, e condotti a Belisario appalesangli tutte le cose loro: neppur questi del rimanente, per l’umanità del capitano, soggiacquero a triste conseguenze. Tali cose accaddero non altrimenti che noi abbiamo scritto.

Cirillo poi, mandato da Giustiniano come diceva nella Sardegna3, avendo inteso prima d’apportarvi la trista fine di Goda, volse incontanente le prore verso Cartagine dove, spettatore della vittoria de’ Romani, arrestossi. Fu spedito inoltre Salmone a Giustiniano per annunziargli il felice principio di questa guerra.

Note

  1. Tzazone. (Cous.)
  2. Stretto di Gibilterra.
  3. V. cap. 11, § 1 di questo libro.