Il buon cuore - Anno XIV, n. 16 - 17 aprile 1915/Religione

Religione

../Educazione ed Istruzione ../Beneficenza IncludiIntestazione 2 marzo 2022 50% Da definire

Educazione ed Istruzione Beneficenza

[p. 122 modifica]Religione


Vangelo della seconda domenica dopo Pasqua

Testo del Vangelo.

Giovanni vide. Gesù,, che, venivagli incontro, e disse: Ecco l’Agnello.di Dio; ecco colui che toglie i peccati del mondo. Questo è colui, del quale ho det CUORE to: Dopo di me, viene uno, che è da più di me, perchè era prima di me. E io nol conosceva; ma affinchè egli fosse riconosciuto in Israele, per questo io sono venuto a battezzare nell’acqua. E Giovanni rendette testimonianza dicendo: Ho veduto lo spirito scendere dal cielo in formo di colomba, e si fermò sopra di lui. E io nol conosceva; ma chi mandommi a battezzare nell’acqua, mi disse: Colui sopra del quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito, quegli è colui che battezza nello Spirito Santo. E io l’IO veduto: e ho attestato com’egli è il Figliuolo di Dio. (S. GIOVANNI Cap. i i.

Pensieri. Gesù Cristo Dio, Gesù Cristo redentore, Gesù Cristo predicato e uonorato come tale, ecco la verità e gli insegnamenti preziosi che ci vengono dati dall’odierno Vangelo.

E’ piena, di alto insegnamento la sollecitudine che ha la Chiesa nel richiamare ad ogni istante la verità che Gesù Cristo è Dio. Questa verità è la base di tutte le altre verità: provata bene questa. tutte le altre verità, da questa derivate, sono implicitamente provate. Provata la divinità di Cristo, è provata la verità della sua parola, la santità della sua legge, la autorità del suo comando e delle sue sanzioni. Ieri. la divinità di Cristo ci era manifestamente provata dal fatto miracoloso della sua risurrezione; oggi ci è confermata dalla parola di Giovanni, apostolo e profeta ad un tempo stesso.

Giovanni è sulla sponda del Giordano. La imminente venuta del Redentore è già stata da lui annunciata; egli è già in mezzo di voi, egli grida. Le turbe. attratte dalla sua inspirata parola, dalla sua condotta pénitente, gli si affollano intorno; ad ogni istante si attende che egli abbia ad indicare dove sia, chi sia questo redentore. Il momento solenne è arrivato. Gesù, reduce dal deserto, dove aveva digiunato e vinte le tentazioni del demonio, viene alle sponde del Giordano, per ricevere il battesimo da Giovanni: Giovanni lo vede; Giovanni illuminato dallo spirito profetico lo saluta, e lo indica alle turbe, dicendo: ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del.mondo. Egli è colui del quale ho detto: dopo di me viene uno che è da più di me, perchè era prima di me. Come? era prima di me? Giovanni è nato sei mesi prima di Gesù Cristo; come può dire: Cristo è nato prima di me? E’_ nato dopo di me come uomo; ma pure è giusto il dire che è nato prima di me: egli non è soltanto uomo, mia è Dio; e come Dio esiste fin dalla eternità.. Un’altra prova della divinità di Cristo, non più solo rivelata dalla inspirazione interna, ma dal fatta. dalla attestazione esterna, è quella che Giovanni accenna subito dopo. Io nol conosceva, ma chi mi mandò a battezzare nell’acqua mi disse:. Colui sopra. del quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito S,:uto., [p. 123 modifica]quegli è colui che battezza nello Spirto Santo Il battezzare nello- Spirito Santo era irise saitturale per attestare l’opera del redentore, opera divina, prechè solo Dio può cancellare e rimettere i peccati. In altro luogo del Vangelo è detto che lo Spirito Santo discese sopra di Cristo sotto la forma di colomba. Il fatto al quale accenna qui Giovanni, è fatto già avvenuto o che avverrà? fatto che avverrà ma che nello spirito profetico egli già annuncia come avvenuto? L’interpretazone • è libera. Ciò che è fisso, ciò che è constatato, è che Gesù Cristo è il figlio di Dio. Lo prova la annunciata discesa della colomba sopra di lui, accompagnata dall’aprirsi dei cieli, • e dalla voce udita nel tempo stesso scender dall’alto Questi è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto.

