Istituzioni di diritto romano/Introduzione/Sezione III/Quarto periodo/Capitolo I

Quarto periodo - Capitolo I - Avvenimenti politici.

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Sezione III - Quarto periodo Quarto periodo - Capitolo II
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CAPITOLO I.

avvenimenti politici

§. 152. Quest’ultimo periodo della Storia del Diritto Romano, è il periodo della decadenza; la virilità cede alla decrepitezza; le istituzioni politiche, le leggi Civili, le Arti, le Scienze vanno in rovina; la barbarie si estende; essa, e sorge nell’interno dello Stato, e pur dall’esterno lo inonda; dentro, l’anarchia; ai confini i barbari, che tentano sottomettere gli antichi padroni del Mondo. Quattro sono i fatti più sporgenti del periodo attuale: a) La diffusione del Cristianesimo. b) La traslazione della Sede Imperiale a Costantinopoli c) La divisione dell’Impero Romano in Oriente ed Occidente d) L’invasione dei Barbari. Avvenimenti tutti importanti, non solamente pel Diritto, ma ancora per la Civiltà.

§. 153. Tre epoche possono distinguersi in questo periodo:

A) La Prima estendesi da Alessandro Severo fino a Costantino, sotto il cui reggimento, la Religione Cristiana diviene la Religione dello Stato, e la Sede Imperiale è trasferita a Bisanzio, d’allora in poi Costantinopoli.

B) La Seconda comincia da Costantino, e finisce con l’invasione dei Barbari.

C) La Terza da questa luttuosa catastrofe, giunge fino a Giustiniano, il Riformatore del Diritto Romano.

§. 154. Nella prima di queste epoche l’ordinamento politico, istituito nel periodo antecedente, prosegue sullo stesso piede; la Legislazione non subisce grandi mutamenti; soltanto la Scienza Giuridica volge a decadenza, mancandole illustri cultori. [p. 108 modifica]

§ 155. Da Alessandro Severo fino a Diocleziano, si succederono bene sedici Imperatori, i quali quasi tutti perirono di morte violenta. I pretoriani, divenuti, pel dispotismo militare arbitri del potere, lo ponevano per così dire all’incanto; a loro senno facendo e disfacendo gl’Imperatori. Quest’anarchia militare, questo abuso della forza, questo dispotismo opprimente cessarono sotto Diocleziano; un poco d’ordine ritornò allora nello Stato, se non chè il governo degenerò in una monarchia assoluta; le antiche magistrature repubblicane scomparvero anche di nome, cedendo il luogo ad impiegati Imperiali; la pompa ed i costumi Orientali invasero la Corte; fu aperta la via alla divisione dell’impero; in una parola, sotto Diocleziano fu cominciata l’opera, che Costantino poi condusse a termine.

§. 156 Costantino accrebbe l’influenza delle idee Asiatiche, con lo stabilire la sua residenza a Bisanzio, nuova Roma, governata come Roma, della quale godè i privilegj stessi. Il Diritto Privato meno del Pubblico ebbe da primo, a risentire gli effetti dei costumi e dei principj Orientali, essendo già un sistema compiuto, e solidamente stabilito; ma alla perfine anche esso dovè subire la medesima sorte. La lingua latina per qualche tempo rimase la lingua officiale nei Tribunali, latina essendo la Legislazione, latine le opere più famigerate, che su quella Legislazione erano state scritte. Un ostacolo all’invasione della barbarie Orientale, l’oppose la Religione Cristiana, prima tollerata, poi professata da Costantino; al Cristianesimo, a Roma, ai Pontefici deve l’Europa l’attuale sua civiltà. Costantino continuando e migliorando il sistema che Diocleziano aveva incominciato, volle profonda la separazione fra il potere militare ed il civile, cercò di uguagliare sempre più le condizioni di tutte le parti dell’Impero, riunì il potere in sua mano, rialzando la dignità Imperiale.

