Istoria delle guerre vandaliche/Libro primo/Capo III

Capo III

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Procopio di Cesarea - La guerra vandalica (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
Capo III
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CAPO III.

Andata de’ Vandali e degli Alani a soggiornare nella Spagna, consentendovi Onorio senza conceder loro la prescrizione di trent’anni giusta le romane leggi. — Morte di Onorio, tirannia di Giovanni, suoi costumi, disfatta, imprigionamento ed uccisione. — Cattiva educazione di Valentiniano III. — Elogio di Aezio e di Bonifacio. — Il primo calunniatore del secondo. — Bonifacio trae i Vandali in Africa, quindi offre loro danaro perchè si partano; ma fallito il suo intendimento guerreggiali e perde.


I. I Vandali a stanza sopra le ripe della palude Meotide stimolati dalla fame avventansi contro i Germani, detti oggidì Franchi, e varcato il Reno chiamano a lega gli Alani, gente gotica pur questi; preso quindi a condottiero Gogidisco1 metton piede nella Spagna, prima delle romane terre presso l’Oceano. Onorio, informatone, accordò al duce di rimanervi a patto ch’ei non avesse a molestarne gli antichi abitatori, e rinunziasse alla legge di prescrizione in vigore tra i Romani, appo cui il possesso continuo per trent’anni d’una cosa toglie ai veri padroni ogni diritto di ripeterne la proprietà.

II. Lacerato a questo modo l’occidente, Onorio [p. 295 modifica]trapassò di malattia; erasi egli associato dapprincipio nell’imperio Costanzo marito della sorella Placidia, il quale, vissuto ben poco e precedendo nel morire l’imperatore stesso, non fece memorabili gesta2. Ora mentre che l’appena spoppato Valentiniano, prole di Onorio, veniva cresciuto alla corte di Teodosio, uno delle imperiali guardie per nome Giovanni, benignissimo e di grande virtù, usurpò il trono, e vi rimase un lustro facendo continua guerra ai delatori, guardandosi dal togliere ingiustamente altrui la vita, e mai sedotto dall’amore dell’oro3; non potè occuparsi tuttavia dei barbari venendo travagliato di continuo dalle armi bizantine, perciocchè Teodosio figliuolo d’Arcadio mandatogli contro un potente esercito co’ duci Aspare e Ardaburio d’Aspare lo cacciò dalla tirannide, e pose il diadema all’ancor fanciullo Valentiniano4, che avuto il [p. 296 modifica]prigioniero Giovanni lo sentenziò al taglio della destra, a trascorrere obbrobriosamente su d’un asino l’ippodromo, e quindi al supplizio estremo.

III. Il novello imperatore dato così principio all’occidentale reggimento, e per troppa condiscendenza della genitrice Placidia uso ad una molle e dilicata vita, dirizzò la mente agli incantesimi ed alla giudiziaria astrologia, e che peggio ancora si è, a procacciarsi con molta accuratezza ed infamia il godimento delle mogli non sue, quantunque l’avvenenza della propria fosse ben lunge dal temere confronti. Le quali malvagità il ridussero codardo in guisa che non solo vennegli meno l’animo di riconquistare il perduto, ma dovè far senza l’Africa stessa, le cui vicende compiranno questo argomento.

IV. Viveano a que’ dì Aezio e Bonifacio5, romani duci, primi nell’arte della guerra, e forniti di molto acume d’ingegno, e di altre non poche ammirabili prerogative, cosicchè potea dirsi non avervi un terzo dell’egual tempra nell’imperio, e tutta la virtù romana essere nei due concentrata; se non che discordavano tra loro intorno ai maneggi della repubblica. In questo mezzo Aezio vedendosi per opera di Placidia anteposto [p. 297 modifica]Bonifacio nella prefettura di tutta l’Africa, ne provò dispiacere, ma frenava sua lingua giudicando ancora intempestivo il dichiararsi apertamente; non sì tosto però ebbene udito l’arrivo in su quella terra che si rose a biasimarlo in palese, a riferirne tristi fatti a Placidia, a pingerlo rubatore de’ popoli commessigli, e che tal sia, proseguiva, egli stesso ne darà certissima pruova se richiamato non obbedisca: piacque alla donna il consiglio e propose di valersene. Il calunniatore allora scrive al suo emulo di tenersi bene in guardia, avendo Placidia gravi sospetti contro di lui, e mendicando pretesti a rimoverlo; che poi le sue parole non sieno finzione meglio il conoscerà vedendosi comandato senza legittima causa di tornare. Quegli ricevuto quasi contemporaneamente un tale avviso e l’ordine di retrocedere in Bizanzio, rispose agli inviati di non volersi nè all’imperatore, nè alla madre sottomettere, e costei saputane la ostinazione vie meglio riputò Aezio fedele ed amantissimo d’Onorio, e Bonifacio reo e di mal ferma fede.

