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220 IL BUON CUORE


Appena seppero che. passava Cristo, Cristo seguito dalle turbe, Cristo che la fama pubblica, giunta anche a loro, salutava come il benefattore universale, il liberatore di ogni male, alzano la loro voce, gridano: Signore, figliuolo di Davide, abbi pietà di noi. Prima, importante lezione che ci danno i Ciechi; non lasciare sfuggire la buona occasione per trovare Cristo, E’ la prima volta che essi hanno la fortuna di trovarsi vicini a Cristo: approfittano subito del prezioso favore; gridano subito: Signore, abbi pietà di noi! Quante volte Cristo è passato; quante volte passa dinnanzi a noi, in mezzo a noi; l’abbiamo noi chiamato? Cristo passa dinnanzi a noi tutte le volte che un fatto avviene il quale ci richiama a considerare lo stato dell’anima nostra, il fine della nostra vita, la terra che fugge, l’eternità che si avanza. La Chiesa che ci invita all’adempimento dei suoi precetti è Cristo che passa. I buoni che ci stanno dinnanzi col loro esempio di fede e di virtù è Cristo che passa. Una malattia, che ci ha messo in pericolo della vita, col farci comprendere la sua caducità, è Crsito che passa. La vita disordinata, triste, dei cattivi, con vicende spesso dolorose, con catastrofi raccapriccianti di omicidi, di suicidi, è Cristo che passa. Certe epoche particolari dell’anno, certe solennità straordinarie, che risvegliano in modo più vivo il sentimento della fede e della religione, è Cristo che passa. La morte di una persona cara, che ci spezza il cuore, che ci getta nell’abbattimento, che’ 4i fa sentire la vita come un deserto, che ci fa sorgere più vivo nel cuore il conforto di qualcuno, di qualche cosa che non muore, è Cristo che passa. Oh, non lasciatelo passare, senza sollevare come i Ciechi, la vostra voce: ’Signore, abbi pietà di noi! Seconda lezione, non meno importante della prima. Le turbe, udendo la pregiiiera supplichevole dei Ciechi, li volevano far tacere. Ma essi, ben lungi dal lasciarsi intimidire, gridavano più forte. Fatto strano il contegno delle turbe. Seguivano Cristo; è segno che conoscevano Cristo, che amavano Cristo, che ammiravano la sapienza della sua parola e la potenza benefica dei suoi atti: all’apparire dei Ciechi, al suono supplichevole della loro preghiera, le turbe dovevano essere liete,. che si presentasse un’occasione nella quale Cristo desse un’altra prova della sua bontà, della sua onnipotenza; dovevano sostare, far largo ai poveri Ciechi percbè si presentassero a Cristo; ’dovevano aggiungere le proprie preghiere alle loro; molti fra quelle turbe avevano già ricevuto benefici consimili da Cristo, o per sè o pei suoi; la-riconoscenza pei benefici ricevuti, doveva renderli zelanti, nel procurare eguali benefici agli altri.... Invece, no! Il popolo li sgridava perchè tacessero! Come si spiega questo fenomeno? E’ leggerezza? è invidia? è durezza di cuore? Eppure è un fatto che si avvera spesso anche in mezzo di noi, precisamente nel rapporto di chi da uno stato di vita irreli giosa o tiepida, vuol tornare alla fede e alla virtù, o vuol entrare in una via di maggior perfezione spirituale. Quante volte queste lodevoli iniziative sono sce;raggiate, sono impedite da persone, che, amandoci, dovrebbero maggiormente incoraggiarci; e saranno anche.persone che non mancano di fede, che si ritengono anzi persone divote.... Ben inteso poi che ciò assai più facilmente si avvera presso le persone, che, cristiani di nome, non lo sono di fatto; che, praticanti, sono tiepidi e indifferenti nelle pratiche di pietà. E’ un fatto già notato e deplorato da Agostino a suoi tempi: cristiani cattivi o tiepidi impediscono di seguire i comandamenti di Dio ai cristiani Intold e veramente divoti. Che fare? Imitare i Ciechi; non lasciarci impat:rire dalle osservazioni, dalle opposizioni, e fors’anche’ dai dileggi altrui. Inspirandoci solo al pensiero del nostro bisogno, del nostro vantaggio, che in questo caso si converte anche nel nostro dovere, alzare la nostra voce a Cristo, richiamare la sua attenzione verso di noi, superare colle nostre grida le grida dei nostri oppositori. E’ il momento ’di esercitare una delle più belle virtù che possano onorare l’anima di un uomo e di un credente, la virtù della franchezza. la vittoria sul rispetto umano. Questa virtù è sempre bella, è sempre doverosa; lo è di più quando la religione è maggiormente derisa, perseguitata, quando per seguire Cristo bisogna andar contro all’andazzo del mondo incredulo e libertino. Seguendo l’esempio dei Ciechi, noi cesseremo di esserlo, noi non lo, saremo più. Cristo ascolterà la nostra voce, sosterà su suoi passi, ci chiederà cosa noi vogliamo da lui, si commoverà alla nostra sventura, stenderà la benefica sua mano, ci risanerà, i nostri occhi saranno aperti; tutta l’immensa luce della verità religiosa entrerà ad illuminare la nostra mente; noi seguiremo Cristo; la sapienza della mente divina diverrà lì nostra sapienza.

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O colpiti dalla cecità materiale del corpo non av6ilitevi nella vostra sventura: se brilla nella vostra mente la luce di Cristo, questa luce celeste è ben degno compenso alla priva ione della luce terrena. Nel giudicare il pregio delle cose non restringetevi nel breve ambiente della vita presente che, anche lunga, a confronto dell’eternità è la vita di un giorno. Nel tripudio e nel possesso della luce eterna dello spirito, luce che forse molti perdono per l’abuso che hanno fatto sulla terra della luce del corpo, qual conforto voi dovete provare! E’ al fatto della cecità terrena che dovete l’avere schivato gravi pericoli e più gravi colpe; è a questa sventura che dovete l’esercizio di tante virtù, che vi resero cari agli uomini e a Dio; è a questa sventura, rassegnatamente sopportata, che dovete un accrescimento di meriti innanzi a Dio, che diventeranno titolo e misura di un maggior grado di gloria che un giorno vi sarà invidiato nel cielo. Con robusta compiacenza direte anche voi come