§. 157. Sotto il suo Regno l’Impero fu diviso in quattro parti, governate ciascheduna da un Prefetto del Pretorio. Ogni Prefetto aveva sotto il proprio Governo più Diocesi. 1. Il Prefetto d’Oriente, aveva le Diocesi di Asia, di Egitto, del Ponto e di Tracia 2. Il Prefetto d’Illiria, aveva sotto la sua depen[p. 109 modifica]denza la Macedonia e la Dacia 3. Il Prefetto d’Italia, l’Italia la Dalmazia, e la costa Settentrionale di Affrica 4 Il Prefetto delle Gallie, la Gallia, la Spagna, e la Gran Brettagna. Questa divisione era una semplice modificazione di quella già adottata da Diocleziano. Volle Costantino che ogni Diocesi fosse presieduta da dei Sotto Prefetti, chiamati Vicarii, ed in qualche luogo Proconsoli. Ogni Diocesi contenne più Provincie, governate da dei Consulares, Præsides, o Correctores. Il comando militare risiedeva in due capitani Supremi, detti Magistri Militum; l’uno capo della cavalleria (Magister equitum), l’altro della fanterìa (Magister peditum). Costantino, liberatosi successivamente dai suoi colleghi e rivali, dal 323 in poi tenne solo il trono fino alla sua morte, avvenuta nel 337. Gli succederono tre suoi figli Costantino, Costanzio e Costante; ma per la morte dei suoi fratelli, coi quali si era diviso l’Impero, Costanzio regnò solo fino al 361.

§. 158. Nell’anno 364, Valentiniano associossi all’Impero il proprio fratello Valente, ritenendo per se le due Prefetture Occidentali, ed al fratello affidando le Orientali. Teodosio I. riuscì a riunire nuovamente tutto l’Impero sotto il suo comando; ma quest’unione durò poco, perocchè morendo, i suoi figli divisero l’Oriente dall’Occidente, e da quest’epoca queste due parti rimasero distinte per sempre; soltanto per un momento le riunì Giustiniano. Ma questa distinzione in Oriente ed Occidente, non era una separazione che distruggesse l’unità dell’Impero; le leggi erano promulgate a nome dei due Imperatori, e la parte Orientale aveva sempre una certa preminenza sull’Occidentale.

§. 159. La Costituzione dell’Impero era monarchica assoluta. L’Imperatore era lo Stato, a suo senno faceva e disfaceva le leggi, nominava alle magistrature coloro che a se reputava più ligj; da prima veniva eletto alla morte del suo antecessore dai Pretoriani, o designato in vita dall’antecessore stesso; ma a poco a poco la monarchia divenne ereditaria. Non si reputava più necessaria una legge, per conferirgli il potere; tuttavolta l’installazione si faceva con grandi solennità; con mol[p. 110 modifica]ta pompa ora rivestito dell’abito imperiale, e nell’Oriente incoronato dai Patriarchi. Appena asceso al trono, emanava un manifesto diretto al Senato, col quale prometteva giusto e savio governo.

§ 160. Un Senato rimane in Roma, ed un Senato si istituisce a Costantinopoli, ma l’Assemblea Senatoria ha perduto pressochè tutte le sue politiche attribuzioni. Più che altro è un Consiglio Comunale, che dirige gli affari economici della città; qualche volta gli Imperatori lo consultano ancora, ma non per obbligo; sotto Leone il Filosofo, la sua cooperazione al Governo cessa affatto; rimane Tribunale Criminale, presieduto dal Prefetto della Città, e giudica i delitti sottoposti al suo esame dall’Imperatore.

§. 161. Il nome di Console, occorre sempre; un Console abita a Roma, ed uno a Costantinopoli. Questi Consoli sono eletti dagli Imperatori sulla proposizione del Senato, ed hanno come principale loro attribuzione, la facoltà di autenticare con la loro presenza, e cooperazione alcuni atti solenni, esempigrazia le manomissioni. Giustiniano tolse ai Consoli anche questo ufficio; nessun privato, da quell’Imperatore in poi, fu più Console; Console perpetuo divenne l’Imperatore.

