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scose tutto il viso. Non sapeva neppur lui perchè gli seccava di trovarsi con Raffaella: si vergognava quasi di pensare che c’era stato un tempo in cui non si divertiva che con lei. Alcuni suoi compagni non 1 avevano dimenticato e gli dicevano qualche volta: guarda la tua Raffaella, ed egli voltava allora il viso dall’altra parte arrossendo di dispetto.
La vedeva però di rado: ora Savina andava fuori colle bestie perchè il fratello maggiore era soldato, e toccava a Raffaella far la donnina di casa, tener pulito, curare una sorellina venuta al mondo da poco e preparar da mangiare. Non aveva più tempo di giocare, povera bimba, e le pareva di pensare a un bel sogno quando si ricordava delle belle giornate passate in casa di Grazia, accarezzata e curata con tanto amore, e la scuola dove imparava tante cose che le piacevano.
Natale si rimise gli zoccoli in tasca, prese 1 suoi quaderni e s’avviò verso il paese, svoltando per passare davanti alla casa di Marianna. Fuor dell’uscio, chinata su una tinozza, c’era una ragazzetta che aveva de’ panni; era bruna, magra, colle treccine strette strette puntate sulla nuca: aveva gli occhi neri, come pieni di stupore. Si sarebbe detto che si stupisse di trovar la vita così diversa di quel che s’era figurata.
Ella sbatteva così forte un camiciolino contro l’asse della tinozza da non udire il passo di Natale che s’avvicinava. Vide cadere sul terreno al suo fianco un par di zoccoletti nuovi coi nastri rossi e si voltò meravigliata.
«È la mamma che te li manda» disse il ragazzo senza guardarla. «Addio» e se ne andò.
Raffaella rimase voltata a seguirlo cogli occhi, an-