Il sistema della tariffa annonaria sul pane in Roma/Conclusioni
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CONCLUSIONE
Voi, dunque Signor Municipio, avete promossa e richiamata in vigore una legge che non può più esistere. Lo dichiara la storia trascorsa; il principio teoretico della libertà commerciale universalmente accettato; l’esperienza sulla condotta economica degli altri popoli civili; l’impossibilità ili fondarla sopra un sistema ragionevole; ma su quello artificiale che vi costringe necessariamente ad essere ingiusto: Perchè non si può ottenere la giusta media sulla quantità precisa dei prodotti panizzabili che si ritraggono dalle varie qualità dei grani che consuma ciascun fornaio: Perchè è incerta per mille cagioni la media che ammettete circa il calcolo di quell’aumento in pane che dicemmo chiamarsi abbottamento: Perchè è enorme l’errore dì assumere il prezzo medio delle contrattazioni dei grani, e applicarlo alla vendila del pane quando gli elementi del contratto, merce, e prezzo hanno estremi troppo distanti fra loro, fra contratto e contratto; e ne aumentata l’enormità col rigettare dal vostro calcolo coacervato alcune contrattazioni degne piuttosto di maggiore considerazione: Perchè non potete contare con equa mano la distribuzione del lavoro: Perchè le spese che hanno i singoli panattieri non si prestano senza lesione della giustizia ad essere calcolate con una media comune. E voi, invece richiamandola all’esistenza ne avete accresciuta l’ingiustizia escludenedo la spesa del ministro che è un elemento necessario all’industria; sottoponendo a multe, e a confisca della merce per colpe innocenti, e per atti inqualificabili di frode; alla legge della scorta non assegnando un correspettivo compenso; al capitale che s’impiega per l’esercizio di un forno, non dando alcun frutto; ai crediti che si perdono, ai danni emergenti nell’esercizio medesimo, alla personalità che s’impiega non ritenendo la più piccola considerazione.
L’utile stesso che assegnate nel vostro calcolo è ridicolo per soddisfare gli accresciuti bisogni a poter vivere onestamente. Voi forse vi sarete ingannato sub specie recti, guardando allo scopo che vi eravate prefisso; ma conviene por lo meno dire che la vostra mente sì distraesse dalla riflessione sulla convenienza del mezzo del quale intendevate far uso per raggiungerlo. Tuttoció non discolpa la mancanza di quelle tecniche cognizioni che vi erano necessarie, e al postutto facile sarebbe stato sussidiarvene da tante oneste e stimabili persone che più o meno le posseggono. Queste forse dimostrandovi gli errori che racchiude il vostro sistema delle tariffe, vi avrebbero riportato naturalmente a quella dottrina di cui l’illustre e sventurato Pellegrino Rossi diceva «essere giunto il tempo d’invitar pure tutte le classi laboriose alla cognizione delle prime nozioni ». Non discolpa il difetto di prudenza civile nel gettare sulla piazza certe questioni e in certi modi che raccolte da mestatori pubblici farebbero impensierire qualunque governo. La vanità vi ha spinto per una via sconosciuta senza altra guida che del vostro desiderio, e vi ha trascinato ad una meta del tutto opposta a quella che ricercavate. Voi pretendevate di ottenere una utilità pubblica, senza considerare se questa utilità per quanto era possibile già si godesse senza il bisogno della vostra legge. Utilità indotta spontaneamente dalle condizioni in cui si trova attualmente il commercio di questa industria, che nou sapula rilevare, vi fece dichiarate paladino di un sistema condannalo per tanti titoli alla dimenticanza. Se s’interroga il massimo numero dei consumatori sulla utilità che gli avete portato sentirete rispondervi: Voi ci avete tolto la comodità di avere un pane a quel prezzo che si voleva, e così vi siete reso l’arbitro del nostro gusto, l’economo del nostro denaro. Voi c’impedite di avere il pane di quel volume, di quel peso che ci piace, lavorato a nostro modo, a nostro modo cotto, perchè il fornajo si nega farcelo anche a prezzo maggiore per non cadere sotto gli attentati della vostra legge. Voi ci vietate di mangiare un pezzo di pane buono, perchè il fornajo non ha più interessse di confezionarlo con gli ottimi grani che usava. Il povero aveva il pane prima della tariffa a baj. 18, 20, 22 la decina, oggi lo paga 19 e 21 bajocco; che utilità risente? Dal 21 al 27 la decina, niuno ha più la comodità di avere una qualità di pane corrispondente a un prezzo intermedio; perchè privare il pubblico di questo vantaggio? E in mezzo a questo perchè i fornai gridano al danno che soffrono, all’ingiustizia che li tormenta, alla rovina di cui si vedono minacciati? Se i consumatori non sono contenti, i panattieri parrebbe che dovrebbero esserlo. Se il prezzo del pane calcolato sopra una base ingiusta porta un prezzo tariffale quasi eguale a quello col quale vendevano primi della legge, ond’è che muovono tanti reclami? È questo il quesito che origina dall’esperienza di questi giorni. La verità che lo risolve è, che Voi avete distrutto tuttocìò che in seno di questo paese aveva sistemato la concorrenza, unica arbitra e guida del buon mercato. Il Municipio ha voluto assumere a sé quell’impegno che si tenevano stretto alla molla de! guadagno centoquarantadue fornari, e non è riuscito che a scontentare fornari e consumatari. Che esistesse la concorrenza, e molta, malgrado il privilegio delle patenti di esercizio, se non ne siete persuaso alla considerazione del basso prezzo che aveva il pane, è facile dimostrarvelo con il calcolo.
