Il buon cuore - Anno XIV, n. 40 - 2 ottobre 1915/Religione

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Vangelo della domenica IVa dopo la Decollazione

Testo del Vangelo.

In quel tempo vedendo il Signore Gesù lungo la strada una pianta di fico, si accostò ad essa, e non zi trovò altro che foglie, e le disse: non nasca mai più da te frutto in eterne. E subito il fico si disseccò..1vendo ciò veduto i discepoli, ne restarono ammirati, e dicevano: Come si è disseccato in un attimo?.Ma Gesù rispose, e disse loro: in verità vi dico, che se avrete fede, e non vacillerete. farete non solo quel che è stato di questo fico: ma quand’anche diciate a questo monte: levati e gettati in mare, sarà fatto. E ogni qualunque ’Cosa che domanderete nell’orazione credendo, la otterrete. (S. MATTEO, cap. 21).

Pensieri.

Il tratto evangelico ha senza dubbio un contenuto simbolico. Per meglio colpire l’imaginazione del pc:, polo, Gesù non si accontenta di raccontare, come spesso ’Usava, una parabola: ci presenta invece una vera azione, un dramma che si innesta alla vita reale. Il giorno innanzi Gesù era entrato trionfante in Gerusalemme, accolto ’dalle festose ovazioni d’un popolo più entusiasta che fermo nella devozione a Lui. Poche ore dopo la maledizione del fico, entrato nel tempio convertito in piazza di mercato, avrebbe cacciati i profanatori che si reputavano a sufficienza religiosi, unicamente perchè adempivano con discreta,puntualità le ingiunzioni rituali della legge mosaica. Ora al popdlo dall’animo volubile e agli Scribi e Farisei tristi e superstiziosi, Gesù volea far capire non essere le facili acclamazioni, non le abluzioni e le altre pratiche rituali che giustificano, quando lo spirito è perverso e il cuore guasto: voleva si persuadessero, in altri termini, non essere le fòglie, ma richiedersi invece frutti sani e gustosi se vogliamo corrispondere alla nostra vocazione. E perché queste verità impressionassero efficacemente il popolo, ordisce la parabola in azione della ficaia sterile e della maledizione che, quasi una vampa di fuoco, riduce a tronco sterile e secco quella che poc’anzi era pianta lussureggiante di verdi foglie. Da notarsi altresì che Gesù era allora alla vigilia della sua Passione e Morte: i nemici stavano ormai prendendo gli ultimi accordi Per sfogare la loro sete di sangue. E Gesù pensava ancora a rompere l’incantesimo del male che li avvolgeva tra le sue spire. Nel suo concetto misericorde, questo atto di giustizia severa,e repentina, dovea sonare come minaccia di ineluttabile castigo per quei ribaldi che si hisingavano di ridurre al silenzio Chi poteva, quanto meglio gli piacesse, disporre di un così pronto e sovrano potere.

Ciò che per i deicidi dovea essere severo monito, per i seguaci del Cristo sonava parola di conforto e di speranza. Durante le ore tristi della Passione, un dubbio angosciava l’animo degli Apostoli. se veramente Egli era Dio, come potè essere vittima delle nequizie umane? Non avea Egli potere di sventare le trame dei suoi nemici, di sbaragliare l’orde dei tristi che insultavano e martirizzavano la sua umanità? Ecco che Gesù con quest’affermazione della sua possanza, viene a ribadire la verità altrove annunciata: Egli essere la vittima volontaria, l’agnello che si immola senza costrizioni per espiare il male fatto dagli altri. Coll’entrata trionfale in Gerusalemme ha affer_ mato il potere suo, quasi di re, su tutto il popolo. Cacciando dal Tenipio i profanatori ha rivendicato a sè il potere sacerdotale. L’albero poi che alla maledizione del Cristo si secca e muore è testimonianza del potere assoluto che Esso ha sovra le creature:. Così noi sappiamo che se Gesù si piega sotto la bitfera di odio che attorno lo avvolge, non è Per manco di energia e di potere di resistenza: è unicamente perchè Egli lo volle: oblatus est qui Ipse voluit.