§. 162. L’Imperatore delegava il suo potere a più Magistrati, che erano suoi ufficiali. Costoro ricevevano un salario; venivano nominati a tempo, ma l’Imperatore suoleva confermarli, quando non gli davano motivo di malcontento. Una rigorosa gerarchia, che era delitto il violare, fu stabilita per questi Impiegati; e l’almanacco di Corte, che si pubblicava ogni anno (laterculus, commentarius principis), conteneva l’elenco di essi. In primo luogo venivano gli Illustrissimi o Nobilissimi; godevano di questo titolo di dignità i membri della famiglia Imperiale, e quei personaggi eminenti, cui il principe per onore avevalo conferito. Ad essi tenevano dietro i Patricii excelsi viri, sublimis honor; così chiamavansi persone rivestite di una nobiltà personale dall’Imperatore, in ricompensa dei servigj prestati nello esercizio degli ufficj più dignitosi. In [p. 111 modifica]seguito venivano gli Illustres, gli Spectabiles, i Clarissimi, e poi i Perfecissimi e gli Egregii.

A) Fra gli Illustres annoveransi: 1. I Præfecti Pretorio, o capi delle Prefetture nelle quali era diviso l’Impero. Privati da Costantino di qualunque potere militare, nella respettiva Provincia rappresentavano l’Imperatore; promulgavano le leggi Imperiali, facevano Editti generali aventi quasi forza di legge; repartivano le Imposizioni, e ne curavano la esazione; sorvegliavano i Governatori delle Provincie, e li giudicavano ancora, sospendendoli provvisoriamente nell’esercizio delle loro funzioni; sentenziavano in appello, ed in ultima istanza, e dai loro giudicati, non si poteva se non che ricorrere in via di grazia all’Imperatore. Variò il loro numero, col numero delle Prefetture. 2. I Prefetti della Città uno a Roma, l’altro a Costantinopoli, avevano attribuzioni analoghe a quelle, che vedemmo essere loro proprie nel periodo antecedente. Governatore supremo, il Prefetto della Città aveva sotto la sua dipendenza tutti i magistrati; capo della polizia, provvedeva alla pubblica tranquillità; si occupava dell’approvvigionamento, degli edifizj pubblici, di Roma o di Costantinopoli. Giudicava in seconda istanza, ma dalle sue sentenze era appello all’Imperatore. La giurisdizione del Prefetto di Roma si estendeva su questa città, e cento miglia attorno; quella del Prefetto di Costantinopoli, sopra la città. 3. I magistri militum, generalissimi degli Eserciti, ebbero giurisdizione sì civile che criminale sui militari; da primo furono due soltanto, l’uno per la cavalleria, l’altro per la fanteria; poi il loro numero aumentò, ed ebbero indistintamente il comando di fanti e di cavalli. 4. Molte cariche di palazzo attribuivano la dignità di Illustris a chi le cuopriva; come p. e. quella di Quæstor sacri palatii, specie di Ministro Guarda Sigilli per le cui mani passavano tutte le leggi, la proposta e la risoluzione delle petizioni fatte all’Imperatore, le quali cose tutte autenticava con la sua firma; e quella di Magister officiorum, ossia Gran Maggiordomo o soprintendente di Corte, cui spettava oltre che la sorveglianza e la direzione di tutta la servitù di palazzo, e delle cerimonie di Corte, ancora l’amministra[p. 112 modifica]ziono dello Poste, e del materiale da guerra. Illustres erano eziandìo, il Comes sacrarum largitionum, gran Tesoriere Imperiale, il Comes rerum privatarum o Amministratore dei beni privati Imperiali; il Præpositus Sacri Cubiculi o gran Ciamberlano, i Comites domesticorum o Capi della guardia del corpo.

