Il sigillo d'amore/Uccelli di nido
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UCCELLI DI NIDO.
Tranne che per i funzionari in via di far carriera, le scale di certi uffici pubblici sono dure per tutti: quelle della Questura, per esempio. Luride scale continuamente animate di figure che solo per essere lì appaiono equivoche e sinistre, anche se rappresentano disgraziate vittime di ladri, o afflitti padri di famiglia che vanno a denunziare l’allontanamento di un figlio giovinetto dalla casa paterna.
Questa volta è la madre, a salire l’ignoto calvario: il padre è in giro per il mondo, all’affannosa ricerca dell’uccello scappato dal nido. È stato a Napoli, è stato a Genova, porti dove si dirigono invariabilmente questi uccelli aspiranti migratori, persuasi che per conquistare il mondo basta il biglietto da mille e gli anelli presi dal cassetto della mamma: Napoli e Genova avendo dato risultato negativo, il padre è corso anche alla Spezia, poi a Livorno; infine ha spedito un telegramma alla moglie consigliandole di recarsi subito in Questura, possibilmente dal Commissario Finzi, famoso per il ritrovamento di persone scomparse.
E la madre a sua volta va alla ricerca del Commissario come il malato di un terribile male dal medico che lo può guarire.
*
Il primo rampante della scala, in fondo a un ingresso ove il pavimento era tornato allo stato naturale di terra polverosa, riceveva luce solo dall’alto: un rimasuglio di luce che proveniva dal secondo rampante e si versava nel primo come per pietà o per curiosità.
La madre saliva piano, curva sotto il peso della sua croce, domandandosi ancora una volta quali erano i peccati che doveva scontare così: la coscienza non le rinfacciava nulla, se non forse il peccato originale che, per quanto lavato e raschiato, grava ancora sugli uomini. Arrivata al pianerottolo si fermò ansando. Il secondo rampante delle scale era illuminato da una finestra alta velata di una grigia tenda di ragnatele. Ma il calvario non finiva lì; c’era un terzo rampante da superare. Una vecchia ricoperta di stracci raggiunse anche lei a stento il pianerottolo, e anche lei si fermò guardando in su.
— Sa dirmi, per gentilezza, signora, dov’è l’ufficio del Commissario Finzi?
— Veramente non sono molto pratica del luogo, — dice la madre, stranamente rianimata per l’incontro di questa compagna di sventura. — Lo cerco pure io, il Commissario Finzi.
— Pure lei! Le è scappata la serva?
— Magari, — sorride tristemente la madre; e riprende a salire piano piano la scala.
La vecchia la segue rispettosa, ammirandone alle spalle il ricco mantello e le scarpette fini. Altre persone scendono e salgono, e gli uni non badano agli altri: tuttavia la madre ha l’impressione di essere osservata da tutti, e al suo dolore si unisce la vergogna, e anche un po’ di dispetto contro il marito che, per un pregiudizio umano e la speranza di rintracciare il figlio, non ne ha immediatamente denunziato la scomparsa.
Ed ecco superato il secondo rampante; ma neppure in cima al terzo il calvario finisce.
— Oh Dio, Dio, — geme la vecchia, appoggiandosi alla parete: — mi viene fastidio.
È pallida, infatti; le grosse mani gonfie le tremano: e nonostante il suo proposito di diffidare di tutti, in quel luogo di perdizione, la madre prova un senso di pietà. Si ferma, aiuta la vecchia a sedersi sullo scalino alto sotto il vano della finestra, e le si mette davanti come per ripararla dalla curiosità inutile dei passanti. La vecchia straluna gli occhi, due poveri occhi che conservano un rimasuglio di tinta celeste, arrossati dal lungo piangere, e pare abbia una irresistibile voglia di addormentarsi.
— Su, su, — dice sottovoce la signora; — coraggio.
Anche lei però si sente venir meno, come per il contagio dell’altra; le ginocchia le si rammolliscono, e istintivamente, senza volerlo, si lascia cadere seduta accanto alla vecchia stracciona, sullo scalino nel vano della finestra.
*
La vecchia è la prima a rimettersi dal suo stordimento e a sua volta aiuta la signora a sollevarsi: riprendono assieme, sostenendosi a vicenda, la triste ascesa; assieme penetrano nei foschi ambulacri del luogo, finchè riescono a farsi indicare la stanza dove il commissario Finzi riceve. Ma occorre aspettare; ed entrambe aspettano, di nuovo sedute assieme in un angolo scuro del corridoio. Il posto è favorevole alle confidenze e la vecchia non chiede di meglio che chiacchierare; ma la sua pena adesso pare attutita dalla curiosità di sapere che ha quell'altra, così ben vestita, eppure così afflitta anche lei. E la investe di domande, senza riuscire però a sapere tutta la verità.
— Sì, — dice la signora, sottovoce, parlando suo malgrado, — una persona di servizio è scomparsa di casa, portando via qualche cosa.
