Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/33


LIBRO PRIMO 13

fuor d’ogni sospetto di sì trista sorpresa non badavano allo sprofondamento di chi precedevali, e co’ loro cavalli precipitandovi sopra nel dare morte ai già caduti compagni perdevano anch’egli la vita. Di questo numero fu Perozo stesso1 con tutta la prole, e narrasi di lui che, traboccatovi, dal suo orecchio sinistro distaccasse una perla di mirabile grandezza e candore e gittassela via, acciocchè non altri de’ mortali ne usasse in sua vece. Perla affè di sorprendente bellezza, nè principe gloriar si potea di avere l’eguale. A me però non sembra verisimile che nella sua mente in sì orribile perturbazione sorgessero cosiffatti pensieri, ed inclinerei meglio a credere che in tanto scombuglio laceratosi il reale orecchio quella ne uscisse per non comparire più agli sguardi umani. Fatto sta che il romano imperatore vogliosissimo di possederla ne inviò premurosa domanda agli Eutaliti, ma neppur questi dopo assai diligenti e penose ricerche giunsero a saperne la fine. Havvi nondimeno chi opina essersi trovata da loro, ma in sua vece altra averne avuta il successore di Perozo. Piacemi qui riferire la tradizione persiana sul conto di lei, e la istoriella non riuscirà all’intutto discara.

IV. Si vuole adunque che la perla giacesse a breve distanza dalla spiaggia del mare Persico entro un pesce, il quale schiudendo alcun poco il nicchio manifestava nel suo interno stupendissima cosa non più ad occhio mortale apparsa; uom non avendo giammai veduto perla

  1. Nell’anno vigesimo quarto del suo regno; e dell’era volgare 482.