Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LIBRO PRIMO | 297 |
facio nella prefettura di tutta l’Africa, ne provò dispiacere, ma frenava sua lingua giudicando ancora intempestivo il dichiararsi apertamente; non sì tosto però ebbene udito l’arrivo in su quella terra che si rose a biasimarlo in palese, a riferirne tristi fatti a Placidia, a pingerlo rubatore de’ popoli commessigli, e che tal sia, proseguiva, egli stesso ne darà certissima pruova se richiamato non obbedisca: piacque alla donna il consiglio e propose di valersene. Il calunniatore allora scrive al suo emulo di tenersi bene in guardia, avendo Placidia gravi sospetti contro di lui, e mendicando pretesti a rimoverlo; che poi le sue parole non sieno finzione meglio il conoscerà vedendosi comandato senza legittima causa di tornare. Quegli ricevuto quasi contemporaneamente un tale avviso e l’ordine di retrocedere in Bizanzio, rispose agli inviati di non volersi nè all’imperatore, nè alla madre sottomettere, e costei saputane la ostinazione vie meglio riputò Aezio fedele ed amantissimo d’Onorio, e Bonifacio reo e di mal ferma fede.
V. Il prefetto adunque in sì grande travaglio di mento, paventando movere per manco di forze contra Roma, pensò strigner lega co’ Vandali che stanziavano nella Spagna, come scrivea1, poco lunge dall’Africa, dove a Gogidisco uscito di vita erano succeduti i figliuoli Gontari legittimo e Gizerico bastardo, il quale assai valente nelle armi e col fratello ancor pargoletto occupava il supremo potere. Mandò pertanto colà benaf-
- ↑ § 1 di questo capo.