Istituzioni di diritto romano/Introduzione/Sezione I/Titolo I
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I.° La Legge
§ 9. La Legge è un precetto emanato dal potere legislativo nello stato, precetto al quale i sudditi debbono obbedire.
Le Leggi compongono il Diritto positivo, che chiamano Scritto.
A volere che la legge obblighi è necessario, che nella medesima concorrano questi tre estremi.
a) Potestà in chi l’emana. In chi risieda la potestà legislativa; in quali circostanze, e con quali regole debba essere esercitata: sono queste questioni, la risoluzione delle quali dipende dalla costituzione speciale di ogni Stato, questioni che appartengono al Diritto Pubblico Interno, e però fuori del nostro campo.
Solamente diremo, che il potere legislativo è parte sostanziale della Sovranità.
b) Forme solenni debbono accompagnare la pubblicazione di una legge, perchè i sudditi possano conoscere con certezza che la legge pubblicata deriva dalla volontà sovrana. Tali forme solenni sono p. e. la firma del Sovrano, quella dei Ministri, i loro suggelli ec.
c) Promulgazione. Affinchè la legge obblighi, deve essere portata a cognizione pubblica. Il solo volere interno del potere Sovrano, come quello che non può essere conosciuto, non è legge, non ha di legge l’efficacia e la forza. L’atto col quale in uno stato l’autorità Sovrana o Legislativa, che dire si voglia, rende pubblica una legge, ossia la porta a cognizione di tutti, dicesi Promulgazione. Varj possono essere i mezzi coi quali la legge è promulgata, e variano a seconda dei luoghi e dei tempi. La scrittura era presso i Romani il modo più frequente e consueto di promulgazione; ma non l’unico, come chiaro apparisce dalla etimologia della voce Edictum, la quale significa ciò che è detto, ciò che è pronunziato o articolato apertamente fra tutti.
Oggi presso tutti i popoli civili si suole adoprare la stampa e l’affissione, o la inserzione nei giornali ufficiali. Un tempo si usava far leggere o gridare le leggi da un pubblico banditore, onde il nome di Grida o Bandi, che vediamo adoperato a significare molte disposizioni Legislative. Ma qualunque sia il mezzo col quale la legge viene promulgata, quello che importa si è, che quel mezzo consista in atti sensibili, sufficienti a recare nel popolo la notizia della legge. Alla promulgazione della legge non può supplirsi per alcuna finzione Legale.
§. 10. L’efficacia della legge comincia immediatamente dopo la sua promulgazione, ammenochè il legislatore stesso non abbia dichiarato, che debba avere forza da un termine più remoto.
La legge acquistando forza solo dal momento della sua promulgazione, regola unicamente il futuro. Non ha effetto retro attivo. Il passato non è più, e le sfugge; ed il presente diviene passato, solo che ci fermiamo a considerarlo.
Giustiniano con la Novella 66, in materia testamentaria, aveva fissato, che la legge cominciasse ad aver forza solamente due mesi dopo la promulgazione, quando la legge stessa non stabilisse una epoca diversa. Questa disposizione, che fu generalizzata da alcuni interpreti del Diritto Romano ed estesa a qualunque maniera di legge, è considerata oggimai come abrogata dall’uso contrario.
Gli atti, i fatti che hanno avuto il loro compimento, non possono da una legge sopravvenuta essere impediti nei loro effetti legittimi. Quando hanno prodotto un diritto, quando taluno ha quel diritto acquistato, la legge non potrebbe distruggerlo senza contradire alla sua missione che è di dichiarare, di sanzionare, di proteggere i diritti, non di distruggerli (Vedi Del Rosso Diritto Romano privato attuale)
Nè importa che dei diritti acquistati sia giunto il tempo dell’esercizio. I diritti già acquistati, sebbene non sia ancora giunto il tempo del loro esercizio, non possono essere distrutti dalla applicazione di una nuova legge (Vedi Puchta Ist. tit. 1 §. XVIII.) È dunque da osservare all’epoca dell’acquisto del diritto, e non a quella dell’esercizio del medesimo.
§. 11. I fatti pendenti e non compiuti, che per non essere compiuti non hanno prodotto un diritto, possono per una legge mancare di quello effetto che se ne sperava; perchè un fatto incompiuto o pendente che dir si voglia, non è un factum praeteritum, e la legge regolandolo non agisce sul passato.
La legge adunque non può agire sul passato, poichè non è nel suo naturale potere; non sugli effetti del passato o sui diritti già nati, poichè è dannoso ed iniquo e contrario all’indole della legge togliere ad alcuno i diritti acquistati. Ma la legge può ordinare nuove formalità, stabilire nuove garanzie per i fatti e gli atti passati, purchè questi nuovi ordinamenti non abbiano azione sul passato, e sugli effetti del passato.
§. 12. La legge obbliga pel solo fatto della sua regolare esistenza, senza riguardo alla sua giustizia, o ingiustizia intrinseca. Non è necessario dimostrare la ragionevolezza della legge per esigerne l’adempimento; perchè la efficacia della legge positiva non deriva dalla ragione; ma dalla potestà del legislatore.