Agli Apostoli che attoniti, il giorno dopo, riguardavano l’albero stecchito, Gesù, come in altre consi,mili circostanze, diede sicurtà di un potere anche più prodigioso, purchè a Lui fossero rirfiasti uniti,- E non lu vuota promessa. Il Vangelo stesso,,gli. Atti degli Apostoli, la storia ecclesiastica stanno a testimoniare come questo- potere taumaturgico di Gesù ’è sempre vivo ed operante nel corpo della Chiesa Cat, tolica. Non vi è epoca, non vi è regione in cui qualche essere privilegiato non abbia col faséino dei miracoli strappato gridi di ammirazione e inni di grazie a Dio che opera senza interruzioni meraviglie ne’ suoi’Sariti. La critica potrà trovare che qualche fatto è stato annoverato tra i prodigi per eccesso di buona fede e di Semplicismo, intellettuale. Ma non è questo ’che possa distruggere la realtà di tanti e tanti fatti prodigiosi. Le leggi eterne che Dio ha posto a base della vita cosmica, agiscono e si sviluppano con un Ordine e con una continuità che è essa stessa un miracolo. Ma quando qualcuna di queste leggi viene ad essere di inciampo a conseguire un fine che è degno di Lui,,l’uomo si avanza, in nome di Dio comanda e le forze della natura all’imperativo divino tacciono o si trasformano, ancelle di Colui che è principio primo di tutte le forme di vita, Ma se questo potere comunicato è, magnifico nel dominare il mondo esteriore, assume un più netto carattere di grandiosità e insieme di intimità, quando s’esercita nell’ambito della volontà. Dar la parola ai muti, l’udito ai sordi, la vista ai ciechi, la salute agli infermi; richiamare da vita a morte:piegare alla propria volontà gli elementi della natura e gli spiriti degli abissi, è opera che suscita ammirazione. Ma piegare la volontà propria e l’altrui,- indirizzarla al [p. 268 modifica]bene, vincere la suggestione dell’errore e delle passioni che la affascinano; far sì che l’anima risorga, bella e splendente, dalla tomba in cui l’aveva cacciaka, i4 peccato; e trasformarla, l’anima, elevarla, renderla forte, farla degna di essere l’amica, la confidente dell Sposo celeste, ah! è questa opera vera mente divina e che attesta, in chi la sa compiere, la permanenza di un potere che non può, essere la risultante delle nostre sole energie. A quali condizioni Gesù ci farà pertecipi del suo potere? Lo ha detto nel Vangelo: pitrchè abbiate fede. E’ a deplorarsi che per molti dei credenti la parola fede abbia un significato gretto, meschino. Si fa consentire questa virtù, ch’è baSe della nostra vita spirtuale, in una apatica o superstiziosa servilità tu ad un dato elenco di verità dogmatiche. Per molti fede e’ l’inerzia dell’intelletto di fronte ai problemi del nostro spirito. Invece là fede è attiva sapiente e pas sonata, è slancio dell’anima, che vuole raggiungere ed assimilarsi al Bene intravisto, ma non ancora posseduto; è lo slancio dell’anima verso qualche cosa di amato, di voluto; è l’amorosa dedizione, è il riposo cosciente dello spirito in Colui che noi abbiamo sperimentato vero e buono. La fede, secondo San Paolo, è il principio animatore della vita religiosa: se manca la fede, l’uomo è inetto, è cadavere. Ma se la fe:ie è viva, l’intelletto via vía si acuisce, la volontà si rafforza e l’uomo sente in sè una energia, una vitalità che non può irradiare dalla sua natura, ma che gli viene certo dall’alto, da Dio. E allora tutto riesce facile. E qualora non ci sembrasse sufficiente l’imperativo della nostra volontà, nel nome di Dio, ad ottenere effetti che, sieno consoni alla dignità di Lei e al raggiungimento del nostro destino; qualora noi ci sentissimo travolgere dalle difficoltà, abbiamo ancora un ripiego alla nostra portata: domandiamo. Qualunque cosa voi chiederete nell’orazione, credendo, la. atterrete. L’uomo di fede arra ciò che ama Dio, vuole ciò, che vuol Dio, vive, cErei, la vita di Dio; e quindi, Dio, riguardando a questa sua creatura vi, riscontra qualche cosa di se stesso — vi riscontra, riprodotta, la sua immagine. Ora, come il padre non può ri*gettate la domanda del figlio, quando la domanda è ispirata al bene e determinata da principi a cui il padre stesso ha informato la coscienza del figlio, così. Iddio non rigetterà mai le nostre domande, anzi le accoglierà giubilando, quando la nostra volontà sia decisa a volere unicamente ciò che conferisce alla gloria di Dio e alla. nostra elevazione morale.

