Il romanzo d'un maestro (De Amicis)/Camina/XII

La Via Crucis della maestrina

../XI ../XIII IncludiIntestazione 17 settembre 2024 100% Da definire

Camina - XI Camina - XIII
[p. 118 modifica]

LA VIA CRUCIS DELLA MAESTRINA.


Dopo di questa, il maestro non ebbe più seccature dal sindaco; ma glie ne vennero dell’altre donde meno se l’aspettava: dalla maestrina Gamelli, vulgo, la letterata, contro la quale andava continuando e crescendo nel paese la persecuzione a colpi di forbici. A dire il vero, essa aveva il torto con le signore di voler far sentire un po’ troppo la sua superiorità letteraria; e la zietta gobba, sua ammiratrice sviscerata, la serviva male, mettendo in giro tutti gli scrittarelli che pubblicava con tre pseudonimi di fiori su tre diversi giornaletti; istigata anche a questa propaganda dalla moglie dello speziale, una sdentatella impastata d’arsenico, la quale, fingendo ammirazione per la ragazza, faceva doppia parte in commedia. Questa ed altre signore la caricavano di finti complimenti; altre, più orgogliose, s’eran messe d’accordo di non lasciarle aprir mai bocca sulla letteratura, e ci riuscivano con quell’arte finissima che han le donne a tener lontano o a sviare il discorso dalle materie in cui farebbero cattiva figura. E tanto fecero fra tutti, signore e signori, che la maestra finì con sospettar qualche cosa. Erano certe sue frasi poetiche che adoperavano come naturalmente, ma troppo spesso, discorrendo con lei; dei sorrisi ch’ella coglieva a volo; dello esclamazioni falsamente ammirative che facevano su certe singolarità del suo vestire; e un certo modo strano con cui la chiamavano a guardare un paesaggio o un tramonto, per burlare la sua ammirazione un po’ convenzionale della natura, dopo che avevan saputo che per educare al sentimento del bello le sue ragazze essa le faceva qualche volta andare alla finestra a guardare un effetto di nuvole o l’orizzonte della campagna; cosa [p. 119 modifica]che era parsa superlativamente faceta. E fra le signore era la più accanita contro di lei la moglie del delegato, a cagione d’un appunto ch’essa le aveva fatto sulla maniera di pronunziare la doppia zeta. Avvertendo in confuso la canzonatura, la maestra non capì bene, come accade a chi pecca d’affettazione, quali suoi difetti particolari volessero ferire; ma rimase nondimeno turbata profondamente, e mentre aveva creduto fino allora d’aver tanti amici, si sentì ad un tratto in una solitudine, che la sgomentò. Un’amica naturale le sarebbe rimasta, ed era la maestra Pedani; ma questa, avendo indovinato in lei un’indole sentimentale affatto opposta alla sua, la sfuggiva, tanto più dopo aver risaputo che la sua collega, che stava troppo sulle eleganze e sui convenevoli, s’era mostrata stupita ch’essa le avesse fatta la visita d’obbligo coi guanti di filo, mentre la convenienza avrebbe richiesto i guanti di pelle. Trovandosi sola e avvilita nel paese, senza poter sfogar con alcuno la sua amarezza, poichè la zia non era che l’ombra di lei, ella si sentì spinta da un sentimento amichevole verso quel maestro giovane, dagli occhi buoni e dai modi cortesi, a cui non aveva badato per l’innanzi; e prese a scambiar qualche parola con lui, quando s’incontravano. Il maestro n’ebbe un’impressione sgradevole da principio, poichè la terza volta che si parlarono, essa gli rifilò un sonetto da giudicare. Ma poi, al vederla diventata così seria dopo che s’era accorta del mal animo della gente, e più anche al riconoscere che sotto a quella falsa doratura letteraria non mancavano nè la bontà nè l’ingegno, la prese in simpatia, e la difese una sera al caffè contro le canzonature di un crocchio di buontemponi, dicendo loro che spingevano le cose tropp’oltre, e ch’eran gente senza cuore. Essa lo riseppe, e incontratolo il giorno dopo per la strada, gli s’accompagnò senza timore dei curiosi, e sfogò l’animo suo lì per lì, parlando con la gola stretta, rapidamente: — Insomma, signor Ratti, mi dica lei: che cos’ha la gente contro di me? C’è qualche cosa che non capisco. Io non ho offeso nessuno. Si direbbe che m’odiano.... che so io? che ridon di me. Lei lo deve sapere. Cosa dicono? Mi dica la verità. Io non posso vivere in questa maniera. —

Il giovane n’ebbe pietà, e quel dolore sincero espresso [p. 120 modifica]con quella leggera affettazione di pronunzia, e con dei piccoli atti d’indignazione un po’ manierata, gli fece tanto più pena, come farebbero delle lacrime sopra una mascherina di seta rosa. E fu sul punto di dirle tutto. Ma come entrare in quel discorso così delicato, senza ferirla nel più profondo del cuore? Come dirle: ha questi difetti, si corregga? A una donna?

Se la cavò con parole vaghe. Eran sciocchezze; le solite piccinerie maligne dei villaggi. Le signore eran sempre un po’ gelose delle maestre giovani, tanto più se eleganti e di talento. Non bisognava dare importanza.... Tutto sarebbe finito da un giorno all’altro.

Ma quella, vedendolo imbarazzato, non gli credette. — Ah, no, no, — disse, — qui c’è sotto qualche cosa.... di speciale. Lei non dice la verità. Mi parli da galantuomo. Lei ha il dovere d’esser sincero. La prego.

E come s’erano soffermati, in quel momento d’effusione di cuore essa gli afferrò la mano destra, con cui accarezzava la catenella dell’orologio.

Il maestro stava per rispondere, quando tutt’a un tratto corrugò la fronte e ritirò la mano: alzando il viso a una finestra, aveva visto scintillare fra le stecche della persiana gli occhi della moglie del delegato.

Allora ripetè in fretta, con viso indifferente, quello che aveva già detto; diede delle assicurazioni che il suo contegno smentiva, e salutò alla spiccia la maestra; la quale gli disse con le lacrime agli occhi: — Lo credevo diverso — e se n’andò, tristamente.

Dopo due giorni si diceva da tutti per il villaggio che il maestro Ratti e la maestra Gamelli facevano all’amore. La moglie del delegato aveva visto lei fare delle dichiarazioni a lui, con dei gesti molto espressivi, nel bel mezzo della strada. Le letterate andavan per le corte, pareva. Molti si prefissero l’occupazione di tener d’occhio la coppia. La notizia fu data ufficialmente alle amiche, la sera stessa della scoperta, dalla moglie dello speziale, la quale entrò nel salotto esclamando: — Signore, abbiamo una passione!