Il buon cuore - Anno XIV, n. 28 - 10 luglio 1915/Religione

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Vangelo della domenica VIIa dopo Pentecoste

Testo del Vangelo.

Uscendo il Signore Gesù coi suoi Discepoli da Gerico, andò dietro a lui una gran turba di popolo.,Quand’ecco che due ciechi, i quali stavano a sedere lungo la strada, avendo udito dire che passava Gesù. alzaron la voce, dicendo: Signore, figliuolo di David, [p. 219 modifica]abbi pietà di noi. Ma il popolo li sgridava perchè tacessero. Eglino però più forte gridavano, dicendo: Signore, figliuol di Davide, abbi pietà di noi. E Gesù soffermossi, e li chiamò e disse loro: che volete th’io faccia? Signore, risposero essi, che si aprano gli occhi nostri. E Gesù, mosso a compassione di essi, toccò i loro occhi; e subito videro e lo seguitarono. (S. MATTEO, Cap. 20).

Pensieri.

I due ciechi ricordati nell’odierno Vangelo ci sono esempio splendidissimo di quanto noi dobbiamo fare per cercare Cristo, affinchè ci guarisca dalla cecità spirituale, della quale la cecità materiale è immagine, disprezzando tutti gli ostacoli che si frappongono al conseguimento del nostro fine.

La cecità è un gran male. Essa ci priva del senso che maggiormente ci fa conoscere e gustare le bellezze della natura; essa ci toglie il mezzo per acquistare le abilità indispensabili ad apprendere un’arte, un mestiere, per, provvedere ai bisogni della. vita,’ renderci indipendenti, utili a noi e agli altri; un cieco è quasi sempre uno schiavo, col bisogno del soccorso e della guida altrui.. E ciò che rende questo stato più miserando e compassionevole, è che spesso si accompagna ad un’anima che ha tutte le energe interne, un’anima intelligente, affettuoSa, desiderosa di agire: il cieco è un uccello dall’ala vigorosa, che vuole slanciarsi nei vasti campi del cielo, e si sente rilegato nei brevi confini di una gabbia, che urta del capo contro le sue pareti, per spezzarle. per usl;’irne, e.ricade sul terreno, spossato, esaurito dai suoi sforzi inutili! La cecità del corpo è un’immagine della cecità dell’anima. La cecità dell’anima ci toglie di conoscere tutte le bellezze del mondo spirituale, la bellezza della verità della fede, la bellezza della virtù, la bellezza dell’amor di Dio, la bellezza della speranza del cielo; la cecità spirituale ci toglie i mezzi per agire nel mondo della vita sopranaturale, per acquistare dei meriti per noi, per gli altri, per raggiungere il <6ne della vita, che è la virtù sulla terra, il.premio nel cielo; la cecità spirituale rende l’anima schiava prima dell’ignoranza, poi det vizio, togliendole i mezzi per dissipare la prima, per spezzare le catene del secondo; infelice nella vita presente, per essere poi un giorno più infelice nella vita futura. Una diversità vi è tra la cecità del corpo e quella dello spirito. Nel mentre tutti conoscono la prima, e chi ne è colpito brama di uscirne e non si arresterebbe dall’uso di qualsiasi mezzo che potesse promettergli la guarigione, non tutti conoscono la seconda, specialmente quelli che ne sono colpiti, e per conseguenza pochi sono quelli che mettono in uso i mezzi per esserne liberi. Sono ciechi spirituali quelli che non conoscono la verità della fede; che non conoscono i precetti della legge. di Dio e della Chiesa; sono ciechi spirituali quelli che apprezzano é cercano soltanto i beni della vita presente, e poqo curano i beni eter