Gesù Cristo non è soltanto Dio; è Dio redentore. Nel redentore dovevano accogliersi due qualità: doveva essere innocente, perchè il suo sacrificio fosse accetto; doveva essere Dio, perchè il huo sacrificio fosse meritorio. Queste due qualità son-, ape:tamente espresse nelle parole di Giovanni, incEcando Cristo: ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. L’agnello, nella veste bianca delle sue lane, colla sua indole mite, è giustamente il simbolo della innocenza e della mansuetudine, una delle qualità che ì profeti preannunciarono nella persona del redentore, confondendo ad un tempo stesso il simbolo colla missione: come agnello che è condotto alla morte, e non apre bocca; come agnello che è condotto ad essere ucciso.... Ma è l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo. Una versione non dice i peccati, ma il Peccato del mondo; per indicare il peccato originale, che è il peccato, all’infuori di Adamo, non della persona ma nella persona, peccato della natura, che raccoglie. in causa, tutti i peccati individuali.

Gesù Cristo è Dio, Gesù Cristo è redentore. Non basta il saperlo; bisogna anche dirlo, dirlo pubblicaNon appena Cristo gli è apparso innanzi, non appena per la doppia rivelazione interna ed esterna, interna nello spirito di Dio che parla alla coscienza, esterna nel fatto indicato da Dio come prova della divinità del figlio, la discesa della Spirito Santo sotto forma di colomba, Giovanni apre la sua bocca, e alle turbe affollate intorno a lui, indica, senza ambagi,,senza paura, con aperta franchezza, che Gesù Cristo è il glio di Dio, che Gesù Cristo è il redentore: ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo. La rivelazione fatta a Giovanni della divinità di Cristo è stata fatta anche a noi. Anzi, a noi è stata fatta con molte altre prove, oltre quella data a Giovanni. A provare la divinità di Cristo noi abbiamo la parola stessa di Cristó; noi abbiamo gli innumerevoli e stepitosi miracoli operati in seguito da

Cristo; noi abbiamo il miracolo supremo della risurrezione di Cristo; e dopo di questi, miracoli, che diremo materiali, quanti altri miracoli di indole morale, ma non meno certi, non meno eloquenti, dei miracoli materiali! La fede degli apostoli, fede concorde, tranquilla, costante; il sangue di milioni di martiri; la diffusione della Chiesa nel mondo, superando _ infiniti ostacoli; la sua conservazione e perpetuità in mezzo alle lotte ed alle persecuzioni. Abbiamo noi la sincerità, la franchezza, l’entusiasmo, la santa letizia, di predicare Cristo, la sua divinità, la sua redenzione, come ha predicato Giovanni? Fenomeno degno ad un tempo di stupore e di dolore! Il nome di Cristo lo si sente ripetere molte volte, anzi troppe volte; lo si sente, nelle piazze, nei caffè, nelle botteghe, nelle officine,, nei negozi, nelle scuole, ripetuto dagli uomini, dai giovani e»talvolta anche da fanciulli, ma in qual senso? con senso di fede, di rispetto, di amore? Il nome di Cristo ripetuto è.... una bestemmia!

Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Quante volte le parole di Giovanni ín questo tempo pasquale sono ripetute dal sacerdote di Dio nella Chiesa di Dio! Sono le parole colle quali, rivolgendosi dall’altare, egli solleva fra le ma ni, presentato ai fedeli nella Comunione! Nel periodo particolare in cui ci troviamo dell’anno ecclesiastico, ecco il modo più opportuno, più degno, più santo, di attestare la nostra fede nella divinità di Cristo: accostarsi alla Santa Comunione. L’accostarsi alla Comunione nel tempo pasquale, non è soltanto l’adempimento di un precetto per noi, è un’opera di apostolato per gli altri; è l’apostolato dell’esempio che include ed è assai più efficace dell’apostolato della parola. Una santa funzione si compie in questi giorni nelle parrocchie, una funzione che è tanto atta a risvegliare nell’animo di tutti le più care rimembranze. le più soavi impressioni, della religione e della fede: i giovanetti, le giovanette, che fanno la Prima Comunione! Anche noi l’abbiamo fatta, anche noi forse, ricordandola, sentiamo di far nostra la frase di Napoleone primo: il giorno della prima Comunione è stato il più bel giorno della mia vita! Verrà anche il giorno dell’ultima Comunione. Volete che l’ultima Comunione sia per voi un reale beneficio? Non sia una funzione accompagnata da paure, una funzione incosciente, o, peggio, una funzione sacrilega? Fate spontaneamente, francamente, divotamente, la Comunione adesso: la Comunione d’oggi, ricordo soave della Prima Comunione, sarà preludio Ilei divini bagliori che circonderanno l’ultima. V. L. Il Municipio di Milano ha. ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI. [p. 124 modifica]E ingombri di cadaveri I combattuti piani de’ feriti i gemiti I gridi orrendi e strani, delle salme fracide Gli effluvi pestilenti, Sterminio delle genti; E regi augusti profughi Da loro troni aviti, prepotenti reprobi Su quelli imbaldanziti, Sventura inenarrabile, Rovescio di diritti, Sentina di delitti, Guerra! che spaventevole Parola per un cuore Che sente irresistibile Del vero ben l’amore! O Dio, deh, questo dissipa Da noi che siam fratelli. Peggiore de’ flagelli! Presiedi nel dolcissimo Tuo spirito ai consigli,. De’ principi che reggono Le sorti de’ tuoi figli Onde non mai desolino La pace della terra Coi turbini di guerra!

Preghiera contro la guerra Di pace al dolce spirito, Dei popoli i consigli Informa, o Dio; deh salvali Da bellici perigli! Non se’ tu forse il tenero Lor padre e nbn son elli Tutti tra lor fratelli? Guerra! che formidabile Parola per un’alma Piena de’ sensi placidi Di tua celeste calma! Guerra! che enorme cumulo Di lugubri pensieri Getta ne’ cuor sinceri! Sfogata ira di popoli In meditate risse, Scoppio di rabbia publica Tutto con norme fisse, Vendetta inesorabile In fra nazioni intere Con mille e mille schiere: Conflitto e fiero eccidio Fra prezzolate genti Che mai non si conobbero assalgonsi frementi, Che mai tra lor si offesero in una strage orrenda S’uccidono a vicenda: E campi e colli fertili Dal ferro isteriliti, monumenti splendidi Dal fuoco inceneriti, in miserandi ruderi Stese città fiorenti Da ignivomi strumenti:.E carceri e patiboli All’innocenza oppressa, da guerrier sacrileghi La Chiesa manomessa, _ E su l’altare orribili Bestemmie di ignoranti Contro i tuoi dorami" santi: E violati talami Da vinolenti impuri, furti e scherni e strazii Nei poveri abituri. paurose vergini Forzate dai furenti. A turpi qbbracciamenti:.E di orfani e di vedove Lamenti disperati, vecchi inermi e teneri Bambini trucidati, E del fugato villico I fatigati frutti Dispersi al suol, distrutti:

  • ) Dai manoscritti del Sac. Antonio Torri, dotto e pio

sacerdote, coadiutore per molti anni della Chiesa di Primaluna in Valsassina, morto Rettore dell’Ospedale Cleert, in Milano, verso 11 1870.