Vita, di fede!, sembra a prima impressione una di quelle frasi che significano cosa ormai troppo disforme alle aspirazioni e ai bisogni dei nostri tempi. Eppure ricorre così, spesso nei nostri discorsi la parola Fede! Fede nell’arte, fede nel progresso, fede

nelle nostre energie, fede, nei destini dell’umanità! Sembra che quanto più una concezione materialistica della vita tende a togliere ogni valore alle idee e ai principi ultra.naturali, con tanto più di ostinazione, l’anima che è nata per spaziare in alto, affermi la sua sete di spiritualità. Per tutte le forme di vita, la fede è un bisogno: per la vita religiosa dello spirito, è una necessità assoluta: Senza la fede è impossibile piacere a Dio. Se abbiamo la fede, noi siamo i forti, della forza stessa di Dio,, che operano prodigi entro di sè, e all’infuori. Senza la fede, siamo nullità: alberi infruttosi, pavoneggiantisi nella pompa delle foglie, ma inutili e destinati ad essere distrutti dalle fiamme. Ci. G.

Vangelo della Domenica Y dopo la D ecollazion e Testo del Vangelo. In quel tempo disse il Signor.e Gesù ai capi dei Sacerdoti ed agli anziani del popolo questa parabola: -Eravi un padre di famiglia, il quale piantò una vigna, e la cinse di siepe e scavò e vi fece un torchio e fabL bricò una torre e la diede a lavorare ai contadini e andossene in lontano paese. Venuta poi la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai contadini per ricevere i frutti di essa. Ma i contadini,»resse addosso le mani ai servi, altro ne bastonarono, altro ne uccisero, e altro ne lapidarono. Mandò di nuovo, altri servi in maggior numero di prima, e coloro. li tratta rono nello stesso modo. Finalmente manda ad essi il sud figliuolo, dicendo: Avranno rispetto a figlio. Ma i contadini, veduto il figliuolo, dissero tra di loro.: - Questi è l’erede; Venite, ammazziamolo, e avremo la sua eredità; e presolo. lo cacciarono fuori della vigna, e l’uccisero. Tornato adunque che sia il padrone della vigna, che farà di quei contadini? Essi risposero: Manderà in malora i ’malvagi, e rimetterà la sua vigna ad altri contadini, i quali gliene renderanno il frutto. a- suoi tempi. Disse loro Gesù: Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che fu rigettata da coloro che fabbricavano, è divenuta fondamentale dell’angolo? Dal Signore è stata fatta tal cosa, ed è mirabile agli occhi nostri. Per questo vi dico, che sarà tolto a voi. il regno di Dio e sarà dato a un popolo che produca i frutti di esso. E chi cadrà sopra questa pietra, si fracasserà; e quegli su di cui essa cadrà, sarà strittolato. E, avendo i principi dei sacerdoti e i Farisei udite le sue parabole, compresero che parlava di loro. E cercando di mettergli le mani addosso, ebbero paura del popolo, perchè lo teneva per Profeta. (S, MATTEO, Cap. 21).

Pensieri.