ni dello spirito; sono ciechi quelli che cercano solo le soddisfazioni dei sensi e delle passioni umane, e non apprezzano, e non curano, e non cercano, tutto ciò che costituisce la vita interna della fede e dell’amore di Dio. La cecità spirituale è quindi male più grave della cecità del corpo; perchè è mafie che colpisce l’anima, perchè è male che ignora sè stesso, e non cerca i mezzi per liberarsene. La cecità spirituale ha però un grande’ vantaggio sulla cecità materiale, ed è che mentre torna di f.ficile guarire dalla cecità del corpo, richiedendosi all’uopo, nella maggior parte dei casi, un miracolo, non è impossibile, non è difficile, liberarsi dalla cecità dello spirito. Basta volerlo, volerlo sinceramente, rivolgendoci al medico che ha la potenza e la volontà di guarirci. Chi è questo medico? Egli ci è indicato dall’odierno vangelo. Questo medico è Cristo.

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Molte turbe lo seguivano. Il fatto si avvera anche al presente. CriSto è il medico universale, riconosciuto, che guarisce dalla cecità spirituale. Venti secoli proclamano l’esistenza e la potenza di questo medico. Comparve Cristo, e le tenebre che incombevano sul mondo pagano, cogli errori del’idolatria, scomparvero. Scesero i barbari, e Cristo, per, mezzo dei missionari; dei Vescovi, comparso in mezzo a loro, li illuminò, li civilizzò. Comparve Cristo nelle regioni del nuovo mondo, e in tutte le altre parti della terra, e dappertutto portò la luce della verità e della civiltà. Comparve Cristo in mezzo al progresso delle arti e scienze: le scienze specialmente agitavano una fiaccola che aveva la pretesa di eclissare la fiaccola innalzata da Cristo e dalla sua Chiesa: ma la fiaccola di Cristo ha ancora il primato: le scienze umane sono orgogliose nei loro trionfi; ma, nella concezione della vita, sono trionfi del momento: il trovato di una scienza oggi, è eclissato dal trovato di un’altra scienza domani. la scienza, nell’ordine delle idee, è come il Saturno della favola, divora i suoi figli: la fiaccola di Cristo e inconsunta, come disse il poeta: brilla sempre, brilla sempre limpida, brilla sempre da per tutto, per tutti. Quanti sono i popoli che camminano alla luce di questa fiaccola! Sono i popoli più numerosi e più civili della terra. Fra i molti maestri di verità e di virtù che si disputano il dominio delle intelligenze e dei cuori sulla terra, Cristo è ancora il maestro più autorevole, più alto, più rispettato. Molte turbe lo seguouo. E’ questo già un grande argomento per seguire Cristo. La fede della grande maggioranza dei popoli e dei secoli cristiana è giustificazione e stimolo ben efficace alla nostra fede. E’ lo splendido esempio che ci hanno dato i Ciechi. [p. 220 modifica]Appena seppero che. passava Cristo, Cristo seguito dalle turbe, Cristo che la fama pubblica, giunta anche a loro, salutava come il benefattore universale, il liberatore di ogni male, alzano la loro voce, gridano: Signore, figliuolo di Davide, abbi pietà di noi. Prima, importante lezione che ci danno i Ciechi; non lasciare sfuggire la buona occasione per trovare Cristo, E’ la prima volta che essi hanno la fortuna di trovarsi vicini a Cristo: approfittano subito del prezioso favore; gridano subito: Signore, abbi pietà di noi! Quante volte Cristo è passato; quante volte passa dinnanzi a noi, in mezzo a noi; l’abbiamo noi chiamato? Cristo passa dinnanzi a noi tutte le volte che un fatto avviene il quale ci richiama a considerare lo stato dell’anima nostra, il fine della nostra vita, la terra che fugge, l’eternità che si avanza. La Chiesa che ci invita all’adempimento dei suoi precetti è Cristo che passa. I buoni che ci stanno dinnanzi col loro esempio di fede e di virtù è Cristo che passa. Una malattia, che ci ha messo in pericolo della vita, col farci