La nostra capigliatura

Tempo fa, tra gli annunci di un giornale americano, si vedeva una specie di trittico rappresentante il celebre re del petrolio, il miliardario Rockefeller, in tre momenti diversi della sua vita: prima della alopecia, ossia della malattia che fa cadere i capelli, durante questa malattia e dopo di essa. Questi tre suggestivi ritratti avevano lo scopo di dimostrare che per effetto di una cura, la quale, per il suo buon mercato, è accessibile anche alle borse dei non miliardari, i capelli, dopo essere caduti, ricomnciano a spun• tare. E’ da notarsi, però, che la quarta fotografia, quella rappresentante il signor Rockefeller con la chioma completa, è ancora di là da venire; e probabilmente essa non verrà mai, perchè è opinione di coloro che hanno studiato seriamente questa interessante questione, che la scienza non è ancora arrivata a trovare un mezzo sicuro per restituire i capelli a coloro che li hanno perduti. E ciò si comprende molto bene quando si rifletta al modo in cui i capelli, anzi i peli del corpo in generale, nascono, crescono e muoiono. [p. 125 modifica]Guardando col microscopio un pezzo di pelle, per es., dell’avambraccio, si vede che essa è forata da una moltitudine di piccolissimi buchi, alcuni dei quali sono vuoti, mentre dagli altri si vede spuntare un pelo più o meno sottile; quelli sono gli orifizi delle glandole chiamate sudoripare, perchè servono a secernere il sudore; gli altri corrispondono all’orifizio di altre glandole, che si chiamano follicoli pilo-sebacei e che servono a formare il pelo. Il pelo termina nella parte sottocutanea col così detto bulbo, nella parte inferiore del quale vi è una specie d’incavatura in cui si insinua la papilla del pelo; questa papilla non è altro che un corpo di cellule, le quali servono a fabbricare i capelli e i peli allo stesso modo e per la stessa ragione per cui le glandole dello stomaco secernono la pepsina, il fegato la bile, le glandole salivari la saliva; e secondo il suo vigore, secondo la sua energia, secondo l’intensità della sua attività vitale, la papilla pilare fabbrica ora dei capelli, ora dei peli duri, per es., come le ciglia, ora una semplice lanuggine. Può accadere talvolta che una papilla, dopo aver prodotto per molto tempo dei capelli, si metta da un momento all’altro a produrre della semplice lanuggine. Ciò accade di solito in seguito ad avvelenamento, come conseguenza di certe malattie infettive nelle quali tutto l’organismo viene avvelenato dalle tocsine dei microbi; per es. per effetto del veleno fabbricato nell’intestino d’ai bacilli della febbre tifoide, tutto l’organismo viene colpito nella sua vitalità, e con esso anche le papille pilari, le quali, avvelenate, indebolite, paralizzate per così dire, interrompono il loro lavoro. Allora i capelli, non ricevendo più il consueto nutrimento, deperiscono e al più semplice strofinamento cadono. Cessata la febbre tifoide, via via che l’individuo elimina i veleni ’che lo intossicavano, egli torna alla vita; le papille allora riprendono il loro lavoro; ma essi si trovano in uno stato di debolezza al pari di tutto il resto dell’organismo, e invece di produrre dei capelli, producono una semplice lanuggine. Solo più tardi, quando queste papille hanno ripreso tutto il loro vigore, tornano a compiere la funzione d’i prima. Non altrimenti accade nella calvizie comune; an che qui, sotto l’influenza di cause che noi non conosciamo ancora con precisione, la papilla pilare è colpita nella sua vitalità, e allora il capello cade ed è sostituito da un pelo di lanuggine, l’unico prodotto che la papilla nello stato di decrepitezza in cui si trova, sia ancora in grado di fabbricare. Per guarire la calvizie, per trasformare questa lanuggine che continua a crescere e che è visibile con la lente anche sui crani lisci e lucidi, bisognerebbe rianimare le papille, restituire loro la forza e il vigore che esse hanno perduto. Ma a ciò non servono nè le tinture nè le lozioni vantate dalla réclame, e non serve nemmeno di massaggio. Nella calvizie determinata da malattie infettive, le papille pilari riprendono, di solito, la loro vigo -ia senza che vi sia bisogno di una cura speciale, e la

