Ircana in Julfa/Lettera di dedica

Lettera di dedica

../ ../L'autore a chi legge IncludiIntestazione 14 giugno 2023 75% Da definire

Ircana in Julfa L'autore a chi legge

[p. 323 modifica]

A SUA ECCELLENZA

LA SIGNORA CONTESSA

MARINA SAVORGNANI

NATA CANAL.

T
UTTI quelli, NOBILISSIMA DAMA, chevedrarmo impresso su questi Fogli il Generalissimo Nome Vostro1, si aspetteranno di leggere diffusi2 elogi al Vostro sangue, al Vostro merito, ed alle Vostre eccelse virtù. Sanno, che io mi pregio di dir il vero; che vado in traccia delle occasioni di tesser lodi senza il miserabile aiuto dell’adulazione; che indirizzandomi a Voi, mi apro spazioso campo per comparire eloquente con poco studio, mercè gl’innumerabili pregi Vostri; onde da così giusti motivi la loro espettazione deriva. Ma non ravvisano poi costoro, quanto sia malagevole impresa dare aspetto di novità a quelle cose, che si conoscono comunemente; e che io tanto non saprei lodarvi, quanto il Mondo per ogni parte vi loda. Si sa che nata siete da una Famiglia antichissima della primaria Veneta Nobiltà, che nei Governi Militari e Politici ha dato saggio mai sempre di valore esimio, e di regolata prudenza. Si sa che il Cielo vi ha vincolata con pari nodo, degno del Vostro Sangue e del Vostro grado. L’illustre Ceppo de’ SAVORGNANI, posseduta sino da’ primi Secoli con titolo di Duchea la Corintia, si trapiantò nel Friuli, ove tra i Feudi della Famiglia gode gli onori della Contea l’Eccellentissimo Signor Conte Carlo degnissimo vostro Sposo; e quelli del Marchesato l’Eccellentissimo Signor Marchese Antonio vostro Cognato. Fino dal Secolo XIII fu questa eccelsa Famiglia aggregata per merito alla Veneta Nobiltà, e in ogni tempo ha posseduto cariche [p. 324 modifica]illustri, dignità eccelse, e in questi giorni medesimi quattro Fratelli, che vivono, sono tutti egualmente della veste Senatoria condecorati3. Eccomi provveduto di ricca messe, onde principiare le laudi di una gran Dama da quelle di due Famiglie degnissime di Poema e d’Istoria. Ma quando compiuto avessi un volume delle glorie di questi eccelsi Casati, quando avessi esaltata l’antichità dell’origine, la purezza del sangue, l’abbondanza delle ricchezze, il merito dei pubblici commendati servigi, gli onori dal Principe riportati, gli uomini illustri in armi, in lettere, in santità di costumi; quando ad uno ad uno descrivere io sapessi gl’illustri Eroi dei CANALI, e dei SAVORGNANI, per indi poi, come sogliono i lodatori, trarne argomento di maggior gloria per quel che lodano, avrei bensì principiato a soddisfare le brame degli ammiratori del Vostro merito, ma non avrei per questo toccato il punto, che assai più gl’interessa, e che li fa scorrere con avidità questo mìo umilissimo Foglio. Quel che aspettano di ritrovarvi, quel che pretendono che abbondantemente da me si dica e s’innalzi, precisamente consiste nel Vostro merito personale. Qui mi vogliono, a questo passo mi attendono, e di udir cose grandi sono eglino prevenuti. Ma questa gran prevenzione è quella appunto, che mi fa temere. Veggonsi le cose ordinariamente dalla soverchia espettazione infiacchite. Un bell’argomento innamora; tutti aspettano, che l’arie del Poeta vi corrisponda, ma ciascheduno si ha figurata un’idea particolare sull’argomento medesimo, e in forza della prevenzione non trova l’opera di suo piacere. Tal’è, Nobilissima Dama, l’avventura ch’io dubito nel ragionare di Voi. Troppo è prevenuto il Mondo del Vostro merito, e della Vostra virtù; e quanto è più nobile l’argomento, tanto più aspettano, e tanto meno mi trovo in grado di soddisfarli.