comprendere la sua caducità, è Crsito che passa. La vita disordinata, triste, dei cattivi, con vicende spesso dolorose, con catastrofi raccapriccianti di omicidi, di suicidi, è Cristo che passa. Certe epoche particolari dell’anno, certe solennità straordinarie, che risvegliano in modo più vivo il sentimento della fede e della religione, è Cristo che passa. La morte di una persona cara, che ci spezza il cuore, che ci getta nell’abbattimento, che’ 4i fa sentire la vita come un deserto, che ci fa sorgere più vivo nel cuore il conforto di qualcuno, di qualche cosa che non muore, è Cristo che passa. Oh, non lasciatelo passare, senza sollevare come i Ciechi, la vostra voce: ’Signore, abbi pietà di noi! Seconda lezione, non meno importante della prima. Le turbe, udendo la pregiiiera supplichevole dei Ciechi, li volevano far tacere. Ma essi, ben lungi dal lasciarsi intimidire, gridavano più forte. Fatto strano il contegno delle turbe. Seguivano Cristo; è segno che conoscevano Cristo, che amavano Cristo, che ammiravano la sapienza della sua parola e la potenza benefica dei suoi atti: all’apparire dei Ciechi, al suono supplichevole della loro preghiera, le turbe dovevano essere liete,. che si presentasse un’occasione nella quale Cristo desse un’altra prova della sua bontà, della sua onnipotenza; dovevano sostare, far largo ai poveri Ciechi percbè si presentassero a Cristo; ’dovevano aggiungere le proprie preghiere alle loro; molti fra quelle turbe avevano già ricevuto benefici consimili da Cristo, o per sè o pei suoi; la-riconoscenza pei benefici ricevuti, doveva renderli zelanti, nel procurare eguali benefici agli altri.... Invece, no! Il popolo li sgridava perchè tacessero! Come si spiega questo fenomeno? E’ leggerezza? è invidia? è durezza di cuore? Eppure è un fatto che si avvera spesso anche in mezzo di noi, precisamente nel rapporto di chi da uno stato di vita irreli giosa o tiepida, vuol tornare alla fede e alla virtù, o vuol entrare in una via di maggior perfezione spirituale. Quante volte queste lodevoli iniziative sono sce;raggiate, sono impedite da persone, che, amandoci, dovrebbero maggiormente incoraggiarci; e saranno anche.persone che non mancano di fede, che si ritengono anzi persone divote.... Ben inteso poi che ciò assai più facilmente si avvera presso le persone, che, cristiani di nome, non lo sono di fatto; che, praticanti, sono tiepidi e indifferenti nelle pratiche di pietà. E’ un fatto già notato e deplorato da Agostino a suoi tempi: cristiani cattivi o tiepidi impediscono di seguire i comandamenti di Dio ai cristiani Intold e veramente divoti. Che fare? Imitare i Ciechi; non lasciarci impat:rire dalle osservazioni, dalle opposizioni, e fors’anche’ dai dileggi altrui. Inspirandoci solo al pensiero del nostro bisogno, del nostro vantaggio, che in questo caso si converte anche nel nostro dovere, alzare la nostra voce a Cristo, richiamare la sua attenzione verso di noi, superare colle nostre grida le grida dei nostri oppositori. E’ il momento ’di esercitare una delle più belle virtù che possano onorare l’anima di un uomo e di un credente, la virtù della franchezza. la vittoria sul rispetto umano. Questa virtù è sempre bella, è sempre doverosa; lo è di più quando la religione è maggiormente derisa, perseguitata, quando per seguire Cristo bisogna andar contro all’andazzo del mondo incredulo e libertino. Seguendo l’esempio dei Ciechi, noi cesseremo di esserlo, noi non lo, saremo più. Cristo ascolterà la nostra voce, sosterà su suoi passi, ci chiederà cosa noi vogliamo da lui, si commoverà alla nostra sventura, stenderà la benefica sua mano, ci risanerà, i nostri occhi saranno aperti; tutta l’immensa luce della verità religiosa entrerà ad illuminare la nostra mente; noi seguiremo Cristo; la sapienza della mente divina diverrà lì nostra sapienza.