Il pensiero del Maestro Divino traspare chiaro attraverso il velo della parabola. Egli voleva il popolo Giudaico ricordasse con quale amorosa sollecitudine [p. 269 modifica]la Divina Provvidenza lo avesse continuamente assistito; come Io avesse salvato dall’idolatria, oltre che col dono della ragione, col magistero,continuo e persistente della Rivelazione.a mezzo dei Profeti. Gesù voleva che parimenti il popolo ricordasse come a tanta insistenza di amore si ’era corrisposto con una triste insistenza di odio e persecuzione: i Messi`’di Dio erano stati misconosciuti, ributtati, malmenati, uccisi; e rinnegate le dottrine rivelate che costituivano il popolo d’Israele depositario’ de’ segreti di Dio sulle sorti dell’umanità, gli Ebrei aveano invidiati ai popoli gentili gli Dei falsi e la libertà di costume. Dio c.!-..e colma di benefizi la, gente di Giuda: l’ingratitudine geldia con cui il popolo risponde alla regale munificenza del suo Dio, ecco ciò che cruccia il cuore di Gesù e che ispira la bella parabola. Ma la parabola divina e le minaccie che la chiudono restano ancora, attraverso tutte le vicissitudini della famiglia umana, come un monito severo, ma insieme provvidenziale, per quanti hanno sperimentato le atne.)rose sollecitudini della divina benignità. I tesori divini, si espandono nell’anima di un salo individuo ovvero scendano ad arricchre tutta una famiglia o una Comunità, non ritornano mai a Dio vuoti: cotesti tesori l’uomo deve utilizzarli, trafficarci sopra e ristituirli a Dio accresciuti. Se l’anima nostra rimane inoperosa, se non ci industriamo di renderci giorno per giorno più utili a noi ed ai nostri fratelli: se non facciamo sì che tutti i giorni il tesoro della bontà e della virtù si accresca, Dio ci ripudierà, si disgusterà di noi, isi allontanerà da noi. E come sotto l’influsso della sua grazia la nostra povera umanità si trasforma si risangua e diventiamo forti della forza stessa di Lui: egualmente se Dio si allontana da noi, la nostra fibra s’infiacchisce, si spezza, diventiamo le canne che si, piegano ad ogni alitar di vento. Ma in modo speciale ’Dio si disgusta di nói quando noi abusiamo de’ suoi doni. Allora Egli ci lascia in balia di noi stessi; permette che tutti gli elementi contrari alla nostra perfezione esercitino la loro azione, sul nostro, carattere e così la corrente del male, perfida e fatale corrente, ci avvolge, ci trascina. Se avviene che dal composto umano si ritiri l’anima, il corpo va in dissoluzione: quando dall’individuo o dalla collettività si ritira Dio, principio di vita, morte e corruzione prorompono.

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Perché ci persuadiamo ch’è nostro compito non trascurare mezzo alcuno per progredire, il nostro lavoro è assomigliato a quello dei vignaiuoli. Per vigna, in. un primo e più largo senso va intesa la Sinagoga giudaica, e poscia la Chiesa cattolica che alla Sinagoga si è sostituita. Ma in senso meno lato, parlando di vigna e vignaioli, noi intendiamo l’anima nostra. Pensate: il vigneto, dal verde che si stende lungo la collina, dai tralci che si protendono turgidi di foglie e di grappoli dorati; l’immagine del vigneto (la

cui sale il profumo e la festa della vendemmia, non richiama spontanea l’idea dell’anima nostra colla sua bellezza, colla sua potenza, irradiata di luce mirifica, sorrisa di speranze e di destini inebrianti? Nella vigna però due elementi sono nettamente distinti. L’uno, la vigoria naturale per cui la pianta sugge dal terreno i sali e gli umori e si sviluppa in tralci, in foglie, in frutto. Ma se a questo primo elemento non si associa l’opera oculata dell’uomo che supplisce o perfeziona dove natura fa difetto, a poco a poco. la pianta si esaurisce, muore, secca e diventa legna da ardere. Anche l’anima nostra’, che pure è ricca di energie naturali, e malgradOsia resa anche più esuberante da condizioni particolari di ambiente; anche l’anima nostra ben presto si esaurirà, diventerà sterile e senza vigoria, se noi, con un lavoro assiduo, non ci studiamo di accrescerne la bellezza e di renderla, ognora più atta a ricevere la piena luce che Dio ama sovra di lei riversare. L’anima è la vigna: noi siamo i ’vignaioli: dobbiamo adunque all’anima nostra dedicare un lavoro paziente, amoroso;.lavoro di tutti i giorni, lavoro di tutte le ore.

