Il rapimento di Cefalo/Atto quinto

../Atto terzo

../Atto quinto IncludiIntestazione 2 febbraio 2024 75% Da definire

Atto terzo Atto quinto
[p. 321 modifica]

ATTO QUINTO


giove, coro degli dei, amore, aurora, cefalo, coro di cacciatori.

Giove.
Dell’alto Olimpo abitatori eterni,
     Benchè beati in voi medesmi appieno
     Non cerchiate alcun ben fuor di voi stessi;
     Non fa senza ragion formare il mondo,
     Che di nostra bontà fosse vestigio:
     E per non discordar da noi medesmi
     Pur vuol ragion, che si conservi in stato:
     Però quando ne’ secoli primieri
     Fetonte incauto sulle rote ardenti
     Smarriva il corso dell’eteree strade,
     Io perchè ’l mondo non andasse in fiamma
     Vibrai la destra a fulminar non lento:
     Or per alta cagion non minor risco
     Ecco sovrasta; divenuta amante
     La bella Aurora fa soggiorno in terra,
     Nè la legge del dì più si rammenta,
     Ella non scorge il Sole, il Sol dall’onde
     Non mena il giorno, e tenebrosa notte
     Dell’aria i campi occuperà mai sempre,
     Tal ch’ogni cosa fia distrutta in terra;
     Quinci all’ardor dell’amorosa Dea
     E gran ragion, che tua virtute Amore
     Termine ponga: onde tuo titol sia
     Conservator, non struggitor del mondo.
Parte del Coro.
O bellissimo Dio,
     Quando era l’universo
     In confusa caligine sommerso,
     Tu pur fosti ad aprirlo,
     Pur fosti ad abbellirlo.
Altra parte del Coro.
Dunque perch’ei non torni
     Confuso un’altra volta,
     Le nostre voci, e nostri prieghi ascolta:
     Empi il comun desio,
     O bellissimo Dio.
Amore.
Quantunque a rischiarar l’alta possanza
     De gli aurati miei strali
     Opre meravigliose a tentar pigli,
     Non è già mio consiglio,
     Ch’indi nascano mali:
     Ciò pienamente oggi farò palese,
     All’infiammata Aurora;
     Oggi del suo piacer sarò cortese,
     Ond’ella possa far lieto ritorno
     Agli uffici vitali,
     In terra io spiego l’ali
     Voi su nel ciel cantate
     La mia gran potestate.
Coro degli Dei.
S’alla stagion primiera
     Stato non fosse Amore,

[p. 322 modifica]