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O colpiti dalla cecità materiale del corpo non av6ilitevi nella vostra sventura: se brilla nella vostra mente la luce di Cristo, questa luce celeste è ben degno compenso alla priva ione della luce terrena. Nel giudicare il pregio delle cose non restringetevi nel breve ambiente della vita presente che, anche lunga, a confronto dell’eternità è la vita di un giorno. Nel tripudio e nel possesso della luce eterna dello spirito, luce che forse molti perdono per l’abuso che hanno fatto sulla terra della luce del corpo, qual conforto voi dovete provare! E’ al fatto della cecità terrena che dovete l’avere schivato gravi pericoli e più gravi colpe; è a questa sventura che dovete l’esercizio di tante virtù, che vi resero cari agli uomini e a Dio; è a questa sventura, rassegnatamente sopportata, che dovete un accrescimento di meriti innanzi a Dio, che diventeranno titolo e misura di un maggior grado di gloria che un giorno vi sarà invidiato nel cielo. Con robusta compiacenza direte anche voi come [p. 221 modifica]disse Gino Capponi, quando nel 1849 udì il rullo del tamburo dell’esercito austriaco, che entrava un’altra volta a togliere la libertà alla sua diletta Firenze: Oggi sono contento di essere cieco. La cecità gli procurava il piacere di non vedere gli oppresori del suo paese. La cecità sulla terra avrà procurato a voi l’immenso beneficio di non vedere nella vita futura il doloroso spettacolo della schiavitù eterna. L. V. L'ITALICA GENS

nello Stato di San Paolo nel Brasile

Da poco menu di un anno l’Italica Gens ha iniziato un’azione più organica e più intensa che per l’innanzi nellO Stato di San. Paolo del Brasile. Negli anni antecedenti essa non aveva trascurato di interessarsi alla grande colonia italiana residente in quello Stato, ma la deficienza di mezzi disponibili la costrinsero sempre a limitarvi lo svolgimento della sua azione per mezzo della corrispondenza diretta dell’Ufficio centrale di Torino coi singoli aderenti alla Federazione in quel paese. Tale corrispondenza pertanto, insieme agli studi ed alle relazioni di speciali incaricati della Federazione che visitarono lo Stato di San Paolo, mostrarono l’opportunità impellente che l’Italica Gens, a costo di qualche sacrifizio, vi desse vita ad una organizzazione più attiva per i -fini che essa si ’propone.; il che-fu -fatto, inviando in San Paolo a tale scopo il Dr. Eugenio Bonardelli.

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I motivi che hanno determinato l’I. G. ad intraprendere questo lavoro più intenso nello Stato di S. Paolo risiedono nella peculiare• importanza e nelle speciali condizioni della nostra emigrazione in quello Stato; condizioni Che già più volte furono illustrate nelle pagine di questo bollettino. Qui ricordiamo solo che i dati di fatto essenziali circa tali condizioni che concordemente sono messi in vista da tutte le relazioni su quel, paese sono: il numero grandissimo dei nostri connazionali ivi residenti — che ammontano a circa un milione (rappresentando quasi una terza parte dell’intera popolazione dello Stato) — le condizioni materiali e morali poco buone della grande massa dei nostri connazionali residenti nelle fazendas caffeifere dello Stato; il movimento emigratorio italiano verso quello Stato che, ciò nonostante si mantiene ancora considerevole. La costituzione del Comitato dell’Italica Gens in San Paolo L’Italica Gens nel formulare i suoi progetti di lavoro nello Stato di San Paolo si è attenuata al sistema che ovunque essa segue, di evitare inutili dispersioni di forze, tenendo cioè conto di tutto quello che già si fa nel paese, e cercando di coordinare il suo la