nostro agitarci si ridurrebbe però a inutile sperpero di forze, se non lavorassimo in accordo, o meglio, sorretti dalla grazia diVina. Per questo Vangelo la nostra vita spirituale è assomigliata ad un edificio di cui Cristo è la base, la pietra angolare. Se noi camminiamo nella luce, come dice l’apostolo San Giovanni, lo dobbiamo a Cristo: le.,genti che non conoscono ancora il suo Vangelo, non sanno che sia civiltà e progresso. Se oltre la Verità, sentiamo in noi la energia sufficiente per operare il bene: se noi amiamo, il prossimo malgrado ciò ripugni al nostro egoismo; se ci assogettiamo all’autorità, malgrado ciò implichi l’abbassamento del nostro orgoglio; se, in poche parole, noi facciamo qualche atto di virtù, si è perché la voce di Lui, di Gesù, ce lo suggerisce e ci spro,na. Gesù è la pietra sicura su cui si appoggia, come a sostegno la nostra povera e debole umanità. Infelici coloro che ignorano l’esistenza di un sì saldo sostegno! Essi vanno brancolando nelle tenebre e finiranno per inciampare, a loro danno, contro la pietra fatale, giacchè la legge’ che Gesù ha proMulgato sarà la condanna deiloro sistemi basati su una concezione incompleta della vita, della sua esigenza e de’ suoi destini. Più. infelici ancora coloro che, pure conoscendone la dottrina, non hanno saputo o voluto mettere la parola di Gesù à base della loro vita!’Il passeggiero che è stanco della via, si asside sulla pietra e di lì, riposato, ricerca collo sguardo, il profilo •deFla.patria ormai vicina e sussulta di gioia. Ma se ebbro d’orgoglio, osa sfidare la rupe e vorrebbe qUasi attraverso ad essa aprirsi un varco, cadrà sfinito al primo cozzo, e sotto i frantumi della roccia troverà la,,.a sepoltural. [p. 270 modifica]Contro di Cristo che richiama tutti, grandi e piccoli, ad un lavoro di educazione morale, si inalza fiero l’odio fariseo. Ma a che esso divampi e consumi il grande delitto, la Provvidenza divina ha opposto una diga inoppugnabile: l’anima del popolo. I principi de’ sacerdoti ebber pailra del popolo, perchè lo teneva per Profeta. Ne’ suoi atteggiamenti genuini l’anima del popolo ha un istinto mag-nífico per cui discerne il ben dal male, le virtù dal vizio: anche nelle sue aberrazioni, (e sono pur troppo frequenti) nei gesti della massa popolare vi è sempre qualche cosa di generoso, di giusto: vox populi, vox Dei! Potrà essere allucinato, aggirato, illuso, ma in fondo il popolo. è sentore il portavoce di Dio. Guai a chi s’abusa della sua ingenuità, delta sua buona fede! Ora più che con un augurio, mi è caro chiudere con una constatazione: anche contro i moderni nemici del Cristo, il popolo faccia sentire il suo grido di riprovazione. Disilluso nella vana speranza di una felicità che gli s’era fatta balenare in un prossimo avvenire: stanco delle arti di mestieranti e di politicanti’ che sulla schiena del popolo volevano a sè stessi preparare un piedestallo e un’apoteosi, il popolo nostro, come il Sansone della storia, sta ripigliandoda sua prodigiosa vigoria, e saprà liberarsi dai succhioni camuffati (la redentori. E Cristo regnerà ancora per l’opera rude. ma salda del popolo. O popolo d’Italia, contro gli sciagurati che attentano alla tua vita, alla tua pace, alla tua Fede; contro gli illusi che vorrebbero strapparti Cristo, l’UomoDio, alza ’la tua voce potente, voce che risuoni per tutte le italiche terre e sia l’inno della riconoscenza a Colui che la Patria nostra ha prediletto fra tutte le nazioni, sia monito solenne a que’ tristi fratelli che vorrebbero le genti italiane risospinte alle vergogne della vita pagana G. G.

