Il sigillo d'amore/Biglietto per conferenza

Biglietto per conferenza

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Il nome del fiume Piccolina
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BIGLIETTO PER CONFERENZA.


Questo biglietto era concepito così:

«La signora Rosa Bianca Marchini è invitata alla conferenza che avrà luogo giovedì 21 corrente alle ore 18 nella sala del Circolo Giapponese. Parlerà il principe

Tai Oiokama

su «La Corte Giapponese nel secolo XIX». Assisterà Sua Altezza il principe Ereditario.»

«Il biglietto è strettamente personale.»


*


— Il biglietto è strettamente personale, — ripetè a voce alta la piccola signora Marchini, che ha l’abitudine di pensare parlando. — Chi può essersi ricordato di me, in luogo così aristocratico? E perchè di me e non del povero Marchini? [p. 118 modifica]

Al ricordo del marito, al quale lei nel suo pensiero, e quindi nelle sue espressioni, dà costantemente la qualifica di povero, sebbene sia un uomo aitante nella persona e con la borsa piena, il suo sentimento di vanità lusingata e un tantino perversa, si tinge di malumore.

— Non mi permetterà di andarci, no, — ella confida al biglietto giallo sul quale reclina la piccola testa che per il carico di trecce castanee pare grossa e sproporzionata al minuscolo corpo infantile. — Quando è che lui mi ha dato mai una soddisfazione? Adesso poi! Adesso che l’invito è solo per me, figuriamoci. Dirà magari che hanno sbagliato, o che si tratta di un pesce di aprile, o che ho intrigato e brigato io, per averlo. Proprio io, — aggiunse con tristezza: — io che non sono buona neppure a dire «la smetta, imbecille» se qualche scimunito mi segue per la strada. Ah, ma che sia stato quello? Che sia lui? Quel signore lungo vestito di nero, che l’altro giorno mi seguì fino al portone di casa? La faccia del giapponese ce l’aveva. Ma no, stupida, va a farti benedire, va. [p. 119 modifica]


*


Ella aveva di queste reazioni contro la sua fantasia. Eppure il suo viso pallido di anemica, succhiato da tutti quei capelli prepotenti, s'era tinto di un rosa quasi violaceo, al ricordo dell’uomo alto che ogni tanto le appariva nella strada come un fantasma e la seguiva, senza mai rivolgerle una parola. A lei quest’uomo non piaceva, ma le destava ogni volta un senso di mistero, e lusingava la sua vanità femminile, perchè aveva proprio l’aspetto di un gran signore, di un diplomatico a spasso, e anche di uno che non cerca l’avventura d’amore ma l’amore vero; e lei, così piccola, quasi nana, non possedeva che questa sola specialità per attirare l’attenzione della gente. Queste cose però le diciamo noi, perchè, su questo punto lei non parlava mai e quindi non si sa quale fosse il suo occulto pensiero. [p. 120 modifica]


*


Il suo pensiero adesso era affermato solo dal progetto di profittare a tutti i costi del biglietto d’invito.

— Voglio andarci. Voglio e voglio, — disse sollevando la testa, con un balenìo di luce nei grandi occhi celesti. E anche le sue miti sopracciglia si sbatterono come due piccole ali dorate. — Dopo tutto un piccolo divertimento posso permettermelo, io che lavoro e dalla mattina alla sera compio il mio dovere come nessun’altra donna al mondo. Vuol dire che ci andrò di nascosto del povero Marchini. Tanto peggio per lui.

E di nuovo un senso di cattiva allegria la prese, non tanto per la decisione di andare alla conferenza quanto al pensiero di fare un piccolo torto al povero Marchini. Tanto peggio per lui se egli era così diffidente e meticoloso, se non le permetteva di fare la vita che fanno le altre donne, non per gelosia o per paura ch’ella, così fragile e di poca salute, ne avesse danno, ma per semplice spirito di contraddizione e di autorità maritale.