B) Alla Classe degli Spectabiles appartenevano i capi dei quattro Dicasteri, o Spartimenti della Cancellerìa Imperiale (Scrinia o officia); e siccome vi era uno scrinium memoriæ, uno epistolarum, uno libellorum, ed uno dispositionum, i capi di questi dicasteri dicevansi: magistri scrinionum memoriæ, epistolarum, libellorum, dispositionum. Di siffatta classe degli Spectabiles erano pure, il capo della Cancelleria Imperiale (Primicerius Notariorum consistorii principis); i Comites rei militari, che erano sottoposti immediati dei Magistri militum; i Duces, sottoposti dei Comites; i Proconsules di Asia, di Acaja e di Affrica, governatori di quelle Provincie e giudici nelle medesime; i Vicarii, capi delle diverse Diocesi; il Prefetto Augustalis di Egitto; ed il Comes Orientis, o prefetto della Diocesi d’Oriente, Governatori, questi due ultimi, che nel nome si distinguevano dagli altri; finalmente i Castrenses Sacri palatii.

C) Nella Classe dei Clarissimi erano i Consulares, i Correctores, ed i Præsides, nomi diversi delle persone che governavano le diverse Provincie, che appunto in certe Provincie avevano il titolo di Consolari, in altre si chiamavano Presidi, ed in alcune poche Correttori. Clarissimi erano anco i Senatori, anzi avevano il primo posto fra questi. Senatori erano i più ricchi possidenti dell’Italia e delle Provincie; a proprie spese, insieme coi Consoli, (i quali avevano il titolo di Excellentissimi) dovevano dare delle feste e degli spettacoli al pubblico. I figli dei Senatori erano tali di Diritto; Senatori divenivano i Consulares, gli Spectabiles, e gli Illustres.

D) Perfettissimi si chiamavano i pubblici ufficiali subalterni. Alcuni Presidi di Provincie meno importanti, ebbero questo titolo, come i Præsides, Arabiæ et Isauriæ, il Præses Dalmatiæ; il Præfectus Vigilum, il Præfectus Annonæ etc, lo rivestirono anche essi. [p. 113 modifica]

E) Ultimi di tutti vengono gli Egregii; era questo l’infimo gradino della gerarchia.

§ 163. Il Consistorium principis, già istituito da Augusto, ha in questo periodo grande importanza. Riveste il doppio carattere di Consulta o Consiglio di Stato, e di Corte giudiciaria: per causa di quest’ultima funzione, ha pure il nome di Auditorium Principis. Si compone dei primi impiegati dello Stato, di Consiglieri chiamati Comites Consistoriani, e di Notari facenti funzione di Cancellieri, sotto la direzione del loro Primicerius. Ma anderemmo troppo in lungo, ove ci volessimo diffondere a dare più estese notizie su tutti i pubblici ufficiali, sia civili, sia militari, sia di palazzo, che esistevano in questa epoca. Laonde rimanderemo chi fosse vago di questa erudizione, alla Notitia Dignilatum et administrationum omnium, tam civilium quam militarium in partibus Orientis et Occidentis (specie di almanacco Imperiale del Secolo quinto, di autore sconosciuto, e che fu commentato dal Pancirolo) ed allo opere di Gutherius, de Officio Domus Augustæ, e di Lydus de Magistratibus.

§. 164. Divenuto il Cristianesimo la Religione dello Stato, il Clero ebbe parte nell’amministrazione della Giustizia. Costantino, edificato dei modo laudabile col quale i Vescovi esercitavano lo ufficio di arbitri fra i fedeli, diede loro una giurisdizione vera e propria. Volle che dalle loro Sentenze definitive non fosse appello nè ricorso; che venissero eseguite dalle autorità temporali, che ogni persona implicata in una lite, in qualunque momento della procedura potesse convolare al Tribunale Ecclesiastico, anche senza bisogno di compromesso con la parte avversa. Queste disposizioni furono revocate dai successivi Imperatori; ma Arcadio ed Onorio ordinarono che i Vescovi nella loro Audientia Episcopalis, avessero facoltà di giudicare nelle cose Civili, quando dalle parti litiganti mediante un Compromesso, venisse accettata la loro giurisdizione; che avessero sempre competenza a decidere de religione, ossia sopra i trascorsi religiosi; e sui negozj giuridici, non che sui delitti degli Ecclesiastici. [p. 114 modifica]