L’ESERCITO ITALIANO

Sia che al fuoco, alle acque irruenti, con vigor i fratelli strappiatt, tra macerie e tra mura cadenti ai sepolti la trita doniate, sia che in.giorni di fiero contagio al periglio vi offriate e al disagio, o che al mar, alle vette, se offesa sierlialia, voliate a difesa, sempre eroi vi dobbiam salutar, ammirarvi, onorarvi ed amar! SAMARITA.

Per conservarsi forti nell’età matura

Passando in rivista i sintomi precursori della vecchiaia non è difficile trovare- il modo d’impedire o rallentare il loro progresso.. Anzitutto è da raccomandare l’abitudine di mantenerevl corpo in costante attività mediante una serie d’esercizi fisici quotidiani; lasciando il corpo nell’inerzia prolungata, i suoi tessuti tendono a degenerare rapidamente. In quanto al sistema di nutrizione da seguire, è fuori dubbio che dopo i trentacinque o quarant’anni, giova diminuire la quantità dei cibi che ciascuno soleva prendere prima di quell’età. ’Così è pure consigliabile di ridurre l’uso degli alimeni più atti a formare i =scoli e le ossa; dei cibi e delle bevande stimolanti è bene farne il minor uso possibile. Non bis, Igna mangiare più di quanto richiegga un appetito normale; e bisogna astenersi da quelle sostanze il cui ufficio primo è quello di solleticare il gusto. E quanto più si progredisce nell’età, tanto più conviene semplificare l’alimentazione, quasi a ridurla possibilmente al solo uso di pane latte e frutta, il processo digestivo, come tutti gli altri processi. essendo più lento nella vecchiaia. Alcune persone, per digerire bene, mettono lunghi intervalli fra i pasti; altre si sentono meglio facendo piccoli pasti a brevi intervalli. Se le funzioni intestinali sono poco attive, bisogna favorirle con mezzi razionali, non già con purganti energici; nè si ’leve ottenere a forza le secrezioni dei reni con medicine fortemente diuretiche. I, migliori risultati si ottengono con opportuni alimenti, sostanziosi, ma non tali da produrre fermentazione nei visceri; fra eSsi sono le frutta, i farinacei, le insalate. Delle bevando. la più indicata è forse il siero di latte, che sembra:t vere un effetto salutare sull’azione dei visceri e.cl.ei reni. Il pane troppo lievitato è da sconsigliarsi perchè disturba la digestione e favorisce l’irrigidita dei tessuti. Le acque medicinali spesso sono utili, ma quanto meno materie inorganiche entrano nell’organismo, tanto meglio. L’uso costante di sali di litio, più o meno irritanti, è da condannare. Nei casi di’arteriosclerosi sono utili i medicinali atti a dilatare ì vasi sanguigni, specie se presi in forma di acque minerali naturali. Di somma importanza per l’igiene della persona è l’aver cura della pelle: uno strofinamento sistematico giornaliero su tutta la superfice del corpo,fatta per mezz’ora al mattino, come