Potrà, se non altro, (giacche i miei Libri girano in varie parti del Mondo) dar un’idea della Vostra mente e del Vostro cuore alle persone straniere, ma siete dalle più colte Nazioni assai conosciuta; poichè qua Forastieri, che vengono qui invitati dalla [p. 325 modifica]magnificenza di questa Reggia del Mare, cercano di conoscervi, e di trattarvi, e confessano che Voi siete uno degli ornamenti di questa Patria Gloriosa.

Ma su via, (pare che uno imperiosamente mi dica) narrali, se li sai, i pregi di questa gran Dama. Scommetto, che a te son noti meno degli altri. Siete soliti voi Poeti voler mostrare di saper tutto; e molte volte trovandovi in procinto di scomparire, avete l’arte di rivolgervi a cose equivoche, e generali. Come parlar t’impegni delle di Lei sublimi virtù, se appena tu la conosci, e ad Essa appena sei noto?

Risponderei in primo luogo a chi in tal maniera mi volesse mettere al punto, che io non ho intrapreso di vergar questo Foglio per formar panegirico agl’infiniti meriti di sì gran Dama; ma per inchinarmi ad Essa soltanto, e mettermi a’ di Lei piedi, e presentarle umilmente IRCANA, e porla sotto i gloriosi auspici della di Lei protezione. Potrei aggiugnere, che se aspirassi alla gloria di tesser lodi al suo Nome, nè io avrei valor bastante per il grand’uopo, nè l’esemplare moderazione della Virtuosa Dama mi permetterebbe di farlo.

Per altro, circa al conoscerla, vero è ch’io non ho la fortuna di annoverarmi fra il lungo stuolo degli attuali suoi Servidori; che poche volte mi è riuscito esserle davvicino; ma poco basta per confrontare la verità dei pubblici elogi, e della Fama che universalmente la esalta.

Ebbi l’onore di vederla più d’una volta in Casa di Sua Eccellenza la Signora Donna Faustina Principessa Rezzonico di lei Figliuola, allora quando con tanto giubbilo e con tanta magnificenza si festeggiò regalmente l’esaltazione al Pontificato di Sua Santità CLEMENTE XIII, Zio dell’Eccellentissimo Signor Cavaliere Don Lodovico Principe Rezzonico, Genero Suo per ogni parte pregevolissimo4. La vidi colà nuovamente nell’altra fortunata [p. 326 modifica]occasione in cui la Pubblica munificenza donò la Veste Procuratoria a Sua Eccellenza il Signor Principe Don Aurelio Rezzonico fratello di Sua Santità5; e siccome le congiunture non potevano essere più brillanti; ebbi agio di confermare in me medesimo il concetto ch’avevane per il comun grido formato. Circa l’esser io da lei conosciuto, so benissimo ch’Ella sa che in questo Mondo ci sono, che ascolta con sofferenza le mie Commedie; e quantunque abbia Ella tutto quel discernimento, che una mente illuminata può concepire, se non le loda, almeno le compatisce. Ella ha benignamente in ogni occasione trattate le opere della mia penna. Non ha privato della sua autorevole approvazione il mio Poema dello SPIRITO SANTO6 nell’assunzione al Trono del Regnante PONTEFICE; non ha sgradito quell’altro della MASCHERATA7 per le felicissime Nozze della virtuosa Dama di Lei Figliuola suddetta; in somma tanto Ella ha contezza di me, e tanto della Sua benignità sono certo, che ardisco alla di Lei protezione una mia Commedia, e me medesimo ossequiosamente raccomandare.

