Il rapimento di Cefalo/Atto quarto
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ATTO QUARTO
berecintia, amore, mercurio, coro degli dei.
Berecintia.
Nella magion stellante e luminosa,
Eterni alberghi, non soggiorna un Dio,
Che per alta beltate alto desio
Non gli abbia messa in cor fiamma amorosa,
Nè pur è stanco ancor, nè pur si pente,
Nè pur si sazia Amor di tanti esempi;
Oggi fa dell’Aurora il petto ardente.
Ella dall’alto ciel discesa in terra
Non cura più di rimenarne il giorno,
Sol per le selve trascorrendo intorno
Pace procura alla sua propria guerra.
Ma se quel d’ogni cor dolce Tiranno
Tosto la bella Dea non riconsola,
Dal colpo avrà d’una saetta sola
Il mondo tutto irreparabil danno.
Chè se del Sole ai rai l’usata scorta
Nel vïaggio fatal non fa l’Aurora,
Il Sol farà nel mar lunga dimora;
Sì nel mio grembo ogni virtù fia morta.
Amore.
Di che diletti il cor così cantando
Antica Berecintia torreggiante?
Rammenti forse i celebrati ardori
De’ trapassati amori?
Berecintia.
O fiero cor sotto ridenti ciglia,
O tenero fanciul d’infiniti anni
Fabbricator d’inganni:
Operator d’eccelsa meravaglia;
Non canto no, non canto
Miei trapassati ardori,
Canto i novelli amori,
Onde la bella Aurora infiamma, ed ardi,
E piango il grave mal, cui tu non guardi.
Amore.
Non biasmar me che dal mio ardor non viene
Mai cagion di dolore,
Vien cagion di dolor dall’altrui core,
Quindi gl’incendj miei non ben sostiene;
Pur ha tanto valor questa mia mano,
Ch’ogni grave tormento
In un solo momento
A voglia mia farà volar lontano.
Berecintia.
Folle è chi ciò non crede,
Prova di mille esempi
Altrui ne può far fede;
Ma fa che chiaro tu lo mostri ancora
Nell’amor dell’Aurora.
Amore.
Riposa omai, riposa,
La bell’Aurora ancor farò giojosa;
Ma vo’ mostrare in pria
Quanto ha seco valor la face ardente,
E la faretra mia.
Mercurio.
Dove cercar d’Amore,
E dove ritrovarlo oggi poss’io?
Ei su dipinte piume
Ratto via più che stral, via più che vento
Ha di volar costume;
Dunque dove cercarlo,
E dove ritrovarlo oggi poss’io?
Ecco colà, s’io non m’inganno il veggio.
O pargoletto Dio,
Spiega le penne, e sali
Al concilio celeste;
Così comanda Giove
Signor degl’immortali.
Amore.
Araldo degli Dei,
Stellante messaggiero,
Deh mi rispondi, e di’ se ti rimembra,
Quando feci Saturno
Coprirsi nel sembiante d’un destriero?
Mercurio.
Ciò fu quando di Pelio infra le selve
Ei fe’ l’aria sonar d’alti nitriti.
Amore.
Dimmi ancor, ti rimembra
Quando per la beltà di Proserpina
S’accese il gran Plutone,
E di lei fe’ rapina?
Mercurio.
Hollo ben ferme in mente:
Egli se la rapì presso Etna ardente.
Amore.
Dimmi ancor ti rimembra
Quando Giove versossi in pioggia d’oro?
E quando egli mugghiò converso in toro?
Mercurio.
Ben ho di tutto ciò ferma memoria,
Amor, ma non intendo
Perchè di tanti amori
Or tu mi prenda a raccontar l’istoria.
Amore.
Perchè ti sia palese
Che s’al mio gran potere
Non è poter, che non s’inchini e pieghi,
Mal consigliossi a comandarmi Giove;
Ma dovea farmi preghi:
Dunque tornando al sempiterno regno
Tu gli dirai, ch’a lui venir non degno.
Mercurio.
Deh non t’infiammi sdegno,
Non hai cagion di disdegnarti, Amore;
Giove non ti comanda, anzi ti prega.
Del così favellar fa mio l’errore;
Vientene meco Amore,
Degli uomini conforto,
Delizia degli Dei,
Che sol dell’universo
Tu regnator, trïonfator tu sei.
Amore.
Or moviam, se t’aggrada:
Nulla si può trovar, che più mi stringa,
D’una gentil lusinga.
Coro degli Dei.
In questo d’almi, e di stellanti lumi
Regno, senz’alcun fin sempre sereno,
Dentro dell’altrui seno
Corrono eterni di letizia i fiumi:
Alzi le vele ognor l’altrui desire,
Nè lo prenda timor d’esser absorto,
Ch’in ogni parte ha porto
Questo infinito mar d’alto gioire.
Varco non è, ch’alcuna volta aprire
Speri l’affanno ond’ei qui ponga il piede;
E qui segno non vede
Morte ove possa con suo stral ferire.
Or con vero fervor d’immortal dire
Di chi tanto ci diè suoni la gloria,
E sì cara memoria
Ingiustissimo obblío mai non consumi.