alla sera, con una spazzola o con un tovagliolo ruvido, dà migliori risultati che l’eccessivo uso di bagni. La pelle dei vecchi tende a diventare ruvida, secca e rigida; dopo lo strofinamento è bene spalmarla tutta con qualche olio, del quale, in certi casi essa può assorbirne molto. L’olio d’ulivo e il burro di cacao sono i più indicati, per queste frizioni; qualche volta è utile il petrolio, specialmente quando la pelle ha bisogno d’essere _stimolata per compiere le sue funzioni. [p. 271 modifica]I vecchi sono molto sensibili al freddo, perchè la superficie del loro corpo è meno resistente, e perché tende a diminuire nei lbro organi la facoltà di sviluppare calorico. L’abitudine che malti contraggono di starsene chiusi in casa o di vestirsi troppo pesantemente è nn grave errore e dovrebbe essere combattuti e vinta, stando molto tempo all’aperto e vestendo sufficientemente ma non troppo. Gl’indumenti interni debbono essere porosi e leggeri, e a contatto della pelle è meglio la tela, aggiungendo sopra di essa una maglia di lana. Se itl corpo è riscaldato dai moto, è molto più facile che la sua superficie si raffreddi quando sia coperto da troppi indumenti o troppo pesanti: e in tal caso i pericoli di un raffreddore sono maggiori. Nell’età matura i tessuti tendono a perdere la loro elasticiià e ad irrigidirsi per uno sviluppo eccessivo del tessuto connettivo. Dove gli effetti di questo fenomeno sono più disastrosi è negli organi della nutrizione e in quelli dei sensi; si può in parte ritardare la perdita dei sensi mediante alcuni movimenti regolati del collo e dei muscoli. superiori del tronca. yolti• disturbi digestivi sono dovuti ad una rilassa, ezza dei tessuti di sostegno degli organi addominali; nel caso dei reni, sostenuti principalmente dai vasi che li percorrono e facilmente movibili perché quasi sferici, non di rado i. tessuti sostenenti s’intrecciano e impediscono il ’passaggio delle materie di secrezione, turbando anche la funzione dei nervi. La persona che abbia qUalche organo rilassato n spostato, deve;mparare a tenersi in atteggiamento normale, possibilmente in posizione eretta. l’abuso della posizione ricurva che molti mantengono lavorando, nuoce assai agli organi addominali. L’abitudine di mantenere il corpo e tutte le sue parti nella posizione più atta al regolare funzionamento di ciascun organo è il mezzo migliore per ritardare le elegenerazioni e gli incomodi senili. Così pure il moto all’aria aperta proporzionato alle forze di ciascun individuo, ha somma importanza e dovrebbe venir regolato come un’altra cura medica. Naturalmente gli esercizi ed il moto.non debbono essere spinti sino a produrre stanchezza ed essere alternati con periodi di riposo. Conviene poi mantenere vigoroso tutto il corpo non salo qualche parte di esso.

