Istituzioni di diritto romano/Introduzione/Sezione III/Quarto periodo/Capitolo IV

Quarto periodo - Capitolo IV - Legislazione di Giustiniano.

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CAPITOLO IV.

Legislazione di Giustiniano

§. 184. Allorquando Giustiniano ascese al trono, gli scritti dei Giureconsulti autorizzati valevano come Fonte di diritto; era stato stabilito il modo di servirsene, e fissato il valore da accordarsi ai medesimi. Ma questi Scritti, che componevano l’Jus, giacevano in migliaja di volumi, rari e costosi. I tre. Codici Gregoriano, Ermogeniano e Teodosiano, erano senza meno di grande sussidio per conoscere e studiare l’altra fonte precipua del Diritto, le Leges; ma perfino il Codice Teodosiano, sebbene fosse il più recente, non bastava al bisogno; infatti conteneva soltanto le Costituzioni di uno spazio di tempo assai ristretto; e quel che è peggio, quasi cento anni erano di già trascorsi dal giorno della sua compilazione. In questi cento anni, molte nuove Costituzioni erano state emanate, e di più, notevolmente si erano mutate le condizioni dei popoli, che quella Legislazione era intesa a governare; onde è che il Diritto Scritto non concordava più con la pratica, nè la Scienza era in tale stato da riavvicinare l’uno ai bisogni dell’altra. Giustiniano, che secondo l’opinione oggi più accreditata, aveva nella sua gioventù studiato Diritto, che nella sua Corte aveva Triboniano, Giureconsulto valente e desideroso di riforme Legislative, parte mosso da istintivo desiderio pel riordinamento giuridico, parte eccitato dai consigli di Triboniano, e dall’ambizione d’imitare Teodosio II, concepì il vasto disegno di riunire in una Collezione tutto [p. 128 modifica]l’Jus, ed in un altra tutte le Leges, e così di conservare, ordinare, e rendere più facilmente accessibili a tutti le due fonti del Diritto.

(Il Codice)

§. 182. E prima volle, che si ponesse mano alla raccolta delle Leges, avvegnachè questa fosse la parte più facile del lavoro, ed insieme più importante, massime pei Magistrati. Quindi il primo anno del suo Regno (528) nominò una Commissione, presieduta da Giovanni ex-questore del Sacro Palazzo, e della quale erano membri Triboniano, e Teofilo Professore di Diritto a Costantinopoli, incaricandola di raccogliere le Costituzioni Imperiali aventi una forza legislativa generale, contenute nei Codici Gregoriano, Ermogeniano e Teodosiano, come pure le Novelle post-Teodosiane; e le diede facoltà di ordinarle, di concilierle, di sceverarne le parti antiquate, di riunire più di queste costituzioni in una sola, quantunque volta lo avesse richiesto la chiarezza e la concisione, e finalmente di fare nelle medesime quei cambiamenti, che fossero reputati necessarj. La Commissione portò a compimento il suo lavoro in 14 mesi; ed il medesimo, sotto il nome di Codex Justinianeus, diviso in 12 libri, che contenevano le Costituzioni sopra indicate disposte per ordine cronologico, fu approvato e solennemente promulgato il 7 Aprile 529, con la dichiarazione che avrebbe avuto forza di legge il 16 di quel mese, e che da quel giorno tutte le altre Leges avessero a ritenersi per abolite.

(50 Decisioni)

§. 183. Compiuto questo primo lavoro, si pose mente al secondo; ma prima di imprenderlo, si vollero remossi alcuni ostacoli imponenti, che si prevedeva si sarebbero incontrati nell’eseguirlo. Raccogliere nelle opere dei Giureconsulti autorizzati i frammenti più importanti, richiedeva norme direttive pei collettori, altrimenti essi sarebbero rimasti perplessi a quale opinione appigliarsi di fronte alla differente risoluzione data dai [p. 129 modifica]Giureconsulti consultati alle medesime questioni; ed i compilatori avrebbero versato nell’incertezza quali, fra le istituzioni giuridiche da quelli scrittori esornate, avessero da reputarsi antiquate. Per togliere queste dubbiezze Giustiniano, sulla proposta di Triboniano, emise successivamente in due anni (529, 530) 50 Costituzioni preliminari alla nuova opera già divisata, le quali Quinquaginta Decisiones, furono considerate come una Collezione separata.

