Il nostro padrone/Parte seconda/XVI
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XVI.
Senza aspettare il ritorno di Antoni Maria, si alzò e ritornò sulla montagna. Ma a misura che si allontanava dal paese la sua esaltazione cadeva: e la rabbia, l’odio, il desiderio di conoscere intera la verità e di vendicarsi lo riassalivano.
Gli sembrava che Antoni Maria potesse ridersi di lui e della sua debolezza; e l’orgoglio e la vanità sopraffacevano la sua fede e i suoi terrori religiosi.
Al cader della sera ritornò a Nuoro. Era stanco e assonnato; gli pareva di sognare uno dei suoi soliti sogni e di camminare spinto da una mano invisibile. Cadeva, si sollevava, gemeva, sapeva di andare incontro a un dolore terribile, ma non voleva più ritrarsi, e diceva a sè stesso in un delirio di egoismo:
— Ucciderò ancora. Vuol dire che Dio vuole così, altrimenti non mi spingerebbe come mi spinge: vuol dire che Egli vuol punire per mano mia altri colpevoli, e che si riserverà poi di castigarmi!...
Verso le nove di sera egli era già appiattato dietro il muricciuolo dell’orto in faccia al cancello della maestra. La notte era nebbiosa e come un velo grigio fluttuava al di sopra degli orti nascondendo i tetti delle case.
Egli stette là fino all’alba, contando le ore, con l’impressione che il cielo si abbassasse, si abbassasse sempre più verso la terra, e l’aria mancasse, e ogni cosa dovesse a momenti venire schiacciata da una immensa lastra di piombo. Quest’incubo non gli impediva di spiare ciò che succedeva nella casetta; ma la notte svanì ed egli non vide e non sentì nulla, null’altro che il suo dolore.
Giorni e notti così passarono. Una notte, stanco di aspettare invano, egli andò da Antoni Maria e gli rinfacciò di averlo tradito, di aver messo in avvertenza gli amanti.
— Ascoltami, — rispose Antoni Maria, — voglio dirti la verità come se stessi per morire. Dissi dunque a Sebastiana che sospettavo e che ti avrei avvertito. Ella ha baciato la terra, davanti a me, piangendo giurando che è innocente. — Da quello che ho potuto capire ella ha solamente compassione di Bruno. È lui che le si aggira attorno come la volpe intorno all’agnello; e tu non fare inutilmente del male a tua moglie, Predu Maria Dejà! Riguardo all’altro penserà Dio a far le vendette.
Ma Predu Maria oramai dubitava e voleva accertarsi coi proprii occhi; e quasi ogni notte si appiattava dietro il muro dell’orto come un cane da caccia, e trascurava il suo dovere e correva il rischio d’esser cacciato dal suo posto: in poco tempo dimagrò ed i suoi capelli si fecero completamente bianchi. Una notte mentre stava appiattato fu colto da un violento acquazzone, e l’indomani fu assalito dalla febbre e sperò di morire. Di nuovo sentì una pace funebre, e gli sembrò che Dio, invece di continuare a spingerlo verso il male per castigarlo del male già fatto, lo attirasse dolcemente a sè come un padre misericordioso.
Ma dopo qualche giorno la febbre cessò, lasciandogli una gran debolezza di corpo e di spirito. Sdraiato sotto la tettoia, al medesimo posto ove una notte egli aveva veduto Bruno buttato giù come un vinto, provava la stessa tristezza rassegnata che era sopravvenuta agli accessi di disperazione dopo la sua condanna. Un velo era caduto fra lui e il mondo, ed egli vedeva le figure dei suoi nemici agitarsi attraverso questo velo come fantasmi fra la nebbia.
Un giorno Antoni Maria andò su a trovarlo, tutto vestito a nuovo, caracollante su un bel cavallo baio: sembrava molto allegro, e appena arrivato trasse dalla bisaccia un porchetto dalla contenna tinta di sangue e lo agitò in alto come un trofeo.
— Allegro, uomo! Oggi facciamo festa. Fulanu1 muore!
Predu Maria lo guardava stupito, e non si rallegrava nè si rattristava per la notizia, ma non capiva perchè l’altro dovesse provarne tanto piacere.
— Sposerò Marielène. Tu sorridi? Credi che io sia stupido come te? Ho già cominciato a farle la corte. Su, scuotiti, tira fuori una bottiglia di anisetta. Pagherò io! — riprese Antoni Maria, facendogli vedere il suo portafogli gonfio di biglietti da cinque lire, e raccontando che un negoziante di buoi gli aveva affidato un grosso capitale.
— Festa, festa, dunque!
E i due amici fecero una specie di banchetto funebre, festeggiando la prossima fine di Bruno: e non si sapeva quale dei due fosse il vero nemico dell’agonizzante, ma a giudicarne dalla sua macabra gioia pareva Antoni Maria.
— Egli era venuto con l’idea di conquistare il paese, — egli diceva, e tutto il suo odio di razza vibrava nelle sue parole. — Come un puledro indomito egli voleva stravolgere quanti incontrava nella sua corsa. Ed ora, eccolo atterrato. Era furbo, ma quello lassù è più furbo di lui!
Egli indicava il cielo, mentre Predu Maria accennava di sì, di sì, ma senza dimostrare un’allegria smodata per la sconfitta del suo rivale.
Note
- ↑ Quel tale.