voro a quello che con analoghi’ intenti si spiega da altri istituti, e particolarmente dalle autorità consolari italiane. Suo scopo è essenzialmente di cooperare a colmare le molte deficienze di assistenza cui ancora non si può provvedere da altri; e questo fine essa si propone, come sempre, di raggiungere all’infuori di qualsiasi partito politico, desiderosa di avere l’aiuto di tutti gli italiani onesti, di ogni principio politico, che abbiano a cuore il miglioramento dei propri connazionali e la grandezza della patr;a. Della opportunità dell’iniziativa dell’Italica Gens in San Paolo si è avuta invero palese riprova nel largo consenso che essa ha trovato sul luogo, consenso che si è dimostrato concretamente coll’appoggio morale e materiale che fin dal suo sorgere le fu accordato. Infatti il nostro incaricato potè, pochi mesi dopo il suo arrivo, costituire nella capitale dello Stato un Comitato di patronato di cui fanno parte i Superiori delle Missioni italiane nello Stato, e molte persone cospicue della colonia italiana che sempre si interessarono in favore dei nostri emigrati. Dal Consiglio degli aderenti all’Italica Gens in San Paolo fu nominato con voto unanime a Presidente del Comitato il reverendissimo D. Michele Kruse, Abate dei Benedettini in quella città, prelato che già si era reso benemei-ito della ass’stenza ai nostri emigranti, prima in Nord America, poi nel Brasile. Egli, che già aveva profondamente compresa la particolare importanza dell’elemento etnico italiano nello Stato di San,Paolo,: e. che aveva giì1„tentate e:, stenute istruzioni pel suo elevamento, conosciuta l’iniziativa dell’Italica Gens, ne ha subito intuita tutta l’importanza, convintó della opportunità dell’azione che essa intende svolgere fra gli italiani con mezzi e fini sociali e nazionali: e, sebbene di nazionalità tedesca, egli, nella sua mente illuminata e nel suo elevato spirito di carità, volentieri le ha concesso il suo appoggio e la sua collaborazione. Il Segretariato centrale dell’Italica Gens per. lo Stato di San Paolo ed i suoi scopi. Questo Comitato di patronato, in parecchie adunanze, e dopo mature discussioni, venne nella deliberazione di costituire anche in San Paolo un Segretariato centrale con azione in tutto lo Stato. Scopo generale di tale Segretariato è, come di tutti gli uffici della Italica Gens, di prestare assistenza sociale e di svolgere azione di carattere nazionale fra i nostri emigrati; esso pertanto adattando la sua azione ai bisogni più vivi del paese, si propone tanto nel campo materiale come in quello intellettuale, particolari compiti. Di questi compiti, uno si impone specialmente, ed è quello di cooperare a diffondere notizie vere sulle condizioni della massa dei nostri emigrati nelle campagne dello Stato di S. Paolo. E’ necessario si sappia che tali condizioni furono sempre tristi e che in questi ultimi tempi, per vari motivi, divennero ancora più critiche, come ne furo [p. 222 modifica]no indizio gli scioperi che scoppiarono qua e là nello Stato, e che furono presto e troppo facilmente soffocati. Occorre che penetri tanto in Italia come nel Brasile la convinzione che tali condizioni non potranno durevolmente migliorare fino a che sarà in vigore in quello Stato il sistema della f azenda; che frattanto uno dei mezzi più efficaci da parte nostra di portare miglioramento alle tante centinaia di migliaia di connazionali residenti nella fazendas consiste nello sconsigliare altri dal recarsi colà; poichè solamente la rarefàzione della mano d’opera potrà procurare ai coloni nostri delle fazendas migliori condizioni materiali e maggiore considerazione e rispetto. Oltre a fornire le indicazioni sul mercato del lavoro, il nostro segretariato si occuperà di promuovere nello Stato tutte quelle istituzioni che facendo capo alla cooperazione economica (cooperative di consumo, di produzione, società di mutuo soccorso, ecc.) permettono l’elevazione economica e lo sviluppo del principio di associazione, mezzi questi di elevazione morale e di ’conservazione nazionale. Il Segretariato centrale si propone inoltre di raggiungere lo scopo essenzialmente patriottico che è nello spirito della nostra Federazione, con la istituzione di scuole italiane nelle quali insieme alla lingua portoghese, necessaria all’emigrato per la tutela dei suoi interessi, si insegni la lingua italiana. Come, ben coi-riprende chi conosce la grandissima deficienza di scuole e di istruzione in Oasi tutte le fazendas, è questo uno dei compiti più elevati e più importanti del Segretariato, al cui conseguimento non nascondiamo che l’ambiente della fazenda oppone gravissime difficoltà, ma che ciò nonostante sarà oggetto precipuo di un lavoro metodico e costante. Il Segretariato presterà anche assistenza materiale ai singoli emigranti che ne abbisognino, occupandosi del ricupero di crediti, di successioni, di procure, di ricerche di persone e di tutte le svariate pratiche che spesso occorrono ai nostri emigrati. Inoltre il numero grande di italiani che dall’interno dello Stato vengono continuamente in San Paolo per curare la propria salute e particolarmente per curare il tracoma, che purtroppo è straordinariamente diffuso nelle fazendas, e così grave da portare sovente alla cecità, ha indotto il Comitato ad aprire, annesso al Segretariato, un ambulatorio medico chirurgico per l’assistenza sanitaria agli emigranti indigenti e per l’assistenza di coloro che per infortunio diventassero inabili anavoro. Il lavoro iniziato. Siamo lieti intanto di annunziare che i suddetti progetti già ebbero inizio di attuazione; il nostro incaricato nei mesi scorsi visitò le varie zone dello Stato raccogliendo importante materiale di studio e di informazioni, promuovendo in vari luoghi fondazioni di carattere nazionale e sociale, e sbrigando al tempo stesso un numero considerevole di pratiche importanti di assistenza ad emigranti.