trasformazione di lanuggine in pelo o in capelli veri e propri non è che una semplice questione di tempo. Nella calvizie comune, invece, qualunque cosa si faccia, le papille si ostinano a produrre niente altro che lanuggine; e la nostra impotenza per questo rispetto è cosi certa, che il dottor Sabourand, nel suo libro sulla alopecia, non esita a dire che ((noi non sappiamo guarire la calvizie e rendere ai calvi i loro capelli.» Conviene aggiungere, tuttavia, che il dottor Sabourand non considera il problema come scientificamente insolubile; secondo lui, esso non è stato finora risolto perchè noi non conosciamo ancora con precisione le cause della calvizie. Eppure non mancano davvero le ipotesi in proposito: alcuni la ascrivono agli strapazzi, altri al lavoro intellettuale, altri alla vita sedentaria, chi all’abitudine di tagliarsi i capelli molto spesso, e chi all’abitudine di portarli lunghi, chi all’abuso dell’alimentazione carnea, chi all’alcoolismo ecc.; il Sabourand l’attribuisce a un bacillo, il famoso microbacillo, di. cui alcuni ammettono l’esistenza, mentre altri la contestano. Una cosa che sembra dimostrata è che la calvizie accompagna l’artritismo. Disgraziatamente non si può dire ancora di conoscere la natura intima di questo artritismo; si sa tuttavia che con un conveniente regime di vita si può riuscire ad attenuare e perfino a far sparire alcuni dei fenomeni che lo accompagnano; sicchè, se un regime siffatto venisse adottato da un artritico di giovane età, probabilmente esso avrebbe per effetto di assicurare il normale funzionamento delle papille pilari, prevenendo in tal modo la caduta dei capelli. Ma anche questa non è che una supposizione, e occorrerebbero degli esperimenti per accertare che essa abbia una base nella realtà. La calvizie, la vera calvizie, quale si osserva nell’uomo, è molto rara nella donna; ma accade talvolta che il labbro superiore o il mento della donna si coprano di peli troppo visibili. Le pomate che sono state e continuano ad essere raccomandate sopratutto nella quarta pagina dei giornali per togliere questi peli inopportuni non solo non riescono efficaci, ma possono avere per conseguenza delle dolorose infiammazioni della pelle. Un nuovo sistema depilatorio è quello che consiste nello strappare i peli ad uno ad uno bruciando poi ad una ad una le papille ad essi corrispondenti per mezzo della elettrolisi, servendosi di un ago fin:gsimo in comunicazione con una batteria elettrica. Si nonchè questa operazione è lunga e dolorosa. Recentemente il dottor Gallois ha suggerito un mezzo più semplice e pratico: s’imbeve dell’ovatta nell’acqua ossigenata e la si applica sulla parte che si vuole depilare lasciandovela per alcuni minuti; replicando questa operazione ogni giorno, i peli da principio impallidiscono, poi diventano impercettibili e finalmente spariscono. Il guaio è che con questo sistema le papille pilari non vengono distrutte, e appena si cessa dall’applicazione di acqua ossigenata, i peli tornano a spuntare; sicchè l’operazione deve essere fatta ogni giorno. [p. 126 modifica]Quanto alle numerose, anzi infinite tinture destinate a far cambiare il colore priMitivo dei capelli quasi tutte, eccettuata l’acqua ossigenata che rende i capelli biondi e la hennè che li tinge di rosso scuro, contengono delle sostanze velenose: zolfo, antimonio, nitrato di piombo, arsenico, acetato di rame, acido nitrico, acido solforico, ecc. ecc. Sicchè la loro applicazione è spesso seguita da inconvenienti e non di rado anche da gravi accidenti, quali la risipola, dei disturbi nella respirazione e nel funzionamento del cuore, segni di nefrite, delirio. Fra i molti esempi che a questa proposta si potrebbero citare, ci limiteremo a riferirne uno molto istruttivo, e precisamente il caso toccati a una signora di una cinquantina d’anni, la quale, dopo aver consultata una quantità di medici, si rivolse al dott. Laborde, perchè soffriva di violenti emicranie, di nausea, vomito, delirio intermittente, digeriva male -e soffriva d’inappettenza, si lagnava di stanchezza generale. Il dott. Laborde le fece sopprimere l’uso della tintura, con cui ella aveva mascherata la sua incipiente canizie, e la signora migliorò subito; egli analizzò poi quella tintura e vi trovò una sostanza velenosa che in chimica porta il nome di parafenolina-diamina; egli iniettò in un cane - un centimetro cubo di questa tintura, e l’animale fu preso da salivazione, da dispnea, da convulsioni, poi cadde in uno stato comatoso, e nuindici ore dopo l’iniezione spirò.