§. 105. Poche parole adesso, sull’

Amministrazione dell’Impero

Da Costantino in poi, Roma e Costantinopoli sono le due Metropoli, che si reggono con uguali ordinamenti. Ambedue a capo del Governo hanno un Prefetto della Città; la Polizia subalterna è in mano del Præfectus Vigilum, che giudica delle trasgressioni relative alla medesima. Tutti i provvedimenti relativi al trasporto ed al buon mercato dei commestibili, spettano al Præfectus annonæ, sotto la direzione del Prefetto della Città. Le provincie sono obbligate a pagare una contribuzione in Cereali, per sopperire ai bisogni delle due Città (Canon frumentarius). Roma traeva il suo Canone dall’Affrica, Costantinopoli dall’Egitto; un Prefetto in Cartagine ed un altro in Alessandria, sorvegliavano la puntualità della esazione e delle spedizioni. L’Italia sul termine del periodo antecedente, aveva perduto quasi tutti i suoi privilegj, ed era amministrata alla pari delle altre Provincie; sottoposta come esse al pagamento delle imposizioni prediali, l’jus italicum rimaneva una finzione legale, con la quale si esoneravano da queste alcune Città. Il dominio Romano o Quiritario, non era più un privilegio del suolo Italico; Giustiniano lo estese a tutte le Provincie dell’Impero. Il Regime Municipale fu applicato a tutte le Città. In ognuna era un Consiglio Comunale (Ordo Decurionum o Curia), presieduto da due Magistrati detti Duumviri. La dignità di membri della Curia (Decuriones o Curiales) fu sfuggita, perchè portava spese ingenti e grave responsabilità. Erano infatti i Decurioni responsabili del pagamento delle imposizioni, e dovevano fare a loro spese feste pubbliche, e ricchi regali all’Imperatore ed ai suoi ufficiali; per sicurtà della loro solventezza, era loro impedito di alienare i proprj beni immobili; quando morivano senza eredi, la Curia succedeva nella loro eredità. È probabile che ai tempi di Giustiniano, i Decurioni non avessero più giurisdizione contenziosa, ma soltanto volontaria, e che la contenziosa fosse passata negli impiegati Imperiali; almeno nei libri Giustinianei non si fa menzione di que[p. 115 modifica]sta ultima, come propria di loro. L’amministrazione dei beni appartenenti al Comune, spettava al Pater o Curator civitatis, che rivestiva la più onorifica fra le altre dignità municipali. Eletto prima dall’Imperatore, dopo Giustiniano lo fu dal Vescovo insieme coi possidenti più doviziosi e coi maggiorenti. La Costituzione civica fu nel quarto secolo arricchita da un altro impiego, quello dei Defensores Civitatum o Plebis. Costoro dovevano proteggere i loro concittadini dalle concussioni dei Governatori, e degli esattori delle imposizioni. Erano scelti tra gli abitanti del Municipio, senza bisogno che fossero Decurioni; erano confermati dall’Imperatore o dal Prefetto del Pretorio; duravano in officio, prima 5, più tardi 2 anni. Ebbero competenze criminali limitate, e giurisdizione civile, per gli affari di un merito non superiore ai 300 Scudi di oro. Ancora si riscontra in questa epoca, un simulacro di ordinamento provinciale; i Notabili di una Provincia, ed anche di una Diocesi, hanno il diritto di adunarsi (concilia) per discutere dei bisogni del paese, e farli conoscere all’Imperatore, previo per altro il permesso del Prefetto del Pretorio.