Da qualche settimana si è aperto il Segretariato centrale in San Paolo, situato in Alameda Cleveland, n. 29, località molto favorevole per la sua vicinanza alla stazione principale della città. Ivi si sta pure terminando l’impianto dell’ambulatorio medico che fra giorni incomincerà a funzionare sotto la direlione del doit. prof. Carlo Brunetti il quale, con spirito di insigne carità e di amor patrio, vi presta gratuitamente l’opera sua di medico chirurgo. Noi esprimiamo qui la nostra viva riconoscenza a lui, al Corriitato di Patronato e particolarmente al benemerito Presidente Reverendissimo Abate Michele Kruse, per l’aiuto valido che essi prestano all’Italica Gens, la quale, abbiamo fiducia, potrà, sotto i loro auspici, svolgere in favore degli italiani residenti nello Stato di San Paolo un’azione veramente proficua., (li carattere sociale e nazionale. I compensi per gli infortuni sul lavoro negli Stati Uniti. La legislazione per il compenso all’operaio in caso di infortunio sul lavoro negli Stati. Uniti muove lenta, ma sicura, verso quelle garanzie ai lavoratori che oggi si trovano presso ogni popolo evoluto, e la cui assenza ha fatto dire sovente che, in fatto di legislazione operaia, gli Stati Uniti sono alla coda di tutti i moderni paesi industriali. Grandi passi si sono fatti in quest’ultimo decennio verso la limitazione del lavoro delle donne e dei fanciulli, circa le ore di lavoro, le paghe, le ispezioni degli stabilimnti industriali, ecc.; ma è solo da due o tre anni che i legislatori si vanno svegliando al dovere ineccepibile che la- società ha verso l’operaio che rimane vittima del suo lavoro. E’ una delle incoerenze umane il fatto che, Mentre alle vittime delle varie guerre il paese paga senza opposizione di sorta la pensione delle vittime della odierna guerra industriale, esso si dà pensiero solo dopo periodi di lotta, ed allora molto a malincuore. In fatto di infortuni industriali vige negli Stati Uniti la vecchia teoria: dove non vi è colpa, non vi è responsabilità; principio che, se poteva esser vero in altri tempi, quando le industrie erano manuali, e il contatto fra padrone ed operaio immediato ed amichevole, è saturo di brutali conseguenze, quando si applichi in un’epoca di avanzato meccanismo, lotta di classe ed imprese gigantesche capitanate da finanzieri residenti a grande distanza dal luogo di lavoro. Tutte le leggi approvate dal paese per oltre cento anni sono informate al principio che il padrone non è responsabile, qualora l’infortunio non avvenga per colpa sua o di chi lo rappresenta direttamente; le decisioni dei tribunali al proposito formerebbero una fonte inesauribile per gli umoristi di tutti i tempi, qualora non movessero a sdegno la parte migliore del l’umanità. Dal principio su menzionato seguirono altri, non meno strani, come quello del fellow servant, per [p. 223 modifica]cui il padrone non è responsabile, qualora l’infortunio avvenga per colpa di