(Pandette)

§. 184. Dopo avere per cotal modo spianata la via alla gigantesca impresa, Giustiniano nel 15 Dicembre dell’anno 530 incaricò Triboniano, allora divenuto quæstor sacri palatii, ed una commissione di 16 Giureconsulti (fra i quali 5 Ufficiali Superiori, 4 Professori di leggi, ed 11 Avvocati alla Corte giudiziaria del præfectus prætorio) sotto la di lui direzione, di fare degli estratti delle opere composte dai Giureconsulti più famosi, senza aver riguardo alla scuola cui avessero appartenuto, alla loro autorità tradizionale nell’insegnamento o nel foro, al valore accordato ai loro scritti da leggi anteriori; purchè appartenessero tutti alla categorìa dei Giureconsulti juris auctores, e di raccogliere quelli estratti in una Collezione. La Commissione doveva scegliere per i suoi estratti, quei lavori che avesse reputato più idonei a comporre un corpo di dottrina giuridica, spendibile nella pratica. Le era imposto di riunire in ordine sistematico il Diritto vigente, tralasciando quello antiquato; doveva evitare le ripetizioni, remuovere le antinomìe ossia le contradizioni, correggere le opinioni erronee abbenchè seguitate da molti o dai più, ed evitare di referire nuovamente le Costituzioni inserite nel Codice. In esecuzione di questo mandato assai largo, la Commissione scelse 2000 trattati composti da 39, o 40 Giureconsulti (i nomi dei quali furono pubblicati col titolo dei loro scritti in un indice, che nel manoscritto fiorentino è in fronte all’opera), ne fece una compilazione, riducendo, e se ne vantò, 3,000,000 di linee a 150,000. Sebbene in generale fossero trascritti [p. 130 modifica]letteralmente i passi delle opere poste a contribuzione: valendosi delle ampie facoltà accordatele da Giustiniano, la Commissione attribuì a qualche antico Giureconsulto dei testi che essa stessa aveva fabbricato, ed altri ne alterò, modificandoli. Cotali alterazioni vengono designate col titolo di Emblemata Triboniani. Questo immenso lavoro, a compiere il quale, la Commissione poteva impiegare 10 anni di tempo, fu da essa terminato in tre anni. Ed il 16 Dicembre 533 fu pubblicato (con la dichiarazione che avrebbe avuto forza di legge il 30 del mese stesso), sotto il titolo di Digesta o Pandectæ; Digesta, da dirigere in partes, dividere in parti e ordinare; Pandectæ voce derivante dal greco, e che nel suo significato etimologico esprime raccolta completa, che contiene tutto. L’opera fu divisa in 50 libri, e i libri suddivisi in titoli, (all’infuori dei libri 30, 31, 32 che non hanno suddivisione di titoli) i titoli sono suddivisi in frammenti o leggi, che hanno l’indicazione del nome del Giureconsulto e del nome dell’opera cui appartengono. Questi 50 libri sono poi raggruppati in sette parti, delle quali la prima contiene i primi 5 libri, la seconda i 7 seguenti, la terza dal libro 12.° al 19.°, la quarta dal 20.° al 27.°, la quinta dal 28.° al 36.°, la sesta dal 37° al 44.°, la settima dal 45.° al 50.°. Le materie in generale sono classate secondo l’ordine, adottato da Salvio Giuliano, nello Editto. Il Blume ha osservato che in ogni Titolo di ordinario si riscontrano tre distinte serie di estratti; la prima serie cortiene estratti dei Commentarj sopra Sabino, la seconda serie estratti dei Commentarj sull’Editto la terza estratti delle opere di Papiniano, e di alcune Monografie sopra istituzioni giuridiche recenti. Qualche volta l’ordine di queste serie è invertito, o mutato, ma esse sono sempre bene distinte (Vedi Hugo nella Themis T. III.)

