In risaia/XXV
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XXV.
La prima domenica di dicembre, alla messa cantata, la moglie del salumaio di Trecate, che era una giovine sposa, comparve in chiesa con un magnifico spillo d’argento in filigrana puntato nel velo. Figurava un ramo di gelsomini, ed era montato sopra un gambo a spirale, di modo che tremava ad ogni movimento del capo. Fu una grande agitazione fra le donne. L’angelo che portò al Padre Eterno il resoconto di quella messa, ebbe a riferire una quantità di distrazioni e peccati di desiderio. Il nono comandamento pesò quel giorno sulla coscienza di tutte le donne, dai quindici anni ai cinquanta. Tutte avevano desiderato lo spillo della salumaia.
La sera nella stalla, non si parlò d’altro. Pietro non c’era. Aveva dovuto partire nel pomeriggio della domenica per giungere la mattina del lunedì a prendere un grosso carico di materiali da fabbrica, da condurre alla chiesa di Galliate, che allora era in costruzione, e che più tardi crollò, prima d’esser finita.
Gaudenzio c’era, l’immancabile. Lui pure aveva osservato lo spillo, ed anche la salumaia, che, in quanto a grassezza, non aveva nulla da invidiare ai generi del suo commercio. Trovava che quello spillo, tremolante come una gelatina, le stava molto bene.
— Che gioia di marito dev’essere quel salumaio! esclamò la Rosetta. Se Pietro mi regalasse uno spillo così, lo mangerei a baci.
— Pietro non può fare simili spese, disse la Maddalena.
— Quanto può costare quello spillo? domandò Gaudenzio.
— Da quindici a venti lire.
— Eh! un uomo che vuol bene davvero ad una donna non bada a venti, ed anche a cinquanta lire, per accontentarla.
Gaudenzio sparò questa bomba di generosità guardando fisso la Rosetta negli occhi come per dire: “Io sarei capace di spendere cinquanta lire per voi.”
Era il suo solito bisogno di mettere i punti sugli i. E li mise troppo chiari. La Nanna capì. Ed anche la Lucia, nella sua semplicità, comprese che in quello sguardo c’era un commento al discorso.
Ma lei, povera bimba, non pensava che il commento potesse riguardare personalmente la Rosetta, che aveva già marito. Uno sguardo d’amore e d’intelligenza rivolto a sua sorella doveva alludere a lei. Gaudenzio le faceva un po’ la corte, e faceva la corte alla Rosetta perchè combinasse un matrimonio fra loro. Così aveva inteso onestamente le cose quella testina di sedici anni. Per lei era come se avesse udito Gaudenzio dire alla Rosetta:
— Io lo pagherei anche cinquanta lire lo spillo per la vostra sorellina.
Nell’uscire dalla stalla non seppe resistere al bisogno di espansione che è tanto prepotente in quell’età ed in quei sentimenti. Domandò alla Nanna:
— Ce l’ha l’innamorata Gaudenzio?
— Potrebbe non averla? Un bel giovine come lui! rispose la Nanna acremente.
— E chi è? tornò a dire con voce insinuante la piccina.
— Oh, io non dico nulla. Si vedrà. Se saranno rose fioriranno; poi, seguendo il suo pensiero crudele, soggiunse: e colle spine anche.
Ma la ragazza non fece caso di quella parola e continuò ad interrogare come la spingeva la curiosità amorosa:
— È della nostra stalla? Dimmi soltanto se è della nostra stalla.
— Sì. È della nostra stalla. Ed è a lei che porterà il fiore. Oh s’hanno a vedere di grandi cose qui.
La Lucia salì a coricarsi presso la sorella, col cuore colmo di speranza. Aveva interpretato tutto il discorso della Nanna in suo favore. Le ironie non avevano trovata la via nel suo animo sincero, e si teneva certa che la donna amata era lei, e che lei avrebbe lo spillo.
Passarono i primi giorni della settimana. Pietro tornò la sera del lunedì e ripartì il giovedì all’alba. Udì tutti i parlari delle donne sullo spillo della salumaia. Capì che la sua sposa lo desiderava ed avrebbe voluto dirle:
“Te lo porterò.
Ma ebbe suggezione della mamma, del babbo, della sorella. Gli pareva di udire i commenti che si sarebbero fatti alle sue spalle:
— È innamorato come un ciuco della sua donna. Fa tutto quello che piace a lei. Butta i denari dalla finestra per accontentarla.
Arrossì a quel pensiero per la sua dignità di uomo.
Avrebbe voluto dare alla Rosetta lo spillo, ma segretamente, o in una maniera che giustificasse quella larghezza.
La sera del giovedì era il dodici dicembre. Pietro non era anche tornato. Quando lui era assente, la conversazione della stalla era sempre più animata, perchè la Rosetta sfogava il suo umore chiacchierino ed allegro senza suggezione, e Gaudenzio le faceva la corte senza paura di suscitare dei guai.
— A Novara, disse Gaudenzio, la città è tutta in festa questa sera.
— Già, rispose la piccola Lucia che era stata a Novara un po’ di tempo colla Rosetta, da una sua zia erbivendola. È la vigilia di Santa Lucia. Sotto le arcate dei portici vi sono tanti banchi illuminati, con ogni sorta di chicche e Sante Lucie di zucchero. E tutti i negozî hanno nella bacheca un mondo di belle cose. Ti ricordi, Rosetta?
— Altro che ricordarmi! Quell’anno che eravamo dalla zia, abbiamo messo fuori dalla finestra il panierino anche noi, e Santa Lucia ci ha portato la strenna.