un operaio; quella del contributory negligence, quando l’operaio ha contribuito in parte all’infortunio per propria negligenza: quello dell’assumed risk, per cui l’operaio nell’atto di entrare al lavoro, assume implicitamente tutti i rischi ad esso inerenti, ecc. ecc.: un’intera serie di errori giuridici. Solo da qualche anno nelle leggi degli Stati Uniti, l’espressione compenso all’operaio va prendendo il suo posto a fianco della vecchia employers’liability. La differenza che corre tra le due misure è l’abisso che corre tra un popolo socialmente illuminato ed uno nel quale regna esclusivamente la forza del danaro In tutti i movimenti di riforma, grandi o giccoli, l’elemento retrogrado assume, successivamente, tre differenti attitudini: ostilità assoluta, transazione forzata, ravvedimento tardivo. Ciò va avverandosi negli Stati •Uniti l cr la legge sull’indennità per gli infortuni sul lavoro. La prima fase, ormai appartiene al passato. Per intere generazioni, istituti operai, agenzie sociali, e tutti coloro che s’interessano della sorte dei lavoratori, hanno denunciato l’immoralità delle presenti leggi operaie, mantenute in vigore dalla oligarchia giudiziaria. Centinaia di argomenti, e tonnellate di carta stampata, hanno sempre lasciato il tempo che trovarono: i reazionari non davano mai cenno di voler cedere. Secondo essi obbligare il padrone a pagare le conseguenze di infortuni in cui egli non ha colpa diretta, era espropriazione, era socialismo della più pura acqua. E dove ne andrebbe,- dicevano, la Costituzione con il quinto emendamento? Essere obbligati, a priori • a pagare per simili’ infortuni, equivale ad essere privati della proprietà senza regolare processo di legge. E a nulla valeva ricordare a costoro che il famoso quinto emendamento alla costituzione, al quale essi invariabilmente si appellavano per privare l’operaio dei suoi diritti, è vecchio di oltre un secolo, fu introdotto per ovviare atti di brigantaggio che, in tempi anteriori, si solevano commettere da agenti e governatori in nome di Sua Maestà il re d’Inghilterra, che in base a nessuna logica si può esso emendamento interpretare nel senso di privare l’operaio di ciò che gli è dovuto per sana giustizia, ecc. Inutile: le decisioni dei tribunali si son seguite con monotona rassomiglianza, e chi ne ha riportato la peggio è stato quasi sempre l’operaio, dopo avervi rimesso un braccio o un occhio o la vita. Questo primo stadio è quasi tramontato, e ad esso va succedendo il secondo, quello, cioè, dell’accomodamento a malincuore. La forza della pubblica opinione, ed il cumulo dei dolori inflitti all’operaio, hanno avuto troppo peso, perchè i legislatori ed i giudici potessero tenersi più oltre refrattari al grande movimento dei progressisti. L’opera salutare è appena cominciata, e il menarla a termine è cosa non facile. La gloria di avere per primo, nel 1910, approvato una legge di compenso all’operaio in caso di infor

