Istoria delle guerre persiane/Libro primo/Capo IV
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Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
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CAPO IV.
I. Perozo, trascorso breve tempo, vuole in onta del suo giuramento vendicare il ricevuto oltraggio. Laonde fatta leva di Persiani e di confederati muove contro gli Eutaliti, e meno Cavado ultimo de’ figliuoli, rimaso nella reggia in grazia della tenerissima eta sua, gli altri tutti in numero di trenta escono col genitore a campo. Gli Unni fatti consapevoli di sì grande apparecchio biasimavano altamente la mala fede persiana, e mordevano il proprio re come traditore della cosa pubblica. Ma quegli ridendosi delle accuse domandava loro che mai ceduto avesse ai Medi, se terra, se armi, o altro che de’ suoi regii tesori? E quelli: Nulla di tanto, affè nostra, ma sì bene la opportunità che risponde al tutto, dichiaravansi nondimeno pronti a marciare contro il nemico. Egli però fe’ comando che si rimanessero, non avendovi tuttavia notizia certa della costui partenza, e molto meno sapevasi che di già inoltrasse per l’eutalitico suolo.
II. Dopo di che aocchiata una campagna per dove era mestieri procedesse il Persiano venendo a combatterli, fecela munire all’intorno con profondissimo e largo fosso, lasciandovi soltanto nel mezzo un passaggio atto ad accogliere dieci cavalli di fronte, e quindi al vano furono sovrapposte canne, ed alle canne terra. Ammonì eziandio i suoi cavalieri destinati a battere la campagna di strignere giunti a quel sentiero lor file, e di valicarlo a tutto bell’agio, cauti e guardinghi dal cadere eglino stessi nelle insidie. Sospeso inoltre alla cima del suo padiglione il suggello apposto da Perozo al giuramento, stettesi colà tranquillo finattantochè il seppe entro le proprie trincee. Arrivati però gli esploratori coll’avviso che il nemico era vicinissimo a Gorgo, ultima città sulle persiane frontiere, e per mettere piede sull’unnico suolo, e’ mosse colla parte maggiore dell’esercito, ed attelatolo di contro allo scavamento mandò piccola mano d’armati a spiarne la venuta, con ordine di arretrarsi non appena vedutolo, e di attendere alla piena osservanza de’ comandi avuti; questi partirono e terminato nel miglior modo l’uffizio loro si ricondussero alle insegne.
III. I Persiani all’opposto ben lunge dal paventare aguati correndo a spron battuto sopra il mentito sentiero tutti nabissarono, nè solo i primi ad incontranlo, ma eziandio quanti venivan loro dappresso. Imperciocchè occupati del perseguitare con ardor sommo i fuggenti, e fuor d’ogni sospetto di sì trista sorpresa non badavano allo sprofondamento di chi precedevali, e co’ loro cavalli precipitandovi sopra nel dare morte ai già caduti compagni perdevano anch’egli la vita. Di questo numero fu Perozo stesso1 con tutta la prole, e narrasi di lui che, traboccatovi, dal suo orecchio sinistro distaccasse una perla di mirabile grandezza e candore e gittassela via, acciocchè non altri de’ mortali ne usasse in sua vece. Perla affè di sorprendente bellezza, nè principe gloriar si potea di avere l’eguale. A me però non sembra verisimile che nella sua mente in sì orribile perturbazione sorgessero cosiffatti pensieri, ed inclinerei meglio a credere che in tanto scombuglio laceratosi il reale orecchio quella ne uscisse per non comparire più agli sguardi umani. Fatto sta che il romano imperatore vogliosissimo di possederla ne inviò premurosa domanda agli Eutaliti, ma neppur questi dopo assai diligenti e penose ricerche giunsero a saperne la fine. Havvi nondimeno chi opina essersi trovata da loro, ma in sua vece altra averne avuta il successore di Perozo. Piacemi qui riferire la tradizione persiana sul conto di lei, e la istoriella non riuscirà all’intutto discara.
