Il sistema della tariffa annonaria sul pane in Roma/Paragrafo VII

Sulle necessità, e sulle spese del ministro di un forno

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Sulle necessità, e sulle spese del ministro di un forno
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§. VII.


Se fu doloroso adunque per lo passato tollerare le conseguenze di questo stato d’incerta equità sui principii che servono di base alla formazione della tariffa, oggi che il progresso delle idee e dei bisogni ha condotto l’industria panifattiera ad un ordine più elevato d’importanza commerciale, le sue conseguenze sono affatto intollerabili. E sembra incredibile che salili lo scranno del Municipio uomini di buona fede, col vanto di esser giusti e benefici, abbiano rinvigorita una legge, questa del 16 Dicembre 1865, riprendendola dalle sue vecchie radici come esisteva 30 anni addietro; anzi inasprendola di tali rigori che ripugnarono adottare in passato, o non immaginarono neppure di adoperare. La condizione dei fornai di Roma, che offrono un pane per salubrità e per pregio di lavoro, se non superiore a quello di ogni altra Città raffinata nel gusto, a nessuna può dirsi secondo, è divenuta peggiore di quella del fornajo del più piccolo paese, ove se esiste la tariffa perchè è solo, il Municipio gli lassa la merce, ma gli fa bene i conti e lo lascia vivere colla sua industria, se esige, non lo angaria; se vigila, non lo perseguita.

La legge del 10 Decembre del Municipio Romano all’Art. 6 esclude, fra le spese, il salario [p. 49 modifica]il mantenimento del ministro, perchè in un negozio di Fornaro o non lo si ritiene necessario o crede la di lui spesa bastantemente compensata dal lucro assegnato sopra a ciascun rubbio di grano.

Questo sproposito così magistrale (che ripugnerebbe all’epoca della formula dell’ipse dixit, e solo si potrebbe riportare all’altra ex arbitriis nobis concessis dei Tribunali criminali dell’età di mezzo,) se la data che porta la legge del secolo XIX, non costringesse gli autori ad arrossire, non meriterebbe una seria risposta, se la improntitudine dell’alto non avesse causato e non causasse gravissimi danni. Il ministro adunque in un negozio di forno non è necessario, o se lo è la sua spesa è compensata dal lucro che assegnato al fornaio sopra un rubbio di grano!! Signor Municipio bisogna battersi a campo aperto: bando ai vostri speciali fini per le cure adoprate nella emanazione di questa legge. A voi il premio della pubblica opinione sul merito della sapienza civile, la riconoscienza per l’utile che da voi risentono o risentirannno i vostri amministrati. A noi non resti il diritto che della legittima difesa facendo appello, non agli uomini della piazza o alla clientela della bettola, ma a quella parte intelligente di popolo che ha in mente l’idea del retto, e il cuore palpitante di affetti sinceri. Diteci qual’è l’utile che voi assegnate al fornajo per [p. 50 modifica]ogni rubbio di grano che spiana? Voi vergognate di rendere ostensibili le vostre bisettimanali calcolazioni a noi che conosciamo i prezzi delle contrattazioni dei grani eseguite in questo termine, e che ci vediamo soggetti a una cifra di prezzo per il pane ingiusta, rovinosa, a cui ci obbligate venderlo; a noi osate parlarci di lucro, e di utile assegnato su questa cifra quasi a scorno della miseria, e del vilipendio che ci procurate onde con questi si compensi il ministro? È un insulto che ferisce non meno i nostri interessi, il nostro onore, e la vostra dignità! L’articolo 18 della vostra legge che invita ogni fornajo a prendere cognizioni della periodica rinnovazione della tariffa in Campidoglio, è una beffarda anfibologia colla quale pretendete far credere alla sincerità degli atti vostri, a chi non li segue in tutta la loro pienezza. Perchè velare di mistero un’atto che vi sembra di giustizia? Le vostre operazioni computistiche sono forse un arcano diplomatico, un piano di battaglia formato alla vigilia del combattimento? O Voi temete i nostri reclami alla suprema autorità che per fortuna vi domina, e perciò vi nascondete? Potevate almeno risparmiarvi il rossore di averci insultati al cospetto degli uomini intelligenti, parlando di un lucro che accordate come un obolo alla nostra industria, quando piuttosto in nome di una legge, vero anacronismo, pretendete gettarci alla miseria.