Se io taccio dunque i pregi Vostri, NOBILISSIMA DAMA, non è che io ne sia ignaro; ma alla cognizione di essi, e al desio di parlarne, e alla espetiazione dei leggitori si oppone un altro dovere, cioè il timore di dispiacervi, schierando in mostra su questi fogli le innumerevoli Vostre Virtù. In fatti a che servono i grandi elogi? O parlano delle Virtù conosciute, e sono inutili, perchè esaltate; o parlano di Virtù incognite, e sono di adulazione sospetti. Qual lustro maggiore acquisterebbe dalla mia penna la Vostra gloria, qualora esaltar volessi la Vostra mente felice, con cui ai [p. 327 modifica]migliori studj applicata fate onore a Voi stessa, al Vostro sesso, alla Vostra Patria ed all’Italia medesima? Che pro ne riporterebbe la Vostra bontà di cuore, la regolatezza de’ Vostri pensieri, la dolcezza del Vostro costume, la gentilezza del tratto, la cortesia, la generosità, la saviezza, e cento altre ammirabili vostre prerogative, se a ciascuna di esse cercassi di corrispondere con pari lode, e con adequata energia di parole? Mi acquisterei un demerito presso l’E. V. mostrando di non conoscere la Vostra esimia moderazione, ed un rimprovero dall’universale, che nulla troverebbe di nuovo ne’ miei elogi, inferiori sempre alla Fama, che di Voi parla all’orecchio non meno che al cuore delle persone. Una sola ragione mi ha mosso a scrivere questo Foglio. L’avrà l’E. V. per incidente compresa. Venni per consacrarle umilmente una mia Commedia; per supplicarla di volerla degnare dell’altissima sua protezione, e per protestarmi ossequiosamente

Di V. E.

Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Servidore
Carlo Goldoni.



Note

  1. La presente lettera di dedica uscì in testa alla Ircana in Julfa nella prima stampa della commedia, cioè nel tomo V del Nuovo Teatro Comico dell’Aoo. Carlo Goldoni ecc., edito a Venezia, presso Franc. Pitteri, nel novembre del 1758.
  2. Nel testo è stampato: difusi.
  3. Allude ai senatori Antonio, Zuanne o Zan (Giovanni) Carlo, Ferrigo e Costantino. Due altri fratelli di questa feconda famiglia erano filippini, ossia preti dell’Oratorio, Zuanne (Giovanni) a Urbano (n. 1704, m. a Bologna 1777); e due sorelle erano spose. Maria a Teresa.
  4. Per queste feste si leggano principalmente i famosi Notatorj di Piero Gradenigo, presso il Civico Museo Correr, nel mese di luglio 1758, dal giorno 8 in poi; e si veda A. Moschetti, Venezia e la elezione di Clemente XIII, in Miscellanea R. Deputaz. Storia Patria, Venezia, 1890. A Lodovico Rezzonico (n. 1726) aveva dedicato il Goldoni nel ’57 la Cameriera brillante (vedi vol. X della presente edizione): fu fatto Cavaliere ai 18 luglio 1758.
  5. Nato da G. B. Rezzonico e da Vittoria Barbarigo ai 12 gennaio 1691, fratello maggiore di Carlo (che fu poi papa Clemente XIII, n. 7 marzo 1693), sposò nel 1721 la ”soavissima”, come dice il cronista Gradenigo, Anna Zustinian, da cui ebbe più figli: Carlo che fu poi cardinale, Lodovico, già detto, Gio. Battista, Abbondio che fu Senatore di Roma, e Quintilia, sposa a Lod. Widman (v. dedica della Bottega del caffè, vol. IV presente ed.). Ai 18 luglio del 1758 fu nominato Cavaliere e Procuratore di S. Marco, ma il suo ingresso ai 20 ag. ’59 fu sospeso, perchè voleva presentarsi, come fu vociferato, col camauro e le chiavi pontificali sulla stola (v. Notatorj Gradenigo). Morì di colpo apoplettico ai 15 nov. 1759 (v. Notatorj).
  6. Vedasi volume XII della presente ed., pag. 427 (dedica delle Donne de casa soao); e Spinelli, Bibliografia Goldoniana, Milano, 1884, pp. 238-9.
  7. Vedasi Spinelli, l. c., pag. 238 a Nota storica, in fine della presente commedia.