Dato che ogni individuo consumi due libbre di pane al giorno; se 142 forni lavorassero incessantemente, ognuno di questi potrebbe alimentare almeno 3500 persone, sicchè la lor somma complessiva darebbe pane a circa 500 mila individui. Ora la popolazione di Roma non giungendo a due quinti di questo numero ne avviene che, ogni fornaio persuaso che il maggior lavoro moltiplica il guadagno attenuando le spese, richiamando più sollecitamente il capitale in nuova circolazione, si getta nella concorrenza con la più buona qualità di pane; e dividendo l’utile sui risparmi delle spese col pubblico può offrire il prezzo più basso. Voi, Signor Municipio avete disconosciuto questa legge vitale che regola con ordine di provvidenza l’economia di questo genere di prima necessità: ma dovete persuadervi vostro malgrado che a riconoscerla sarete costretto per non espone a disordini gravissimi la vita civile del vostro Paese. Intanto sappiate esser questa una ragione del perchè manomesso colla vostra tariffa ogni sistema dì lavorazione che si era formato ciascun panettiere colle sue varie modalità nella condotta del suo negozio, lo avete circoscritto, vincolato nelle sua operazioni, così che non può più esibirsi all’altrui contentamento da cui ritraeva l’equilibrio de’ suoi interessi, ma gli è forza di stringersi nei termini rigorosi della legge per salvarli dalla rovina. Contentamento e modo di vivere si avevano colla libertà di panificare i venditori di pane di seconda mano o a dettaglio nelle loro botteghe, osterie, caffè, trattorie artebianca, perchè i fornai potevano esibirgli un aggio o guadagno che rilevavano sul peso o sulla quantità della merce. Voi, signor Municipio, vi sarete meravigliato nel vedere dalle mani dì costoro esibirvi un pane più piccolo di quello che avreste ritrovato in un forno, e avrete gridato all’avidità del fornajo perchè non avrete considerato che questi spacciatori di pane rendono ai consumatori un servizio che addimanda cura, diligenza, capitali, e che era naturale il conchiudere, che essi aggiungono alla merce un valore. Il fornajo stretto alle morse della vostra tariffa, è obbligato negare ad essi quell’utile che gli dava vita all’industria, e così questi intermediarii fra i fabbricatori e i consumatori che sono pure gran parte e non ispregevole del pubblico che credevate tutelare, voi invece scontentate, avvilite vitalmente nell’esistenza civile.
Signor Municipio, queste parole significate con rigore di tempo come il cuore le detta, se vi sembrassero troppo animate e pungenti riflettete alla verità che racchiudono, e ritenete la protesta non aver voluto offendere fra voi le persone, reputandovi tutte rispettabilissime individualità. Queste parole sono dirette contro un atto della vostra maggioranza, che non si può scusare perchè disconosce o dimentica quelle leggi organiche, sociali, che sono l’anima, la sussistenza, la vita di un paese; le quali leggi sono come quelle che, regolano e mantengono la fisiologia umana, che non apprezzale adeguatamente, non custodite nella loro importanza, inducono tosto o tardi la morie; così valgano non meno per tanti interessi bistrattati, che per l’amore del nostro Paese.