— E perchè non lo mettete fuori anche questa sera il paniere? domandò Gaudenzio guardando sempre la Rosetta negli occhi. Chissà che Santa Lucia non passi di qui?
— Che! disse la sposa. Come volete che passi? Pietro non è a casa.
— E come c’entra Pietro con Santa Lucia?
— Oh, ci credete ben sciocche! protestò la Lucia. Fino i bimbi di Novara dicono:
Santa Lucia |
— Ah voi siete troppo smaliziata, disse Gaudenzio ridendo. Lo metterà la Nanna il paniere; lei ci crede ancora a Santa Lucia; vero, Nanna?
— Io credo tutto; sono una scema, rispose. la Nanna risentita.
— Eh sì! scema voi! Ne sapete da menarci a scuola tutti, disse Gaudenzio cui premeva di rabbonirla per indurla ad approvare la proposta dei panieri.
La Nanna sorrise a quel complimento che le faceva alla presenza di tanta gente. Gliene capitavano così di rado, che li gradiva anche quando le venivano per forza.
— Dunque lo metterete fuori il paniere? insistè Gaudenzio.
— Non è per me che l’avete detto.
— L’ho detto per tutte e tre. Quello che fa una cognata lo deve fare anche l’altra.
— Oh per me.... mi sprezzano tutti.
— Vuol dire che tutti vi amano. Chi sprezza ama.
— E poi se trovo il paniere vuoto?
— Date retta; non lo troverete vuoto. Santa Lucia mi ha fatto sapere che passerà dalla vostra finestra. Via, siate buona.
Neppure nei tempi andati, Gaudenzio non aveva mai parlato alla Nanna con tanta deferenza; non l’aveva mai pregata a quel modo; non l’aveva mai guardata con quegli occhi supplichevoli. Per la prima volta, dopo tanto tempo, non aveva l’aria di canzonarla. Tutti tacevano nella stalla. Tutti guardavano Gaudenzio e lei. Gaudenzio che la implorava, lei arbitra di farlo contento o di crucciarlo con un sì o con un no. Fu un momento di trionfo insperato per la Nanna. Tutta la sua parte di vanità umana e di vanità di donna, le si portò al cervello per suggerirle un mondo di speranze e d’illusioni: disse nel suo pensiero:
— Chissà?
E nel guardare in giro per assaporare quel momento di gloria, incontrò gli occhi della Lucia, intenti su Gaudenzio e su lei, con una velatura cristallina di lacrime.
Capì che la povera bimba era gelosa, e quel sentimento, che inspirava per la prima volta, finì di far perder la testa alla Nanna.
— Sì: metterò fuori il paniere, disse.
E, senza ragionarvi sopra, dimenticando i precedenti che l’avevano messa in sospetto contro la cognata, con tutta la cecità della vanità lusingata, si figurò di trovare il domani nel suo paniere la strenna di Gaudenzio.
Il carrettiere uscì di buon’ora dalla stalla. Aveva i suoi preparativi da fare. La Nanna cercò di congedar presto le vicine perchè l’impazienza la rodeva. Rientrata in casa disse alle due giovani:
— Mettiamo ciascuna la nostra pezzuola da collo sul paniere, perchè Santa Lucia possa distinguere l’uno dall’altro.
Ma la Lucia aveva il cuoricino gonfio. Non volle metter fuori il paniere.
— Non sono di casa, disse.
Lo posero la Nanna e la Rosetta all’unica finestra della cucina che dava sull’orto. Poi le due sorelle salirono coi vecchi, e si ritirarono nella loro camera, e la Nanna entrò anche lei nella sua.
Ma depose soltanto il lume, poi uscì pian piano nel forno, che aveva una finestra accanto a quella della cucina, dalla quale la separava semplicemente un uscio; e là, dietro le gelosie socchiuse, stette in agguato.
Non andò a lungo, che vide un’ombra avanzarsi cautamente fra le aiuole dell’orto, e riconobbe Gaudenzio, che andò difilato alla finestra dov’erano i panieri. La Nanna, senza lasciare il suo posto d’osservazione, pose la mano sul chiavistello dell’uscio, ed aspettò stando in ascolto.
Due minuti ancora, ed udì il passo cauto di Gaudenzio che si allontanava. Aperse pian piano; uscì, e si trovò presso la finestra alta della cucina.
Alzò la mano al suo paniere col cuore palpitante. C’era un oggetto duro, sferico. Lo prese, lo guardò alla scarsa luce della sera, palpò, trovò il filo... un gomitolo!
Era una satira atroce.
Dipanar filo nel gergo del paese, vuol dire rimaner zitellona.
In quell’oscurità, la Nanna arrossì come una vampa. Se avesse avuto sotto mano quell’uomo, in quel momento lo avrebbe ucciso.
Toccò fremendo nel paniere della cognata, e sentì il fiore di filigrana.
Intanto Gaudenzio si allontanava pian piano traverso le aiuole.
Lei non prese tempo a riflettere. Ravvolse fiore e gomitolo nella pezzuola della Rosetta, e la spinse con impeto dietro il donatore insolente. Poi rientrò nel forno, e tornò a guardare traverso le imposte.
Gaudenzio stava fermo in piedi, ed osservava attentamente qualche cosa. Forse la pezzuola della Rosetta. La Nanna provò un momento di amara soddisfazione. L’aveva fatto apposta a respingere i doni nella pezzuola della cognata, perchè li credesse respinti da lei, e gliene serbasse rancore.