     La bellezza del mondo unqua non era,
     E s’or non fosse Amore,
     Il bel del mondo tornerebbe orrore.
Amore.
Per mille nobil prove
     Già mia faretra io coronai di gloria:
     Ma via più nobil pregio
     Certo mi recherà l’alta memoria
     Dell’Amor dell’Aurora:
     Si col pensiero io veggio
     Ne’ secoli futuri,
     Di lei cantarsi l’amorosa pena
     In gran teatro, e su mirabil scena:
     Ma vien la bella Diva,
     lo qui vo’ star nascoso,
     Ed alquanto sentir ciò ch’ella dice
     Di suo stato amoroso.
Aurora.
Che si dirà tra le mondane genti
     Udendo raccontar che d’una Diva
     Per un uomo caduco
     Fossero un tempo i desideri ardenti
     Infra’ vili mortali
     Biasmo mi si darà, perchè del vulgo
     Sono i giudici frali:
     Ma certa son che alle reali orecchie
     La fiamma mia non giungerà col biasmo:
     Che i re come di stato
     Sono agli Dei vicini,
     Così non meno hanno i pensier divini.
Amore.
O fra l’alme beltà che ’i Cielo apprezza
     Non seconda bellezza:
     Mira gli strali onnipotenti, e l’arco,
     Che nuovamente il cor si t’ha ferito.
Aurora.
Saettator fornito
     D’altro foco infinito,
     Ond’ogni cosa accendi,
     Deh perchè meco a sacttar non prendi
     L’aspro smalto onde Cefalo s’indura: 2
     Si ch’egli non rifiuti
     Del mio felice Amor l’alta ventura.
Amore.
Cara scorta del giorno
     Ch’ove ti mostri fiammeggiando in cielo,
     Il ciel divien più dell’usato adorno:
     Porgi le belle orecchie al parlar mio:
     I secreti amorosi a me son noti
     Poscia che degli amanti io sono il Dio:
     Come Cefalo appar, non far parola:
     Stringilo teco, e verso il ciel ten vola.
Aurora.
Che mi consigli tu? s’egli non brama
     Meco bearsi in quel superno reguo,
     Tu sai ch’ei non è degno.
Amore.
Io piagherogli il petto,
     E forte sì l’infiammerò per via,
     Ch’avrà sommo diletto
     Di ciò, ch’or non desia;
     Ecco ch’ei muove il piede
     Con pensoso sembiante:
     Prendi seco a parlar si come Dea,
     lo me ne torno su nel ciel stellante.
Aurora.
Cefalo ascolta, ch’altra volta in terra
     D’una sol voce mia non sarai degno:
     Hai tu rivolto o forsennato il core
     Al ben che ti promette
     Il foco altier del mio celeste ardore?
Cefalo.
Via più, che non solea
     Scorgo ne’ tuoi sembianti
     D’almo splendore, e nel tuo sguardo o Dea:
     Ma dei supremi Dei le viste eterne
     Comprendono del cor le voglie interne
     Si ch’è sciocchezza rea l’altrui mentire:
     L’amor della mia donna,
     Di così fiero ardor m’empie la mente,
     Ch’ei non mi lascia il tuo voler seguire,
     E di ciò non potere
     Ho bellissima Diva il cor dolente.
Aurora.
Di’ tu veracemente?
     Or porgimi la man, fammi sicura,
     Come il tuo dir pon mente.
Cefalo.
Poichè così m’imponi
     O Diva, ecco la mano.
Aurora.
Ed io dal mondo or ti farò lontano,
     Salirai meco al sempiterno impero,
     Vedrai, che sulla terra uman pensiero
     Di ben verace è desioso in vano.
Coro di Cacciatori.
Ineffabile ardore
Ch’agli alberghi del ciel richiama il core
     Move si dolce, e sì soave guerra
     Lusingando i pensier beltà mortale,
     Ch’a volo un cor non spiegaria mai l’ale
     Per sollevarsi peregrin da terra,
     Se non scendesse a risvegliarlo Amore.
     Ineffabile ardore
     Ch’agli alberghi del ciel richiama il core.
     Caduca fiamma di leggiadri sguardi
     Ci dà per morto dilettoso assalto,
     Indi arma l’arco, ed indi avventa i dardi,
     Che il cor piagato han di bear valore,
     Ma verace beltà regna nell’alto.
     Ineffabile ardore
     Ch’agli alberghi del ciel richiama il core.
     Qual trascorrendo per gli eterei campi
     Il Sol quaggiù l’ombre notturne aggiorna,
     Tal Amor sulle stelle almo soggiorna,
     E cosparge fra noi fulgidi lampi,
     Per invogliare altrai del suo splendore.
     Ineffabile ardore
     Ch’agli alberghi del ciel richiama il core.
     Quando il bell’anno primavera infiora,
     D’infiniti color ride il terreno,
     Onde infinite ha l’Oceán nel seno; I
     Ma minor pena al numerarle fora, h
     Che d’Amor celebrar l’inclito onore.
     Ineffabile ardore
     Ch’agli alberghi del ciel richiama il core.
La Fama.
Poichè gli Esperei regni, e i regni Eoi
     Gran Ferdinando di stupor colmai,
     Si tue glorie cantando alto sonai
     La tromba amica de’ sublimi eroi.