[p. 51 modifica]Signor Municipio, il ministro è una necessità; lo hanno detto tutti i Pontefici che hanno ordinato la tariffa, lo ha ripetuto Gregorio XVI fino al Sommo Pontefice Pio IX, ed hanno ciò confermato i vostri mille antecessori su quei stessi seggi che voi sedete! Voi solo avreste osato negarlo? Convien dire piuttosto che abbiate scherzato dicendo la sua spesa non assolatamente necessaria, perchè non potevate ignorare l’autorità di tempo e di persona a cui si appoggia la sua esistenza, come l’esigenze dei tempi attuali non avranno potuto farvi credere diminuito punto questo bisogno. Voi infatti abbassando gli occhi nelle botteghe dei fornai, più di una volta avrete veduti assistere alla vendita del pane non uno, ma due ministri. Voi conoscete che il padrone di un forno ha degli ufficii da compiere per l’andamento del suo negozio, che lo necessitano ad allontanarsi da questo. Deve trattare l’acquisto dei grani, deve riceverli, vegliarne la custodia, provvedere alle mondature, alle operazioni di apparecchio per indi spedirlo alla mola. Deve assentarsi per esigere, per visitare il lavoro sui farinari, nella stufa, per ricevere le farine e per mille e mille altre circostanze, non esclusa quella che Domine Iddio gli può mandare di qualche malattia Da tutto ciò crediamo che voi siate convintissimo della necessità assoluta di ammettere in ogui forno almeno un ministro. Che poi [p. 52 modifica]pretendiate che la di lui spesa venga affrontata cogli utili che accordate, non siete più schietto, o meno ingiusto.

Fino a che hanno esistito nella loro integrità le calcolazioni del Franceschi, si è accordato il prezzo dei sfiuti, cioè delle semole, tritelli ec. valutati prossimamente a uno scudo per rubbio come utile al fornajo per la sua industria: posteriormente fu ridotto alla metà, e non vi è ragione di credere che voi siete stati più generosi nello accettare questa cifra; sicchè data la vostra media dei prezzi dei grani, fra la media dei prodotti, fra la media di 90 rubbia di consumo al mese ci accordereste scudi quarantacinque di utile! Ora pagando scudi diciotto per il ministro, resterebbero scudi ventisette, e questi, che voi chiamereste utile, basteranno appena a coprire, sulla vostra media di scudi trentotto, la pigione che attualmente si paga di un forno. Ma diteci signor Municipio, fra le tante medie rovinose che vi piace di fare, per condurre un’apparente calcolazione che vi salvi alcun poco dalla taccia di arbitrario, fra la media dei prezzi dei grani, fra la media dei prodotti, fra la media delle spese, fra la media del consumo, mai vi è occorso sollevando gli occhi all’immagine della giustizia, di sentirvi ispirato ad assumere la media dei capitali che occorrono per condurre l’esercizio di un forno; la media dei crediti a cui bisogna far fronte per sostenere l’esercizio medesimo; la media annuale o mensile delle perdite di questi; [p. 53 modifica]la media dei danni che subiscono i fornai nelle accidentalità del lavoro, nella conservazione della merce grano farine? Eppure verissima essendo la personalità che si occupa per l’amministrazione, per l’andamento, quelle ragioni dovrebbero entrare sotto l’egida della giustizia. E voi disconnscendo questi fatti raffazzonando un calcolo a casaccio, buttate giù una media di prezzo sulla vendita del pane dannosa tanto pei fabbricatori, perchè riposta sopra un artificio che non è più tollerabile, aggiungete di leggio lo strano divisamento della non necessaria spesa del ministro, che non sapremmo dire, se vi renda più puerile, o più ingiusto, e pretendete parlare di utili che non esistono che in vostra mente per insultarci? E un’indegnità!