L'ITALICA GENS

PER GLI SCAMBI COMMERCIALI nelle Colonie Italiane del Brasile Meridionale

11 fatto che vi sono in America inniortanti colonie italiane, che, sebbene situate sulla costa dell’Atlantico e del Pacifico, mancano di comunicazioni commerciali dirette coll’Italia, denota, a noi sembra, una deficienza le cui conseguenze si ripercuotono in modo particolarmente grave ai danni dello sviluppo econemica commerciale del nostro paese e della conserva zii

zione. nazionale di quelle colonie. E’ opportuno premettere che noi intendiamo parlare di comunicazioni commerciali pure e semplici, non di linee dirette di navigazione che sotto l’apparente aspetto mercantile potessero eventualmente nascondere, fini di emigra-zione o di colonizzazione. Si può osservare, in linea generale, che le colonie che si trovano in questo stato di isolamento o quasi dalla madre patria, sono quelle verso le quali, se anche un. tempo vi è stato un forte movimento immigratorio dal nostro paese, questo è attualmente divenuto insignificante od è cessato del tutto. Si trovano infatti in tali condizioni tutte le colonie italiane situate sulla costa del Pacifico tanto nel Nord come nel Sud America, e, sulla costa dell’Atlantico, le culonie italiane del Brasile, ad eccezione di quelle degli Stati di San Paolo e di Rio de Janeiro: I porti cui fanno capo tutte quelle colonie, non solamente non sono toccati da linee regolari di piroscafi italiani, ma raramente vedono navi di bandiera italiana. T criteri informativi delle linee di navigazione italoamericane. Le ragioni di questa situazione di fatto sono mc.1-. i eplici e di indole varia; pertanto, non è difficile trovarne una principale, nel modo in cui si è formato e vive il nucleo principale della flotta mercantile it2,— liana transoceanica. Questa-si è sviluppata essenzialmente merce le poderose correnti emigratorie che da alcuni decenni dal nostro paese si dirigono alle Americhe; è l’esportazione di merce-uomo dall’Italia clic ha permesso la costruzione dei migliori e dei più grandi piroscafi italiani, e solo in parte secondaria vi ha influito il traffico di altre merci. Nel tonnellaggio totale dei nostri vapori transoceanici quello dedicato esclusivamente al carico delle merci rappresenta appena una terza parte. E’ cosi avvenuto che la nostra marina si è dedicata sulle linee Americane prevalentemente al traffico di emigratiti, per il quale aveva considerevoli vantaggi.:,alle altre marine, ed ha curato assai meno il traffico delle merci, nel quale per farsi strada occorreva, ad essa superare assai maggiori difficoltà. Nella direzione delle compagnie di navigazione di servizi transoceanici non si considera la marina come un’appendice al servizio del commercio delle produzioni nazionali con l’estero; e perciò vediamo le n. stre compagnie limitare il servizio per quei porti pei quali vi è forte movimento di passeggeri e di emigranti dall’Italia, e disertare quei paesi dove tale movimel i tu non si ha. Questo subordinamento degli interessi commerciavi all’industria del trasporto degli emigranti, spiega anche in parte perché il commercio italiano in America non si è sviluppato in quella misura che era lecito attendere in base alla quantità di popolazione nostra residente oltre oceano. Se le nostre compagnie di navigazione anzichè n&le mani di azionisti si trovassero nelle mani di veri commercianti, se i nostri armatori si preoccupassero [p. 272 modifica]più di aprirsi degli sbocchi commerciali in America, crediamo che potrebbero, sia pur lentamente, vedersi schiudere orizzonti nuovi per i loro traffici marittimi, e potrebbero creare alle loro flotte uno svliuppo basato su interessi commerciali, i quali porrel)beró ai sicuro l’industria marittima dalle crisi derivanti da possibili rallentamenti del movimento emigratorio. ’D’altra parte non è chi ’non veda come nello sviluppo degli scambi commerciali fra l’Italia e le colonie etnografiche risiede uno dei mezzi più efficaci per assicurare la conservazione dei caratteri nazionali nelle medesime, poichè sono i vincoli di interesse materiale che fanno sopravvivere anche i vincoli ideali; è la immediata utilità della lingua italiana per’le esigenze del commercio, che ne determina la conservazione nelle colonie e che promuove le scambievoli relazioni fra esse e la madre patria. Le colonie italiane nel Bras,lii’ Proponendoci dí occuparci in altri numeri di questo bollettino della convenienza di attuare dirette co-

municazioni per scopi commerciali fra l’Italia e ciascuna delle singole colonie italiane che sopra abbiamo dettò esser mancanti di tale collegamento, ci limitiamo qui ad accennare come sarebbe opportuna, e come praticamente si potrebbe iniziare, una linea di vapori fra l’Italia e le Colonie italiane residenti negli Stati brasiliani di Rìo Grande do Sul, di Santa Catharina, di Paranà, di Espirito Santo. Gli italiani residenti in questi Stati ammontano rispettivamente a 250.000 nello Stato di Rio Grande do Sul, a 40.000 nello Stato di Santa Catharina, a 3o.000 nello Stato di Paranà, a Ro.00d nello Stato di Espirito Santo. E’ in complesso una popolazione di 400.000 connazionali residenti nel Brasile (ed anzi superiore se si contano anche le colonie assai più modeste degli Stati di Bahia e di Pernambucol la quale manca di comunicazioni marittime dirette coll’Italia e conseguentemente di un commercio adeguato colla ir_adre patria. (Continua)