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DEL CHIABRERA | 321 |
Mercurio.
Ciò fu quando di Pelio infra le selve
Ei fe’ l’aria sonar d’alti nitriti.
Amore.
Dimmi ancor, ti rimembra
Quando per la beltà di Proserpina
S’accese il gran Plutone,
E di lei fe’ rapina?
Mercurio.
Hollo ben ferme in mente:
Egli se la rapì presso Etna ardente.
Amore.
Dimmi ancor ti rimembra
Quando Giove versossi in pioggia d’oro?
E quando egli mugghiò converso in toro?
Mercurio.
Ben ho di tutto ciò ferma memoria,
Amor, ma non intendo
Perchè di tanti amori
Or tu mi prenda a raccontar l’istoria.
Amore.
Perchè ti sia palese
Che s’al mio gran potere
Non è poter, che non s’inchini e pieghi,
Mal consigliossi a comandarmi Giove;
Ma dovea farmi preghi:
Dunque tornando al sempiterno regno
Tu gli dirai, ch’a lui venir non degno.
Mercurio.
Deh non t’infiammi sdegno,
Non hai cagion di disdegnarti, Amore;
Giove non ti comanda, anzi ti prega.
Del così favellar fa mio l’errore;
Vientene meco Amore,
Degli uomini conforto,
Delizia degli Dei,
Che sol dell’universo
Tu regnator, trïonfator tu sei.
Amore.
Or moviam, se t’aggrada:
Nulla si può trovar, che più mi stringa,
D’una gentil lusinga.
Coro degli Dei.
In questo d’almi, e di stellanti lumi
Regno, senz’alcun fin sempre sereno,
Dentro dell’altrui seno
Corrono eterni di letizia i fiumi:
Alzi le vele ognor l’altrui desire,
Nè lo prenda timor d’esser absorto,
Ch’in ogni parte ha porto
Questo infinito mar d’alto gioire.
Varco non è, ch’alcuna volta aprire
Speri l’affanno ond’ei qui ponga il piede;
E qui segno non vede
Morte ove possa con suo stral ferire.
Or con vero fervor d’immortal dire
Di chi tanto ci diè suoni la gloria,
E sì cara memoria
Ingiustissimo obblío mai non consumi.
ATTO QUINTO
giove, coro degli dei, amore, aurora, cefalo, coro di cacciatori.
Giove.
Dell’alto Olimpo abitatori eterni,
Benchè beati in voi medesmi appieno
Non cerchiate alcun ben fuor di voi stessi;
Non fa senza ragion formare il mondo,
Che di nostra bontà fosse vestigio:
E per non discordar da noi medesmi
Pur vuol ragion, che si conservi in stato:
Però quando ne’ secoli primieri
Fetonte incauto sulle rote ardenti
Smarriva il corso dell’eteree strade,
Io perchè ’l mondo non andasse in fiamma
Vibrai la destra a fulminar non lento:
Or per alta cagion non minor risco
Ecco sovrasta; divenuta amante
La bella Aurora fa soggiorno in terra,
Nè la legge del dì più si rammenta,
Ella non scorge il Sole, il Sol dall’onde
Non mena il giorno, e tenebrosa notte
Dell’aria i campi occuperà mai sempre,
Tal ch’ogni cosa fia distrutta in terra;
Quinci all’ardor dell’amorosa Dea
E gran ragion, che tua virtute Amore
Termine ponga: onde tuo titol sia
Conservator, non struggitor del mondo.
Parte del Coro.
O bellissimo Dio,
Quando era l’universo
In confusa caligine sommerso,
Tu pur fosti ad aprirlo,
Pur fosti ad abbellirlo.
Altra parte del Coro.
Dunque perch’ei non torni
Confuso un’altra volta,
Le nostre voci, e nostri prieghi ascolta:
Empi il comun desio,
O bellissimo Dio.
Amore.
Quantunque a rischiarar l’alta possanza
De gli aurati miei strali
Opre meravigliose a tentar pigli,
Non è già mio consiglio,
Ch’indi nascano mali:
Ciò pienamente oggi farò palese,
All’infiammata Aurora;
Oggi del suo piacer sarò cortese,
Ond’ella possa far lieto ritorno
Agli uffici vitali,
In terra io spiego l’ali
Voi su nel ciel cantate
La mia gran potestate.
Coro degli Dei.
S’alla stagion primiera
Stato non fosse Amore,