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XI.

Grazia era fuor del suo uscio e guardava venire suo marito e Natale che tornavano dal mercato di Varallo.

— Come passano gli anni! Ecco lì il nostro figliolo ch’è più grande di me e quasi arriva a le spalle di suo padre. Chi mai direbbe che ha appena dieci anni a vederlo così alto, e carico come un uomo? — il ragazzo, appena vide la mamma, sventolò il cappello e prese la rincorsa coll’enorme sacco che gli ballava sulle spalle.

«Dodici lire!... dodici lire più di quel che si credeva abbiamo venduto il vitellino! il babbo t’ha portato un regalo, vedrai! C’è da mangiare? abbiamo una fame! Presto, presto che devo andar a scuola.»

«Sarai stanco» osservò la mamma.

«Io, no: e poi bisogna bene che ci vada: sono gli ultimi giorni: la settimana ventura c’è l’esame.» [p. 80 modifica]

Non ebbe tempo sua madre di liberarlo dal sacco; egli lo lasciò cader su una seggiola e corse alla tavola dove c’era pronta la colazione. Intanto il babbo arrivò e Grazia esaminò la zappa e il badile nuovi, ch’egli aveva portato e si mise a palpare il sacco tutto punte e bernoccoli per indovinare che cosa suo marito le avesse comperato.

«Qui c’è qualche regalo per me,» disse. «Una rocca? no?... allora sono scarpe. Ma cos’è questo? Una roba quadrata....»

Natale rideva non smettendo di mangiare, e Bernardo serio serio, diceva: «Che pretese hanno queste benedette donne: anche un regalo, vuole! come non si spendessero abbastanza soldi nelle cose necessarie.... Quest’è curiosa! ma chi ti dice che c’è roba per te, qua dentro?»

Natale ammiccava cogli occhi, seguitando a ridere e a mangiare. Finalmente Bernardo slego la bocca del sacco, e Grazia cacciò dentro così presto la testa, che suo marito ve la chiuse come un topo preso nella trappola.

«Ci sei! ci sei! non scappi più. Dimmi cos’hai visto.»

«Niente, ahi! niente ho visto! lasciami andare, briccone! soffoco....» E tirò su la sua testina tutta rossa e ridente.

«Che ne dici, Natale? Pensare che ho qui una donnina alta come una bambola, eh io potrei mettere in un sacco, solo che volessi, e invece mi ci lascio metter io tranquillamente, come se non fossi quell’omaccione che sono....»

La sua vociona era così piena di lieta tenerezza che quelle parole sembrarono più dolci di una carezza al cuore della buona piccola Grazia. [p. 81 modifica]

«Sicuro,» disse «alta come un soldo di cacio sono, ma capace di sgridarti se m’hai preso un regalo troppo caro. Vediamo un po’.»

A stento, dal grosso carico, insieme alla canape e alla provvista di caffè e di candele di sego, uscì nientemeno che un quadro colla sua bella cornice dorata. Era una Madonna col Bambino Gesù, un’oleografia lucida lucida, a colori vivaci, che parve a Grazia una meraviglia non mai veduta.

«Par viva! par che debba parlare da un momento all’altro.... Ma quanto deve costare! Bernardo, questa volta hai proprio fatto uno sproposito, oh! ma questo Bambino com’è bello, coi suoi ricciolini neri! par tutto la Raffaellina quando aveva due anni. Caro, caro!» E lo baciò due volte, contenta di sentire che suo marito l’aveva portato al santuario di Varallo per farlo benedire, quel magnifico quadro.

«Farà star bene tutta la camera: ma chi sa quanto l’avete pagato!...»

«Ho venduto burro, cacio, vitellino, e ova, tutta roba fatta o allevata da te.»

«E intanto avrai dimenticato di comperar gli zoccoli per Raffaella» disse Grazia.

«Non ho dimenticato nulla. Gli zoccoli sono nelle tasche di Natale.»

Il ragazzo li tirò fuori e li mise sulla tavola.

