Istoria delle guerre persiane/Libro primo/Capo III

Capo III

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CAPO III.

Perozo guerreggia gli unni Eutaliti. — Costumi di questi popoli. — L’esercito persiano cade in un’imboscata. — Eusebio, legato dell’imperatore Zenone, fa palese al re, valendosi d’un arguto apologo, il sovrastante pericolo. — Il condottiero degli Eutaliti condona al nemico la vita, in premio di che vuol essere da lui adorato. — Perozo fa mostra di consentirvi, ma riferisce, per consiglio de’ maghi, quest’atto al Sole.

I. Perozo re dei Persiani1 dopo qualche tempo venne a contesa cogli unni Eutaliti, detti pur Albi2, in grazia dei confini, e mosse con grand’esercito a combatterli.

II. Nomansi gli Eutaliti unni avvegnachè nè della stessa consorteria, nè ad essi vicini, dimorando invece a frontiera co’ Persiani da vento Borea, e presso d’una [p. 8 modifica]cittadetta chiamata Gorgo3; il perchè vengono a frequenti risse tra loro a fine di sostenere i diritti delle proprie terre. Non menano vita errante o pastorale siccome gli altri Unni, ma fissata lor dimora in ubertosa regione quivi rimangonsi, nè scorrazzano tampoco mai gli stati imperiali se non se in compagnia de’ Persiani. Hanno di più, soli tra gli Unni, carnagione bianca e non brutte forme, nè seguono l’unnica usanza di condurre vita ferina. Monarchico è il governo loro e retto da savie leggi; oltre di che non meno dei Romani e di qualsivoglia altro popolo osservano in patria la giustizia e la santità dei trattati. Quelli infine di essi che hanno miglior fortuna siedono cotidianamente alla mensa in compagnia sin di venti amici e tal volta d’un numero maggiore, e dividonvi il danaro ed ogni loro agiatezza, se non che morendone alcuno, la schiera degli amici suoi fassi viva interrare con lui4. [p. 9 modifica]

III. Mossosi adunque Perozo contro degli Eutaliti ebbe a compagno Eusebio ambasciadore di Zenone5. I nemici al comparire dell’esercito persiano mentendo timore prendono la fuga, e con veloce passo aggiungono tal vallea attorniata da scoscesi monti coperti di alberi: appresentavasi nondimeno allo sguardo nel mezzo di essi una via molto larga ma priva d’uscita, avente a termine il giro stesso de’ poggi; ed il re lunge dal paventare inganni calcando suolo nemico, va oltre. Quei però degli Unni i quali avean simulato la fuga erano di numero ben inferiori a quanti rimanevansi celati sull’alpestre giogaia alle terga dei Medi, nè si manifestavano tuttavia, desiderosi di vedere il Persiano ancor più trascorso là entro, da dove quindi mancherebbegli ogni via di salvezza. Il reale esercito non conobbe il pericolo che quando esso fu evidente, e pur allora nessuno ebbe animo di appalesare al condottiero, riveritissimo dalle truppe, la sua tema; da ultimo però si rivolse all’ambasciadore Eusebio pregandolo di svelare al re la imminente sciagura, e di persuaderlo che provedesse alla comune salute anzi che esporre cotanto popolo a fare sì intempestivamente pruova di valore.

IV. Or quegli presentatosi al monarca non gli scoprì di subito il grave rischio in che era, ma con un apologo diede principio al suo discorso: «Già tempo, [p. 10 modifica]diceva, non so che leone scontratosi ad un belante capro appeso in alto luogo, spiccovvi un salto per gola di sbranarne le deliziosissime carni; ma fallitogli lo intendimento suo precipitò entro altissima buca di forma circolare e di molto angusta apertura, fatta così a bella posta dal padrone del capro». Perozo udita la istoriella cominciò a temere non si fosse tropp’oltre spinto a suo danno inseguendo il nemico, ed arrestatosi immediatamente volse l’animo a deliberare sulle presenti bisogne. Intrattanto però gli Unni, che occupavagli dalle spalle le gole dei monti acciò non avesse più ritirata, manifestaronsi, ed i Medi veduto l’estremo pericolo deposero, piangendo lor triste ventura, ogni speranza di salute.

V. In questo mezzo il re degli Eutaliti6 mandò a rimproverare il condottiero nemico della temerità usata nell’incalzare i fuggenti, tradendo con grave disdoro sè stesso e tutto il suo popolo, e ad accordargli la vita quand’e’ promettesse adorarlo come signor suo, e sagramentassegli che i Persiani da quinci innanzi più non guerreggerebbero gli Unni. Il vinto, dato orecchio alle parole del vincitore, interrogò i maghi di sua corte se potesse consentirvi, e questi risposero non occorrergli quanto è al giuramento consiglio stando in suo pieno arbitrio il compierlo, quanto poi al resto volersi provvedere con doppiezza. E siccome la persiana legge comanda che si adori unicamente il Sole, così per non trasgredirla egli sen vada in sul mattino al re degli Eutaliti, e voltosi [p. 11 modifica]all’astro nascente eseguisca l’adorazione; servati di tal modo i patrii riti eviterà l’ignominia ed il biasimo d’essersi prostrato al nemico.

VI. Perozo adunque fatto il giuramento adorò secondo le ammonizioni dei maghi l’Unno, e lieto di aver salvato sè stesso e tutto l’esercito di buon grado si restituì nel regno.

Note

  1. Ascese il trono l’anno 458 dell’era volgare.
  2. Eutaliti, Neftaliti, Eftaliti sono tutti sinonimi della gente stessa, scitica di origine e nomata Abdela da Niceforo Callisto. Albi soprannominavansi a motivo della bianchezza di lor carnagione.
  3. Questa città non sarebbe forse posta entro i confini del Kharasm, e nomata Corgang dai geografi antichi, ed Urghens dai moderni?
  4. Stobeo riferisce una molto simile costumanza de’ Taurii; ecco le sue parole: «I Taurii, scitica gente, seppelliscono insieme co’ re loro i più bene affetti amici di lui. Il monarca poi, morto l’amico, recidesi o una parte, o l’orecchio intiero, secondo il merito del trapassato». Plutarco parimente ha qualche cosa dell’egual tenore nella Vita di Sertorio, e la dice consuetudine degli Iberi. Cesare narra di aver trovato nelle Gallie che taluni si uccidevano alla morte del capo o signor loro. Erodoto in fine ciò che dice Stobeo de’ Taurii lo attribuisce ai Trausii, quindi è che il Coray vorrebbe mutare la voce Taurii di questo scrittore in Trausii o Trausiani; ma il chiarissimo ellenista Mustoxidi, contro la sentenza del prefato autore francese, amerebbe leggere Caucasiani (V. Erodoto, lib. v, testo e note).
  5. Flavio Zenone Isaurico ascese il trono orientale nell’anno 474 dell’era volgare, fu deposto nell’anno seguente da Flavio Basilio, e quindi riprese la corona del 476, conservandola per 15 anni, allo spirare de’ quali avvenne la sua morte.
  6. Eftalano era il suo nome.