tunio spetta allo Stato di New York, ma essa fu, in seguito, dichiarata dal tribunale supremo di quella Stato contraria alla Costituzione; onde si attende ora, un emendamento costituzionale che renda valida una nuova legge approvata verso la fine di aprile 1913 dalle due camere statali. In tutto, gli Stati che, fino al maggio 1913, hanno introdotto o approvato leggi sul compenso per infortuni sul lavoro, non arrivano a 20, compresi quasi tutti nella zona industriale e mineraria; negli Stati agrari del Sud per ora non se ne parla affatto. Due Stati, Ohio e Washington, hanno adottato il sistema della assicurazione di stato obbligatoria; gli Stati di Virginia e Oregon, l’assicurazione di Stato elettiva; gli Stati di Maryland e Massachusettes la assicurazione privata, elettiva; gli Stati di Arizona e Nevada, il sistema di compenso obbligatorio da parte del padrone; tutti gli altri, circa dieci Stati, il compenso elettivo. Dove la nuova legge è elettiva, l’operaio può, in base ad essa, esigere il compenso dovutogli, oppure citare il padrone in tribunale, in base alle vecchie leggi. La prova della adozione del nuovo sistema si richiede in scritto, in alcuni Stati, e depositata presso l’ufficio o il consiglio statale di lavoro; in altri, come nell’Illinois, è presunta, ossia, si suppone che il padrone o l’operaio abbiano accettato la legge di compenso, qualora non abbiano mandato alle suddette autorità avviso in contrario. Le vecchie teorie del fellow servant, assumed risk e contributory negligence sono generalmente abolite o ristrette nella loro applicazione. Le occupazioni incluse nella legge sono, quelle" catatterliZate. órdinarianiénte come pericolose; p. e. movimento di treni, lavori ferroviari, minerari, di costruzione, lavori elettrici, ecc.; ed in generale tutti gli stabilimenti operanti con forza elettrica, idraulica o altra forza motrice meccanica. L’ammontare dell’indennità, in caso di morte, è vario, ma si riduce, quasi generalmente, a tre anni della paga ordinaria percepita dalla vittima, e l’intera somma non può in alcun caso eccedere quattromila dollari. Nel caso che l’operaio rimanga totalmente inabilitato al lavoro, riceve parte (generalmente il 5o %) della sua paga ordinaria, e ciò per un periodo che varia dai sei ai sedici anni. Se, poi, egli rimane solo parzialmente inabilitato, riceve, a un di presso, la metà della differenza tra la paga che egli riceveva prima e quella che riceve dopo l’infortunio; e ciò anche per un periodo vario. Naturalmente, negli ultimi due casi è stabilito un massimo e un minimo di compenso, sia rateale che totale. L’assistenza medico chirurgica è fornita a spese del padrone solo per le.prime settimane. Queste, in brevi tratti, sono le principali caratteristiche della nuova legge, in quegli Stati in cui essa è riuscita a metter piede. Come dicevo, siamo solo alla seconda fase della lotta; l’elemento reazionario accenna ad adattarsi ai nuovi principi. E’ da sperare che entro alcuni anni il sistema della indennità per rortuni sul lavoro sarà un fatto compiuto in tutto il [p. 224 modifica]paese. Entrati allora nella terza fase, vedremo anche gli osteggiatori di questi principi venire a tardivo rinsavimento, assicurare l’operaio che essi sono sempre stati i suoi veri amici e protettori, che ciò che egli ha ottenuto per mezzo dei riformisti e agitatori, volevano, in realtà, concederglielo anche essi da tempo immemorabile; solo desideravano seguire diverso metodo, ecc. Per buona fortuna, il buon senso- sarà sempre l’ultima cosa che si potrà togliere al popolo. C. Crisci