§. 185. Nel 533, mentre ferveva il lavoro intorno al Digesto, Giustiniano incaricò Triboniano, Teofilo e Doroteo, questi ultimi due professori di diritto, l’uno a Costantinopoli l’altro a Berito, di comporre un opera elementare destinata a servire di istradamento alla gioventù negli studj giuridici. Quest’opera fu [p. 131 modifica]detta Institutiones, e fu modellata principalmente sulle Istituzioni di Gajo; ma per comporla, anche altri libri dello stesso genere e di diversi autori, furono consultati; vi furono inserite tutte le variazioni, che al Diritto Antico avevano arrecato le Costituzioni; fu divisa in 4 libri, ogni libro fu suddiviso in titoli, ogni titolo in paragrafi. Le Istituzioni hanno il doppio carattere di libro didascalico, giacchè furono compilate per l’insegnamento, e di legge, perchè di forza legislativa furono rivestite. Esse furono pubblicate il 24 Novembre 533, un mese avanti delle Pandette, ma divennero Legge il giorno stesso delle Pandette, cioè il 30 Dicembre 533.

§. 186. Con queste 4 opere, fu compiuta la Riforma della Legislazione. All’Jus fu sostituito il Digesto, alla Leges il Codice; e le Istituzioni furono di istradamento all’uno ed all’altro. Di queste tre nuove fonti di Legislazione, fu imposto lo studio nelle Scuole pubbliche di Diritto, che adesso erano solianto a Costantinopoli, a Roma, ed a Berito. In cinque anni dovevano compiersi gli studii giuridici. Il primo anno gli scolari, ora detti Justinianisti, dovevano studiare le Istituzioni, e la prima delle 7 parti, nelle quali erano stati divise le Pandette; il secondo anno, (e si chiamavano edictales, come in antico) studiavano la seconda parte delle Pandette, più alcuni libri staccati dalla terza e quinta parte. Nel terzo anno gli alunni (sotto il nome di Papinianisti) compivano lo studio della terza parte, e di porzione della quarta; nel quarto anno finivano di studiare la quarta parte; e si occupavano della quinta. Nell’ultimo anno leggevano da se la sesta e settima parte delle Pandette, e le Costituzioni Imperiali, senza bisogno di assistere alle recitazioni ed esposizioni dei Professori.

(Codex repetita Prælectionis)

§. 187. Frattanto era un lamento generale, che l’antico Codice dell’anno 529, non fosse più a livello dei progressi della Legislazione; ed in vero mancavano in esso le quinguaginta Decisiones, delle quali parlammo poco sopra, ed in molti punti discordava dalle Pandette e dalle Istituzioni, le quali con[p. 132 modifica] tenevano le più recenti variazioni, fatte nel Diritto per opera di alcune staccate Costituzioni di Giustiniano. Quindi l’Imperatore credè pecessario farne. una nuova edizione rivista, corretta ed aumentata (repetita prælectio). La cura ne fu affidata a Triboniano, ed a 4 collaboratori. Questa nuova edizione fu promulgata il 17 Novembre 534, fu chiarvata Codex Repetitæ Prælectionis, ed ebbe forza di Legge il 29 Decembre di quell’anno. Il Codice è diviso in 12 libri, ogni libro in titoli; ogni titolo racchiude più Costituzioni: queste, da Adriano fino a Costantino, sono per la maggior parte Rescritti; da Costantino a Giustiniano, sono Editti; ma anche quei rescritti hanno il carattere di legge generale. Tutte le Costituzioni sono disposte in ordine cronologico, e sono accompagnate dal nome dell’Imperatore. dal quale emanano, e dal nome della persona cui sono dirette. La data è in calce. La classazione delle materie è in generale quella delle Pandette, sebbepe nei suoi ultimi 3 libri il Codice contenga un maggior numero di argomenti. Fa meraviglia che nel compilarlo si dimenticassero di inserirvi alcune Costituzioni, l’esistenza delle quali ci è rivelata dalle Istituzioni.