«Tienli, tienli» disse sua madre. «Or ora quando vai a scuola, passa dalla casa di Marianna, e se vedi Raffaella daglieli a nome mio.

«Oh, mamma, va tu,» disse il ragazzo seccato.

«Perchè? era pure la tua compagna una volta. Ora non la guardi neppure, povera vecchietta!»

Natale si mise a bere il latte nella scodella e na[p. 82 modifica]scose tutto il viso. Non sapeva neppur lui perchè gli seccava di trovarsi con Raffaella: si vergognava quasi di pensare che c’era stato un tempo in cui non si divertiva che con lei. Alcuni suoi compagni non 1 avevano dimenticato e gli dicevano qualche volta: guarda la tua Raffaella, ed egli voltava allora il viso dall’altra parte arrossendo di dispetto.

La vedeva però di rado: ora Savina andava fuori colle bestie perchè il fratello maggiore era soldato, e toccava a Raffaella far la donnina di casa, tener pulito, curare una sorellina venuta al mondo da poco e preparar da mangiare. Non aveva più tempo di giocare, povera bimba, e le pareva di pensare a un bel sogno quando si ricordava delle belle giornate passate in casa di Grazia, accarezzata e curata con tanto amore, e la scuola dove imparava tante cose che le piacevano.

Natale si rimise gli zoccoli in tasca, prese 1 suoi quaderni e s’avviò verso il paese, svoltando per passare davanti alla casa di Marianna. Fuor dell’uscio, chinata su una tinozza, c’era una ragazzetta che aveva de’ panni; era bruna, magra, colle treccine strette strette puntate sulla nuca: aveva gli occhi neri, come pieni di stupore. Si sarebbe detto che si stupisse di trovar la vita così diversa di quel che s’era figurata.

Ella sbatteva così forte un camiciolino contro l’asse della tinozza da non udire il passo di Natale che s’avvicinava. Vide cadere sul terreno al suo fianco un par di zoccoletti nuovi coi nastri rossi e si voltò meravigliata.

«È la mamma che te li manda» disse il ragazzo senza guardarla. «Addio» e se ne andò.

Raffaella rimase voltata a seguirlo cogli occhi, an[p. 83 modifica]cora più larghi, ancora più stupiti, e una gran malinconia le riempi il cuore quando lo vide scomparire. Non era più il Natale di una volta, neppur lui. Come tutto cambia a questo mondo.... Ma a un tratto rivi e gli zoccoletti e pensò: — non ho neppur detto grazie. Natale ha ragione d’essere così con me: sono tanto stupida! —

Oh, che bei zoccoli, e come stavano bene quei stri rossi! ne aveva proprio bisogno: la domenica innanzi, quando aveva dovuto inginocchiarsi al momento dell’Elevazione, s’era sentita tutta infiammare al pensiero che forse non era riuscita a nascondere col vestito gli zoccoli rotti, e che la gente che c era dietro li vedeva. Che buona Grazia! forse aveva visto e glie ne mandava un paio nuovi....

Mise da parte i panni e si lavò i piedi per provarli, così nuovi, così bianchi con un buon odore di legno appena tagliato, che le piaceva tanto.

Erano soltanto tre i ragazzi che avevano proseguito la scuola oltre la terza classe: il figlio dell’albergatore, il nipote del curato e Natale, il quale era il minore d’età, ma vinceva tutti per la sua robustezza, non solo, ma soprattutto per la forza di volontà.

Bisognava ridere a vederlo nel banco col e ginocchia in bocca: ne usciva tutto ingranchito. Il maestro — un mingherlino — non voleva che si alzasse quando lo interrogava, perchè gli dava fastidio di vedersi lì davanti questo ragazzone tanto più alto di lui.

«E così fuor di posto,» osservò un giorno l’Ispettore governativo venuto a visitare la scuola, «che non si capisce come ci stia volontieri.» [p. 84 modifica]

«Oh, tutto quello che deve fare Natale Martinez lo fa con piacere,» rispose il maestro.

