Istoria delle guerre gottiche/Libro terzo/Capo XXX

../Capo XXIX

../Capo XXXI IncludiIntestazione 29 marzo 2024 100%

Libro terzo - Capo XXIX Libro terzo - Capo XXXI


[p. 385 modifica]

CAPO XXX.

Mandata d’imperiali fanti nella Sicilia. Valeriano raggiugne Belisario. Antonina sulla via di Bizanzio. Morte di Teodora Augusta. Patteggiamento del presidio Rusciano con Totila: Conone spento a Roma dalle truppe. — Unione di Belisario e Giovanni per soccorrere Rusciano; respinti dai Gotti; lor nuovi tentativi. — Totila in possesso del castello; sua crudeltà verso Calazare. Antonina ottiene da Augusto il ritorno del consorte.

I. Giustiniano Augusto, fatti partire sopra navi per la Sicilia non meno di due mila fanti, comandò a [p. 386 modifica]Valeriano che troncato ogni indugio si portasse da Belisario e il duce sgarato il seno afferrò a Idrunte, ove rinvenne il condottiero con la consorte Antonina. Costei quindi piglia la via di Bizanzio per chiedere all’Augusta maggiori aiuti di guerrieri; ma Teodora, al suo arrivo, più non era, spenta da morbo dopo ventun anno e tre mesi di matrimonio. La guernigione di Rusciano intanto dato fondo alla vittuaglia propose ai nemici che ritrarrebbesi di là nel mezzo della state, quando avessero tutti i rinchiusivi salva la vita, e non ricevessero nell’intervallo aiuti. Eranvi poi nel guardingo molti cospicui Italiani, e tra essi il fratello di Tulliano, Deoferon; trecento cavalieri illirici del romano esercito postivi da Giovanni sotto agli ordini della lancia Calazare, e cento fantaccini mandati da Belisario. In Roma le truppe destinate dal supremo duce a presidiarla trucidano il prefetto Conone accusandolo reo di venduta granaglia ed altra annona. Spediscono quindi all’imperatore ambasceria dell’ordine sacerdotale per annunziargli che ove non ottengano il perdono del commesso fallo e gli stipendj loro dovuti dall’erario, seguiranno incontanente le parti di Totila e de’ Gotti; Augusto consentì alle dimande.

II. Belisario, chiamato seco a Idrunte Giovanni, Valeriano e gli altri duci, raccoglie una grande armata di mare, e tosta naviga difilato a Ruscia mirando soccorrerne il presidio. Questo non appena vede da elevato luogo il navilio, entra in grandi speranze, nè vuol più sapere di arrendimento, quantunque assai vicino lo stabilito giorno. Ma surta in prima una [p. 387 modifica]violentissima fortuna di mare vi disperse le navi, e tanto più dì leggieri in quanto che il lido va privo affatto di porti, laonde s’ebbe a perdere assai tempo. Ragunatisi poscia a Crotone di là navigarono a golfo lanciato a Ruscia. I barbari non appena aocchiatili corrono, saliti in arcione, alla piaggia volendo impedirne il calare a terra. Giuntivi re Totila con lunga ordinanza atelò di contro alle venienti prore suoi militi armati parte di aste e parte di tesi archi. I Romani sgomentati da questo apparato, nè osando farsi oltre, tennersi qualche tempo sulle áncore; perduta quindi ogni speranza di pigliar terra diedero tutti di volta afferrando novamente a Crotone, ed avutovi consiglio statuirono che Belisario calcasse la via di Roma per ordinarvi del suo meglio le cose e rinfrescarla di fodero; Giovanni con Valeriano poi, fatti sbarcare intrattanto uomini e cavalli, s’avvierebbero nel Piceno per molestarne gli assediatori dei guardinghi; sì operando speravano che Totila ritrarrebbesi dall’assedio. Giovanni colle sue truppe, mille di numero, compiè gli ordini avuti: ma Valeriano impauritosi del pericolo e trasportato coll’armata di mare intorno al seno Ionico, veleggiò per filo ad Ancona, estimando più sicuro da quivi il tragitto nel Piceno per unire sue truppe a quelle del collega. Totila fermo nel proseguire l’assedio mandò colà due mila scelti cavalieri, acciocchè insiememente co’ barbari ivi a dimora impedissero gl’imperiali dal penetrarvi.

III. Gli assediati nel castello Rusciano caduti da ogni speranza di ricevere annona ed aiuti romani [p. 388 modifica]spedirono Gudila pretoriano e l’italo Deoferonte ambasciadori a Totila chiedendogli venisse a patti ed accordasse loro vita e perdono delle passate colpe. Il re gotto promise che non punirebbe alcuno, salvo Calazare, perchè violatore degli stabiliti accordi, e terrebbe gli altri tutti sdebitati di questo delitto. Occupato non altrimenti il castello fe’ tosto mozzare al fellone le mani ed i genitali, nè ancora contento lo tolse di vita. In pari tempo comandò che quanti del presidio amavano di rimanere non fossero sturbati nelle proprietà loro, e seguissero le sue bandiere sotto le condizioni da lui accordate ai prigionieri degli altri luoghi forti: i renitenti poi trarrebbonsi spogli d’ogni suppellettile ove meglio bramassero, ricusando egli avere a compagno d’armi chiunque vi si prestasse a malincorpo. Ottanta de’ romani soldati allora, privi del danaro, trasferironsi a Crotone; il resto, conservando il suo, quivi fermossi: gli Italiani poi, sforniti d’ogni ricchezza, ebbero in dono la vita. Antonina moglie di Belisario giunta in Bizanzio dopo la morte di Teodora Augusta pregò l’imperatore che richiamasse colà il consorte, nè penò ad ottenerlo, strettovi Giustiniano dalla guerra persiana, che recavagli di già ben gravi pensieri.