§. 13. La legge ha vigore, finchè non viene abolita. L’abolizione di una legge è un atto di potere, che può essere esercitato unicamente dal Legislatore. Affinchè una legge possa dirsi abolita, è necessario che resulti evidente ed indubitata la volontà del legislatore di abolirla; e cosiffatta volontà non può presumersi. Questa volontà del legislatore può apparire non tanto dalle parole, quanto dal fatto.
Apparisce dal fatto:
1. Per la promulgazione di una nuova legge incompatibile con quella anteriore. La legge posteriore deroga all’anteriore, Lex posterior derogat priori, se è con quella incompatibile, e fino al punto che è con quella incompatibile. La legge nuova speciale, deroga all’antica legge generale (In toto jure generi per speciem derogatur) ma solamente nel caso pel quale ha nuovamente disposto, perchè per esso solo esiste contradizione fra l’antica e la nuova.
2. La Consuetudine contraria alla legge, abolisce la legge come, (fra poco lo diremo) può supplire alla medesima. Allorchè generalmente nella Società, sotto gli occhi del Legislatore per un tempo notabile, con atti ripetuti e costanti, si è introdotto un uso contrario alla legge, è inescogitabile che il Legislatore veda la continua violazione della medesima, e taccia e stia inoperoso, senza avere la volontà, che quella legge non abbia più forza.
3. Allorquando è cessata la causa, per la quale la legge fu fatta, ed è cessata sicuramente, perpetuamente, universalmente, si deve ritenere che la volontà del legislatore le abbia tolto qualunque efficacia. Cessante ratione legis, cessat et ipsa lex. Infatti mancando il fine pel quale una legge è promulgata, non può supporsi che il Legislatore la voglia tuttavia in vigore.
§. 14. La legge è un precetto comune obbligatorio per tutti i sudditi di uno Stato. Vi sono per altro leggi fatte unicamente a riguardo di una persona o di un ordine di persone, per vantaggiarle di diritti non concessi a tutti i sudditi, o per francarle da alcune obbligazioni imposte alle altre. Le leggi di questo genere si dicono privilegj, quasi leggi private.
È dell’essenza dei privilegj di essere suscettibili di una applicazione ripetuta. Ciò li differenzia dalle disposizioni, che sospendono l’applicazione di una legge in caso speciale, e che diconsi concessioni, dispense.
§. 15. Dai privilegj fa d’uopo distinguere il Gius singolare. Si dice Gius singolare quel temperamento al rigore dei principj generali, pel quale la legge o concede un diritto speciale, o mitiga una obbligazione a favore di tutti quelli che si trovano in una certa condizione di affari, o in certo stato personale, od in certa causa, per cui cessa la ragione della legge generate, e prevale una ragione di utilità più forte. Sono di questo genere le disposizioni a favore del sesso, dell’età, dei militari ec. Il Gius singolare stabilisce adunque dei principj, che si allontanano dal Gius comune, e che sono applicabili a tutti coloro che si trovano in certe condizioni.
§. 16. Se fa di mestieri per l’applicazione di quei principj, che la persona interessata ad ottenerla la invochi, assumono il nome di benefizj della legge, come quello della competenza, il benefizio dell’ordine, della escussione ec.
§. 17. La legge si estende sui luoghi, cui presiede il potere legislativo dal quale emana, ed in questi agisce:
a) Sugli uomini; b) sulle cose; c) sugli atti.
a) Gli Uomini di un luogo dominato dalla legge, ricevono da essa la loro personalità giuridica, cioè la capacità loro allo esercizio dei diritti. Ovunque si trasferiscano, senza animo di rimanervi, portano seco la capacità, o personalità giuridica che avevano. Inabili, sottoposti in patria, continuano ad esserlo fuori. Quindi è che dalle leggi di origine o di domicilio, viene stabilita la capacità agli atti della vita civile. Le leggi personali (Statuto personate) accompagnano la persona in ogni luogo essa vada, senza animo di mutare domicilio.
b) Le cose soggiacciono all’azione della legge che vige nel luogo ove sono situate, ed ove il proprietario ha destinato che stieno stabilmente. Quelle mobili si presumono destinate a stare ove il proprietario ha il suo domicilio.
c) Gli atti sono sotto la tutela delle leggi, che vigono nel luogo nel quale sono posti in essere: Locus regit actum. I contratti, i testamenti si ordinano e si compongono secondo le forme e solennità del paese, nel quale si fanno.
Il luogo dirige l’atto, ma quanto alle sue forme esteriori soltanto, ed alle sue solennità. Perchè la capacita delle persone, che fanno quell’atto si regola sempre secondo le leggi del loro domicilio o della loro origine, (leggi personali o statuto personale) e la sorte delle cose e la loro alienazione o disposizione, si regola secondo le leggi, le quali vigono nel luogo ove sono situate (leggi reali o statuto reale) o si presumono situate.