Le colonie dello Stato di S.ta Catharina

(Continuazione del numero 14)

III.

LE COLONIE DEL NORD.

Le collettività di emigrati italiani che si trovano nel nord dello Stato sono press’a poco eguali per numero a quelle del sud ma ne sono assai superiori se vi si contano quasi lo.000 trentini che risiedono nei municipi di Blumenau e di Nuova Trento. Queste colonie sono peraltro disperse e separate fra loro piil di quelle della zona meridionale. La popolazione italiana anche nel nord è bensì -raccolta in vallate esclusivamente o prevalentemente da essa abitate, ma queste non formano una zona riunita ed estesa come quella del sud. Dette colonie si trovano generalmente frammiste a.quelle tedesche préponderanti pr numero, per ricchezza e per influenza. I’ tedeschi e teuto-brasiliani sono circa 120.000 in Santa Catharina, e sono riuniti al nord: la immigrazione tedesca precedette di oltre 25 anni la nostra la quale anzi fu avviata colà dal Governo dello Stato. allo scopo di impedire un soverchio e troppo omogeneo concentramento dell’elemento germanico. Alcune di queste colonie italiane, e cioè, Nuova Trento e qualche altra minore, sono situate nel bacino del Rio Tijucas e sono isolate dalle tedesche:

altre, assai più numerose, si trovano nel bacino dei fiumi Itajahy-assù itajahy-mirini;’ che si riuniscono prima di sboccare nell’Oceano, e sono comprese nei territori di municipi essenzialmente tedesChi. Da Florianopolis a Tiiucas. Una strada lunga circa 8o chilometri congiunge Fstreito, piccolo paese situato di fronte a Florianopolià al di qua dello stretto, con Nuova Trento, passando per Tijucas. E’ una strada pianeggiante e tuti.e carrozzabile, come non se ne vedOno nel sud dellStato. Delle diligenze fanno servizio due volte la settimana fra Florianopolis e Tijucas e fra questa a Nuova Trento, compiendo il viaggio in coincidenza’ fra loro, in due giorni consecutivi. 1 45 chilometri di strada fra Florianopolis e Tijucas corrono parallelamente alla costa. Dopo i primi -io chilometri si trova la villa di Biguassù, sede di municipio popolato da circa 18.000 abitanti, prevalentemente brasiliani, i quali sono quasi i soli abitatori di tutta la zona che si percorre fino a Tijucas. Intta questa regione ha un aspetto squallido e triste; vi manca il lavoro degli immigranti stranieri. Si incontrano sul cammino rare case e povere, alcune costruite in legname, altre con pali intrecciati e fango. nascoste fra piante di banana. A lato di alcuna di quelle si vede una gran ruota di legno, mossa dal1 acqua; sono engenhos, macchine per macinare la canna da zucchero; in qualche aia si vede del caffè esposto a seccare su certi impiantiti di legno, che alla sera, a guisa di grandi cassette, sono spinte nel vano apposito sotto la casa. In tutto questo tratto si vede ben poco terreno coltivito: qualche campicello di granturco, di mannioca e di caffè; il resto -è tutto bosco di banane, di Palme e piante tropicali, o di macchia bassa e di arbusti; si traversano sovente larghi tratti di terreni paludosi, miagmatici; poche vacche pascolano nei prati acquitrinosi,’ fra i cogueiros (specie di palme radi, alti e sottili. Presso qualche casa isolata, di immigrati polacchi o tedeschi, ho notato visi pallidi e sparuti per le febbri e l’anchilostomiasi. Tijcas, La villa di Tijucas è situata alla foce del fiume omonimo: consta di una doppia fila di case, lunga quasi quattro chilometri, allineate sulla strada che costeggia il fiume: molte case sono in legno. Il municipio di Ti jucas ha quasi 22.000 abitatiti, per la maggior parte brasiliani.; qualche migliaio sono negri, mulatti e caboclos. La villa ha un discreto movimento commerciale. vi transita tutto il commercio pér Nuova Trento, e per la zona circostante, e da qualche anno, anche per la nuova colonia Esteves Junior. Non esiste un vero porto; serve di ancoraggio l’ultimo tratto del fiume. presso la foce, che può essere passata solo da’piccoP velieri; i piroscafi che hanno merci per Tijueas le asbordano al largo su altre imbarcazioni. [p. 127 modifica]In Tijucas si trova un istituto tenuto dalle suore italiane, Zelatrici del S. Cuore; anche il parroco è italiano. Qui risiede il signor Beniamino Gallotti, negoziante italiano naturalizzato, il più ricco dei nostri connazionali nello Stato. Il municipio di Tijucas ha terreni molto fertili, ma nella parte vicino al mare sono paludosi e malar;ci. Da Tijucas 35 chilometri di strada buona, leggermente in salita, conducono a Nuova Trento. Sulla sinistra di questa strada, in località appartata, si trova la colonia S. Joao da Boa Vista, il cui primo nome fu Nuova Italia. Conte già abbiamo accennato, questa è la eolonia italiana più antica del Brasile meridionale,: fu fondata. 70 anni or sono con famiglie genovesi ed alcune toscane. Adesso è composta di circa i oo famiglie, tutte proprietarie di lotti coloniali che misurano 250 me tri di fronte per woo di lato. i. terreni della colonia sono molto fertili e le. condizioni dei coloni sono buone. superiori a quelle della maggior parte delle colonie dello Stato. In S. Giovanni di Boa Vista il linguaggio ancora più usato è il dialetto genovese; l’italiano generaimente non è compreso. 4’ mezza strada fra Tijucas e Nuova Trento esiste una officina per la distillazione della canna da zucchero, che è la più importante dello Stato; può distillare oltre 25:ettolitri- di acquavite al giorno. MUOVA TRENTO.