IV. Si vuole adunque che la perla giacesse a breve distanza dalla spiaggia del mare Persico entro un pesce, il quale schiudendo alcun poco il nicchio manifestava nel suo interno stupendissima cosa non più ad occhio mortale apparsa; uom non avendo giammai veduto perla di sì maraviglioso candore e sorprendente grossezza. Un cane marino però di straordinaria mole, preso da grandissimo diletto nel rimirarla, seguivane dì e notte il pesce, e quando più reggere non poteva agli stimoli noiosissimi della fame, iva in traccia di preda lungo quelle acque, tornando subito dopo a bearsi nella vista del suo caro oggetto. Un pescatore, la tradizione prosegue, osservolli, ma intimorito dal cane seguace mancavagli l’animo d’intraprendere un che su lei. Divisò tuttavia andare con tale riferta al re Perozo, e questi similmente invaghitosi di possederla, studiossi con molte promesse e lusinghe indurre colui a tenderle insidie; il quale non potendo resistere a sì forte domanda: «Mio re, disse, l’uomo pur troppo ama le ricchezze, ma vie meglio la vita, e di lei ancor più la prole, in grazia della quale spoglio affatto di timore brava ogni cimento. Io spero in fe mia di vincere il cane e di tornare innanzi a te con la perla, e riuscitovi menerò certo nell’opulenza il resto della vita, imperocchè, essendo tu il re de’ regi, ho fiducia riportarne generoso premio; e dato pure che non ricevessi guiderdone alcuno, riputerei sempre condegna mercede l’aver fatto servigio al signor mio: se poi il mio fato renderammi vittima del mostro, la tua bontà saprà sdebitarsi co’ miei figliuoli della perdita del genitore. Di tal guisa trarrò dalla morte stessa vantaggio, nè avrai tu minor gloria di liberalità, mercè che adoperandoti a pro loro ti appaleserai il mio grandissimo benefattore, non avendovi più sinceri benefizj di quelli renduti alla memoria d’un trapassato, cui più non lice mostrarsi riconoscente». Così il pescatore, e dipartitosi aggiunse alla dimora della conchiglia e del cane marino. Seduto quivi su d’uno scoglio, attende che questo vada a sbramare sua fame, e giunto il momento nuota ad afferrare la perla; ma vicino a dare in terra con essa, vedutosi da tergo il mostro gittala sul lido, e non appena gittatala viene azzannato ed ucciso. I suoi compagni, spettatori d’insù la spiaggia, colsero la perla, e di lancio presentaronsi al re col dono e colla trista relazione di quanto era occorso. Tali cose narrano i Persiani, ed io rattacco il filo del propostomi argomento.
Morto Perozo con tutto l’esercito, i pochi la Dio mercè campati del pericolo incontanente caddero anch’essi nelle mani del vincitore.
IV. Fu di poi tra’ Persiani divolgata una legge di non assalire più terra nemica, avvegnachè i costei difensori fuggissero in piena rotta.
V. La soldatesca del resto che non aveva oltrepassato le persiane frontiere con Perozo, dichiarò suo re Cavado2, il minore dei figliuoli di lui ed il solo rimaso nella reggia. Gli Eutaliti dopo sì gloriose vittorie signoreggiarono i Persiani due anni, terminati i quali il novello monarca fidandosi nel poter suo più non volle comportarne il giogo.
Note
- ↑ Nell’anno vigesimo quarto del suo regno; e dell’era volgare 482.
- ↑ Agazia, morto Perozo, mette sul trono persiano Obala, fratello del defunto, il quale mancò ai vivi dopo quattro anni di regno, nè fece in guerra memorabili imprese, avendo sortito dalla natura un affatto pacifico naturale. Dà quindi a costui per successore Cavado (lib. iii, cap. 11). Altri nomano Valente il re che precedette Cavado.