§188. Dopo aver compiuto questi grandi lavori, l’Imperatore ordinò. che le tre Opere delle Istituzioni, Pandette, e Codice si considerassero come una opera sola, e come opera sua; e tutta insieme, la rivestì della sua imperiale sanzione. Tanto fidava nella diligenza e capacità delle persone cui aveva affidato cotali compilazioni, che Egli asserì, nelle medesime non esistere neppure una contradizione. Per impedire la possibilità di qualsivoglia alterazione nel loro disteso legale, vietò rigorosamente, che nel trascriverle, si facesse uso di abbreviature o di cifre. Come moltissimi legislatori, anche dei nostri tempi, si lusingò, che i suoi lavori dovessero porre argine ad un gran numero di controverse pratiche, e più a quelle teoriche; e per assicurare meglio ai medesimi questo resultato, ebbe ricorso al singolarissimo divieto, emesso in un modo rigoroso, che si scrivessero dei Commentarj sulle varie [p. 133 modifica]parti della sua grande Collezione, ne permise soltanto delle traduzioni letterali, e dei sommarj pei diversi titoli.

(Novelle)

§ 189. L’attività legislativa di Giustiniano non si quietò per tutto questo; anzi dall’anno 535 finò alla sua morte, che avvenne nel 565, pubblicò molte Costituzioni nuove, alcune delle quali relative all’amministrazione dello Stato ed a materie Ecclesiastiche, altre al Diritto Privato, in molte delle cui istituzioni arrecarono cambiamenti importanti. Quieste nuove Costituzioni fufono scrittè parte in Latino, e parte in Greco, e furono chiamate Novellæ Constitutiones o Novellæ. L’Imperatore non ne fece una raccolta officiale, ma i privati le riuniro, e poco dopo la sua morte fu fatta una Collezione di 168 novelle Greche, delle quali per altro, sole 154 sono di lui, le altre appartengono ai suoi successori Giustino II e Tiberio II.

§. 190. I cultori del Diritto Romano posteriori a Giustiniano, non riscontrarono la rigorosa uniformità e la corrispondenza dei principj giuridici in tutta la sua Legislazione, che Egli si lusingava di avere raggiunto. Trovarono invece non poche contradizioni, per conciliare le quali tentarono stabilire delle Regole. E fu detto, che in caso di cotali antimonìe si dovesse esaminare la data delle disposizioni inconciliabili, ed applicare la regola generale: che il Diritto posteriore deroga all’anteriore. Per questa regola, le Novelle debbono essere preferite al Codice, ed il Codice alle Pandette ed alle Istituzioni. Ma fra le Pandette e le Istituzioni, è difficile decidere quale di queste dide compilazioni debba meritare la preferenza, perchè l’Imperatore diede alle medesime, forza di legge nel giorno stesso. Tuttavia possiamo dire:

a) Che le Costituzioni dovranno essere preferite alle Pandette, quando resulti probabile che Giustiniano volesse mutare con le Istituzioni, una qualche disposizione già esistente nelle Pandette. [p. 134 modifica]

b) Che se nelle Istituzioni e nelle Pandette si trovino degli estratti dello stesso passo di un antico Giureconsulto, non uguali, talchè esista contradizione fra l’estratto che si legge in una di queste opere, e l’estratto che si legge nell’altra: si dovrà preferire quella Compilazione, che contiene l’estratto più esatto.

c) In caso di contradizione fra i passi di una stessa Compilazione come, verbigrazia se le Istituzioni in un luogo, contradicono alle Istituzioni stesse in luogo diverso: si dovrà osservare se in un luogo si tratti la questione ai termini del Gius antico, nell’altro del Gius nuovo; o se apparisca quale fra due disposizioni diverse fu preferita dai Compilatori, quale fu riferita soltanto, per indicare un opinione che essi non accettarono.

d) Non bastando queste norme, si dovrà preferire quella disposizione che i principj dell’analogia legale, e lo spirito della Legislazione Romana intiera, consigliano. Ma non aggiungeremo di più su quest’argomento, che appartiene all’Ermeneutica Legale, e non ad un Corso Elementare di Diritto Romano.