Del resto ella subiva quasi allegramente [p. 121 modifica]quest’autorità perchè sapeva di sfuggirvi sempre che voleva: lontano di casa il povero Marchini, lei faceva quello che le pareva e piaceva; riusciva anche a piegare la volontà di lui, quando le tornava comodo, e adesso pensava di andare di nascosto alla conferenza non perchè fosse certa di esserne impedita da lui, ma perchè alla faccenda si mischiava un odore di frutto proibito.

— E adesso, amico mio, — disse al biglietto, rimettendolo nella busta e il tutto nascondendo sotto il marmo del comodino, — adesso bisogna pensare al vestito.


*


— Marco mio, coccolino, piccolino, mammolino, — cominciò a susurrare aggirandosi intorno al marito, mentre lui, mangiato bene e bevuto meglio, si disponeva a fumare la sua pipa. Era il momento psicologico, lei lo sapeva, e quell’omaccione tutto d’un pezzo, becero e sentimentale, lo si poteva prendere con una semplice rete di paroline dolci e ridicole.

— Be’, lasciami in pace, — egli disse, calcando la punta nera del pollice sulla pipa ripiena. — Lo sappiamo che vuoi qualche cosa: sbrigati e smettila con le scempiaggini. [p. 122 modifica]

Ella gli tolse un capello grigio dal bavero della giacca e si appoggiò con tutte e due le mani sull’omero di lui.

— Marco, lo sai, ho bisogno di un vestito. Lasciami spiegare. Ho bisogno del solito vestito di mezza stagione, però fa già caldo, non senti? e io sono nervosa e non ho la pazienza di sottomettermi alle torture che mi infligge con le sue prove e riprove quella smorfiosa della mia sarta. E poi lei mi dà così ai nervi col suo eterno chiacchierare, col suo Parigi di qua Parigi di là, lei che non è stata mai neppure a Frascati. Tu devi preoccuparti della mia salute, Marco, se non altro perchè io sono necessaria alla famiglia, e se manco io neppure ti sogni quello che può succedere qui. Perchè io il mio dovere lo faccio, come nessuna altra donna al mondo, e sono contenta di farlo, e sono felice di vivere e di lavorare, per te, per tutti: e non ho grilli per la testa, e non sono leggera nè vanitosa nè bugiarda, come sono le altre donne. Questo non per vantarmi, ma insomma per dire che qualche riguardo anche alla mia salute si deve avere. Io non me la sento, dunque, di sottopormi adesso al supplizio di farmi fare il vestito dalla sarta, che poi me lo finirebbe per l’altra mezza stagione. Ho bisogno di comprare subito il vestito già bell’e fatto.

Respirò, come dopo una corsa vertiginosa, e [p. 123 modifica]anche il marito respirò. Aveva temuto di peggio, tanto che, sotto quella sottile pioggia di parole non s’era deciso ad accendere la pipa come si trovasse sotto una pioggia vera: però, conoscendo anche lui a fondo la sua donnina, presentì subito qualche birbonata di lei.

— Comprati pure il vestito, — disse con la sua solita voce calma e sonora; — ma adesso lasciami fumare in pace.

Questa sua subita e insolita condiscendenza turbò la moglie, anzi le destò un senso di scrupolo. Le venne il desiderio di rivelare il suo segreto: ma pensò che c’era tempo a farlo, anche per mantenere il suo prestigio presso il povero Marchini.


*


Che il povero Marchini sospettasse però di qualche cosa, ella se ne accorse subito, perchè egli le domandò se era uscita, chi aveva veduto, se aveva ricevuto posta; poi quando si trattò di comprare il vestito volle accompagnarla, con la solita scusa che lei non doveva andare in giro con molti denari in tasca perchè già due volte era stata borseggiata.

Il vestito lo scelse lei, con questo interno ragionamento: qui, cara amica, bisogna essere [p. 124 modifica]furbi. Lui forse crede che io voglia scegliere un abito vistoso e di effetto, anche perchè gli ho dato sempre ad intendere che i vestiti chiari che mi sono fatta venivano a costare molto di più di quanto realmente spendevo. Adesso ti servo io, caro Marco. — E fra i cento stracci che venivano fuori dagli armadi come palloncini sgonfiati e fra le abili mani del commesso si rigonfiavano e pareva volessero volare, ella scelse un vestito scuro, semplice, con solo un fiore rosso ricamato dalla parte del cuore.