— Non dubiti, gliela pescano subito, — afferma la vecchia; — quelle si ritrovano sempre: sono disgraziate anche loro. E scommetto che lei le aveva fatto del bene, che ci si era affezionata, che ci soffre.
— Oh, sì, sì, — geme l’altra, tutta ripresa dalla sua pena.
— Lei è buona, signora mia; come si fa a tradire una persona così?
— E voi non siete buona? Eppure....
— Figlietta mia! Lei è indovina. Sono buona, sì; che cosa non ho fatto per quella creatura? Adesso le racconto tutto. Lei mi vede così, come un gufo spennacchiato, ma non sono una mendicante: mi sono ridotta così per loro, mia figlia e il marito suo, che non amava lavorare e ha fatto morire di crepacuore la disgraziata. Poi lui è scappato; ed ho tirato su io la loro creatura, un bambino bello e forte; l’ho tirato su come figlio di signori, come lei, amore mio bello, può aver tirato i suoi, Dio glieli benedica e glieli tenga da conto. Sì, eh, l’ho mandato a scuola, sempre vestito bene, sempre col suo cestino pieno, sempre coi libri che ci volevano. Io ho fatto di tutto, per lui; lei mi avrà veduto anche a scopare le strade, mangiando un tozzo di pane condito con polvere; ebbene, adesso anche lui se n’è andato; ieri se n’è andato, portandosi via la sua roba e la coperta di lana. La coperta di lana... — ella ripete stordita, e comincia a piangere sommessamente, come, più che per altro, per la scomparsa della coperta di lana.
*
La madre non seppe dirle una parola di conforto. Le pareva di essere davanti a uno specchio che rifletteva ingrandita e orribilmente deformata la sua stessa miseria: ma che poteva dire per cancellare sia pure una linea di questa miseria?
D’altronde la vecchia smise subito di piangere: sollevò uno dei suoi stracci e s’asciugò gli occhi, poi si sollevò rumorosamente il naso volgendosi per educazione verso la parete; e la luce della speranza le rianimò il viso.
— Io penso che tornerà: tutti i ragazzi che scappano di casa tornano. Sono i grandi quelli che non tornano.
— Quanti anni ha? — domandò la madre.
— Tredici, figlietta mia; tredici compiti il giorno di San Giuseppe.
— Come il mio, — pensò la madre; e la speranza della vecchia si accese anche nel suo cuore.
— Il Commissario Finzi, poi, mi aiuterà. Tutti me lo hanno detto. Non importa ch’io sia così, così, come una scopa da buttarsi via, — riprese la vecchia sollevando di nuovo i lembi sfrangiati del suo grembiale; — egli dà ascolto ai poveri; dicono che li riceve male, che li carica di rimproveri, ma poi fa di tutto per aiutarli, perchè a lui pure un tempo è scappata di casa una figlia. Ah, lei non lo sapeva, signorina mia? Sì, una figlia di tredici anni: e quella non è più tornata, e per quante ricerche in tutto il mondo si facessero nessuno più l’ha veduta. Proprio così. Ah, e lei uon lo sapeva? Tutti lo sanno; e lui, il signor Commissario, è diventato come pazzo, e ha preso questa specialità di ricercare le persone scomparse, sopra tutto i ragazzi, per via della disgrazia accaduta a lui in persona.
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Di nuovo la madre non sa commentare il fatto È vero, non è vero? Forse è una fantasia popolare; ma ha tale un soffio di dolore e di mistero che fa piegare l’anima smarrita. E se fosse vero? Se anche il suo ragazzo, che per lei è ancora il suo bambino, non dovesse tornare mai più?
La pena è così forte che ella balza in piedi per non lasciarsi di nuovo venir meno: poi si ricompone perchè l’uscio della stanza dove il Commissario riceve si apre e varie persone ne escono.
— Adesso tocca a noi, — dice la vecchia, alzandosi anche lei: e trema tutta.
— Andate voi, prima, andate; la vostra disgrazia è più grave della mia — dice l’altra, spingendola piano piano verso il bianco vano dell’uscio.
La vecchia allora si piega e le bacia il lembo del mantello, come fosse quello della Madonna.
— Dio la benedica, lei e le sue creature.
*
E quando uscì rimase a sua volta ad aspettare che l’altra avesse finito; poi se ne andarono assieme, un po’ disilluse per il freddo e secco interrogatorio del Commissario, ma sostenute, in fondo, da uno spirito di solidarietà umana e sopra tutto di fede e di speranza nell’aiuto, più che degli uomini, di Dio.
— Quell’uomo non doveva amare la figlia, — dice la vecchia; — se no la ragazza sarebbe tornata: l’amore fa molto, figlietta mia, fa più che i poliziotti.
Infatti i due ragazzi tornarono a casa, prima che la Questura si movesse a ricercarli.