V. Il prefetto adunque in sì grande travaglio di mento, paventando movere per manco di forze contra Roma, pensò strigner lega co’ Vandali che stanziavano nella Spagna, come scrivea6, poco lunge dall’Africa, dove a Gogidisco uscito di vita erano succeduti i figliuoli Gontari legittimo e Gizerico bastardo, il quale assai valente nelle armi e col fratello ancor pargoletto occupava il supremo potere. Mandò pertanto colà [p. 298 modifica]benaffette persone ad amicarseli entrambi col mostrar loro che venendo nell’Africa potrebbon godersela tripartita, e confederati insieme aitarsi a vicenda nel respignere chiunque ardisse molestarli. I Vandali, aderito di buonissimo grado alla proposta e valicato lo stretto d’Ercole7, occuparono quella regione lasciando che i Visigoti rendessersi quindi padroni della Spagna. In Roma però gli amici del ribello, guardando all’avvenuto ed alla costante sua fede al monarca, non poteano riaversi dallo stupore, e sin taluni di loro viaggiarono ad insinuazione di Placidia stessa in Cartagine per seco lui abboccarsi: e com’ebbero esaminato il carteggio e scoperto Aezio traditore fannosi nuovamente indietro per disvelare tutta la bisogna all’imperial genitrice, asserendole Bonifacio reo di colpa non sua. L’Augusta allora punta nel vivo s’infinse col perfido, nè lo rimproverò delle tante ribalderie contro il figliuolo, mirandolo alla testa dell’esercito e d’una repubblica travagliatissima a que’ dì; ma levatene gravi querele co’ partigiani di Bonifacio, e loro appalesato il tutto giurò voler essere grata a costui, s’e’ riuscissero a distorlo da quel proposito, ciò è dal permettere che l’imperio addivenga per cagion sua proprietà dei barbari. A tale riferta il prefetto ebbe rimordimento dell’operato con troppa fidanza e precipitazione, e detestando la già conchiusa lega prese a tentare con molte migliaia di nummi se i Vandali partirebbonsi dall’Africa; rinvenutili però di tutt’altro parere, e riportandone di soprappiù beffe ed [p. 299 modifica]oltraggi ripose la vendetta nelle armi; se non che avuta eziandio in esse contraria la sorte, riparò ad Ippone regio8, marittima e fortificatissima città della Numidia, dove seguendone le orme accorsero i barbari, comandati da Gizerico, ad assediarlo. Da Gizerico dissi, chè Gontari era già morto, e forse per mano del fratello, quantunque asseriscano quelle genti averlo i Germani fatto prigioniero in una battaglia vinta su’ confini spagnuoli, ed impalato; di tal guisa ebbi il fatto dai Vandali stessi. Rimasto il condottiero lungo tempo coll’esercito avanti Ippone, e non potendolo espugnare o ridurre a patti, fu costretto per diffalta grandissima di vittuaglia a sciorre l’assedio. Arrivato poscia da Bizanzio e da Roma supplimento di truppe col duce Aspare, Bonifacio ed i Romani dell’Africa diedersi cuore e principiarono a resistere valorosamente; ma più di prima contrariati dalla fortuna dovettero tutti da sezzo che qua chi là, abbandonato il campo, fuggire: Aspare tornossene in Bizanzio d’onde proveniva, e Bonifacio direttosi a Roma potè di leggieri scusarsi a Placidia delle sofferte calunnie e riaverne il favore.

Note

  1. Godigisclo si legge in altri testi e nel Cousin.
  2. «Sopravvenne poscia un’infermità a Costanzo, come malcontento e pentito di avere assunto l’impero; poichè non eragli più permesso, come prima, di andare e ritornare dove e quando gli piaceva, nè di più intertenersi ne’ suoi consueti giuochi. Ora avendo regnato per sette mesi (come eragli stato indicato da un sogno con queste parole: Il sesto anno è compiuto, e gia il settimo incomincia) morì di pleuritide, e con lui insieme rimase estinta l’ira ed il moto nell’occidente, suscitatosi per la dispiacenza della sua promozione al trono» (Fozio, Estr. di Olimp., trad. di S. Blandi).
  3. Suida parimente loda la clemenza e la moderazione di questo Giovanni.
  4. Toccava costui il settimo anno dell’età sua quando in Roma ebbe da Elione, maestro e patrizio, le imperiali onoranze.
  5. «Bonifacio fu un illustre personaggio, e più volte pugnò e vinse molte barbare nazioni, ora con poche ed ora con più truppe, e talvolta anche a singolar conflitto; e, per dir breve, egli in ogni modo liberò l’Africa da molte e varie nazioni barbare. Era inoltre uomo di giustizia amico e sprezzatore dell’oro» (Olimp., trad. di S. Blandi).
  6. § 1 di questo capo.
  7. Oggi stretto di Gibilterra.
  8. Due Ipponi sono rammentati da Strabone l’uno prossimo ad Utica, e l’altro a maggiore distanza, verso il Trito. (lib. xvii).