Ed era proprio così. Egli non aveva più ingegno de’ suoi compagni, ma colla sua perseveranza, colla sua buona voglia, anzi, colla sua lieta voglia, egli riusciva sempre a superarli.

Per lui le parole — si deve fare, — erano come un bersaglio del quale bisognava prender la mira. Si poteva sbagliare il colpo, ma che ci fosse qualcuno che invece di mirar nel centro mirasse fuori egli non lo poteva capire.

Il verbo dovere non si poteva coniugare per lui in altri tempi e in altri modi. Parecchi suoi compagni dicevano: — si dovrebbe fare.... il maestro dice di fare, dovrei, dovrò fare.... — Natale non sapeva trovare scorciatoie sulla sua strada; ne vedeva una sola, diritta, e non pensava di mutarla neppure quando diventava ripida e faticosa. Era allora, anzi, che si sentiva più animato dal desiderio di proseguire, di riuscirci; e avanti, senza arrestarsi, senza guardarsi intorno, non pensando che alla gioia di arrivar finalmente alla meta.

Pur trovando nello studio tanto piacere, egli non aveva però mai pensato di continuare gli studi al di là del corso elementare. In paese non c’erano altre scuole, e nessuna ambizione spronava i suoi o lui stesso a uscir dalle vecchie abitudini, a diventar qualche cosa di più che un oscuro montanaro, a farsi una fortuna.

Il babbo gli aveva sempre detto: — fa tutte le tue classi elementari, e sarò un uomo contento. Quando si riesce bene si deve andare sino alla fine dell’opera e non lasciarla a metà. — [p. 85 modifica]

E Natale era andato avanti, ed ora arrivava alla fine dell’opera.

La mattina dell’ultimo esame, mentre s’avviava colla mamma su per il sentiero del villaggio, arrivati sotto i noci sentirono dall’alto un cucù! cucù! così forte che li fece trasalire.

«Non alzar la testa, Natale» sussurrò Grazia, stringendosi a lui. «È Nocente.»

Quando furono qualche passo avanti, una voce fessa gridò: «è alto come una pertica e va ancora a scuola, ah ah!»

Natale e Grazia seguitarono la loro strada senza voltarsi.

Poi la voce gridò con una risata stridente:

«Guarda, guarda! il papà che mena a scuola la sua bambina!»

Natale si voltò, col viso infiammato.

«Vigliacco! non so dove sei! perchè tu ti nascondi come tutti i vigliacchi! ma verrà il momento, sai, in cui ti accorgerai che cosa sono io!»

La mamma, spaventata, lo prese per il braccio e tornarono a camminare, ma un tremito d’ira scoteva le spalle di Natale.

«È presto detto, non badargli, non badargli! ma quel momento deve venire, è inutile!...»

«Oh, Natale! non dir questo, ti prego,» supplicò la mamma. «Quel ragazzo è un cruccio anche per me; ma dobbiamo pensare ch’è il solo che abbiamo: tutti ti vogliono bene e devi sopportare se uno non te ne vuole....»

«Sì, ma può venire il giorno in cui sarei un vigliacco io, se sopportassi troppo.»

«Dio non voglia che quel giorno venga, figliuolo [p. 86 modifica]mio. Non pensiamoci, oggi devi aver la mente tranquilla per i tuoi esami.»

Entrò in scuola ch’era ancora eccitato; c era 1spettore governativo, il Sindaco, il Curato, tutte le Autorità del paese. Natale, come il solito, rispose colla voce forte e sicura e fece uno splendido esame.

Chi non era del paese, disse: «Sfido io, è il più vecchio di tutti!» ed era invece il minore; quel giorno però il suo viso aveva un’espressione seria che lo faceva infatti sembrare un giovinetto.

Quando uscì, in mezzo a tutta quella gente col premio in mano, vide fra i gomiti di due donne la faccina bruna di Raffaella, che lo fissava sorridendo, ed egli si voltò da un’altra parte perchè si ricordò di Nocente.