Il sistema della tariffa annonaria sul pane in Roma/Paragrafo V
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§ V.
La quantità del lavoro di ciascun fornajo si è desunto dalla quantità del grano molito in un anno pel consumo delta città di Roma. Fino al 1818 si è ritenuto che ogni fornajo ne spianasse per due rubbia al giorno. Nel 1838 si crebbe fino a tre rubbia; ed è questa la quota che la legge attuale assegna a ciascuno indistintamente per le calcolazioni della tariffa. Questo supposto se tosse vero, mancherebbe sempre del carattere di giustizia distributiva. I forni di Roma circa il 1800 non erano che 72. La libera panizzazione introdotta nel 1818 ad oggetto di eccitare a motivo della scarzezza dei grani, la lavorazione del pane misto pain de menage promosse l’esercizio di tanti piccoli forni casalinghi o panicocoli, come furono detti, che in seguito presero proporzione e lavoro più ampio, e accrebbero il numero dei primi fino a sorpassare il centinajo. Sono circa trent’anni che vigevano convinzioni diverse degli uomini successi al potere, ora vietando di dar facoltà di aprire nuovi forni sulla ragione che moltiplicando il numero di questi diminuiva il lavoro degli esistenti, ciò che rendeva più costosa la fabbricazione del pane; ora dando libertà di aprirne a chi ne volesse, ripromettendosi dalla maggior concorrenza il buon mercato; ma fatto è, che su queste alternative il numero dei forni in Roma si trova oggi accresciuto fino a 142. A ciascuno di questi è assegnato conformemente lo spiano di tre rubbia al giorno, come fosse una verità di evidenza questa ideale distribuzione di lavoro, e come il più o il meno non importasse danno a vantaggio; mentre non è ignoto che la quantità delle spese fisse mensili che sostengono i panattieri, se non sono coperte da una quantità sufficiente di lavoro riescono a danno.1
Non discuteremo se esista la ragione proporzionale dell’aumento di popolazione in Roma da come si trovava questa, quando i forni erano 72, ad oggi che si sono raddoppiati, poichè sarebbe lungo e noioso discorso. Se oggi la civiltà, il lusso, la squisitezza del gusto, l’introduzione nei mercati di altre materie alimentari, o il consumo maggiore di quelle che già si avevano specialmonte dei zuccari, dei risi ec. abbiano diminuito il consumo del pane, non gioverà esaminare di fronte a un fatto, che in onta all’aumento di popolazione si rileva evidentemente, che cioè, moltissimi fornai nell’attualità non giungono a consumare queste pretese tre rubbia di grano, anzi alcuni non giungono neppure alla metà. Ma poniamo non siano che quaranta, trenta, i forni che non lavorano che queste tre rubbia al giorno, e con poco che si consultino i registri delle moliture, ogni dubbioso se ne può persuadere. Sarà egli giustizia che questi trenta che spianeranno cinquanta, sessanta, settanta rubbia di grano al mese sopportino le stesse spese di affitto, le stesse mesate a cinque o sei lavoranti come sostiene ogni altro fornaio che panizza per novanta e più rubbia, senza non risentire un danno che gli assorbisca non solo il poco utile accordato, ma lo esponga alta perdita del capitale? Quando dunque non si possa accertare la quantità del lavoro, non può essere conformemente distribuito per ciascun fornaio; il ratizzarlo idealmente per comodità di calcolo non è un seguire la verità: il calcolo in questo caso porla all’ingiustizia. Vi è pure chi tra i fornai consumi! anche quattro rubbia al giorno, e questi guadagnerebbe più a discapito di quelli che non giungono a spianare la vostra media delle tre rubbia di grano, e sono forse i più poveri della classe.
Note
- ↑ Fu perciò che nel giorno 3 Aprile 1824 una legge della Prefettura di Ancona, prescrisse a ciascun rivenditore di pane il forno da cui fosse obbligato di provvedersi, avvisando in ciò malgrado la non esistenza della tariffa l’utile che emana dall’equa distribuzione del lavoro e della percezione di un agio moderato nell’industria della vendita. Non tardò molto e fu nel 1825, che i rivenditori vendicarono la loro libertà di acquistare il pane da chi volessero non senza accusare i fornai dell’abuso di patronato di cui la legge li privilegiava. Questi a lor volta reagirono sulla smodata pretensione dell’agio che i primi andavano man mano riprendendo al punto di esigere il30 p. 0/0 fino a che persuasero l’autorità di richiamare in vigore la legge, la qual cosa avvenne l’8 Aprile 1828. Guari però non ando che fu finalmente soppressa per non essere più mai chiamata ad esistere. Fu una vittoria di fazione riportata dalla libertà di commercio.