— Lei ha buon gusto, — la complimentò il commesso.

Era il vestito che costava di più.


*


E per non dare ulteriori sospetti al marito lo indossò il giorno dopo: doveva fare una visita, e le visite almeno le erano permesse, sempre previo avvertimento.

Il vestito, indossato da lei, diveniva un altro: pareva si animasse della gioia di lei, e il fiore sul petto palpitava come un fiore vero sul cespuglio natio. Ella non avrebbe sfigurato, no, tra la folla aristocratica della conferenza: solo le spiaceva di non potervi andare a testa [p. 125 modifica]nuda, incoronata come la regina delle bambole dalle sue trecce meravigliose.

Ed ecco, neppure a farlo apposta, quel giorno le riapparve il suo fantasma. Egli la seguiva, di lontano, e per non raggiungerla coi suoi lunghi passi ogni tanto si fermava a guardare qualche vetrina.

Non c’era più dubbio: egli la seguiva, ma alla soddisfazione vanitosa ch’ella ne provava, più per il suo vestito che per sè stessa, un dubbio seguì: un dubbio che le diede un senso di calore alla testa come se i capelli le bruciassero.

— Adesso lo so chi è quello spilungone: è un agente segreto, ed è lui, Marco, che mi fa pedinare.


*


Ma poi, per dignità verso sè stessa, scartò l’ipotesi, tanto più che nei giorni seguenti l’uomo non riapparve più. Qualche altro però si voltava a guardarla, e un vecchione le rivolse parole galanti. Ella camminava felice nelle strade pur esse felici sotto il cielo di maggio, e quando tornava a casa sollevava il marmo del comodino per visitare il biglietto e ringraziarlo [p. 126 modifica]ad alta voce di averle procurato tutte quelle emozioni.

Ma la più grande delle emozioni le era riserbata proprio per il giorno della conferenza. Il marito le disse che andava a fare una gita in campagna: sarebbe tornato la sera sul tardi. Non la invitò ad andare con lui per la semplice ragione che non l’aveva mai fatto: e lei sulle prime fu tutta contenta, poi ricordò che i mariti fingono di partire e poi piombano sul più bello a disturbare la moglie in colloquio con l’amante.

Qui sorrise: non perchè il suo dubbio le sembrasse ridicolo ma perchè s’immaginò il viso che avrebbe fatto il povero Marchini se realmente l’avesse sorpresa con un uomo. E quando quest’uomo prese, nella fantasia di lei, la lunghezza e il vestito funebre dello sconosciuto che la seguiva per strada, il sorriso sbocciò in una risata infantile: infantile ma non sincera.


*


Perchè qualche cosa di torbido c’era dentro il suo cuore; e lei lo sapeva e in fondo si sorvegliava. In fondo fino all’ultimo momento fu indecisa di andare alla conferenza, non perchè ci fosse del male ma perchè lei ci metteva della [p. 127 modifica]malizia. E appunto per dimostrare a sè stessa che male non c’era, e per dare una lezione al marito, decise di andare e poi raccontargli tutto.

Ci andò, senza affrettarsi, all’ora indicata. Se non trovava posto tanto meglio, sarebbe tornata indietro: e poi in certi posti è più aristocratico arrivare tardi.

Eppure quando arrivò, la sala era ancora quasi vuota: solo alcune vecchie signore straniere e alcuni piccoli uomini gialli con gli occhi obliqui sedevano compunti e quasi tristi nelle prime file delle sedie: e pareva che tutti meditassero qualche cosa di religioso guardando sulla tavola in alto per il conferenziere un mazzo di tulipani e un bicchiere pieno d’acqua.

Ma quello che la colpì come un pugno alla faccia, fu, nel volgersi per scegliere il posto che le sembrava migliore, lo sguardo del povero Marchini. Egli l’aveva seguita davvero, e vista la poca affluenza degli invitati, l’usciere gli aveva permesso di entrare senza biglietto.