Il Municipio di Nuova Trento ha una popolazione di 7000 abitanti, dei quali 4000 sono trentini, 150o sono italiani, e 1500 fra tedeschi e polacchi. Si parla dappertutto italiano; nelle chiese si predica in italiano, ed italiani sono i sentimenti della popolazione anche trentina. I principali prodotti del municipio sono la mandioca, il granoturco, i fagiuoli neri, il riso, che viene anche senza irrigazione, la canna da zucchero. La vite dà scarso risultato e vi è poco coltivata. Anche qui si allevano molti maiali e si fa l’industria del lardo. Nuova Trento è un municipio dei più poveri: le entrate comunali da vari anni si aggirano intorno agli 8 contos cioè circa 13.500 lire. I prezzi inedii dei lotti coloniali sono di 200 o 300 milrei (da 3oo a 500 lire) se incolti; se già coltivati, valgono in inedia 600 milreis (circa t000 lire); come si vede, tali prezzi inferiori a quelli delle altre colonie dello Stato. I terreni sono poco buoni di qualità ed iii parte esausti. Nel municipio è molto diffusa l’anchilostoinia. Un’industria che, sebbene all’inizio, ha fatto prendere rinomanza a Nuova Trento in Brasile, è quella della seta; industria che è seguita con, attenzione dal Governo perchè in nessun’altra parte è stata iniziata. La tessitura è esercitata dalle Suore italiane della Immacolata Concezione colà residenti; posseg gono quattro telai a mano veramente primitivi, coi quali la più abile tessitrice può fare un metro di sto ffa semplice al giorno. E disponendo di meccanismi così deficienti, tanto per la filatura come per la tessitura, le Suore fanno già assai ad eseguire le stoffe, sia pure semplicemente operate, e gli scialletti e li altri lavori che escono dalla loro modesta fabbrica. Dette stoffe, prodotte con tanta fatica costali, carissime. Occorrerebbe, per sviluppare queSta industria introdurre nuove macchine, ma tutto è difficile in quel paese,•ove mancano meccanici e persone competenti in materia. Peraltro è probabile che, in seguito ad’un premio di incoraggiamento di circa 50.000 lire assegnato qualche anno fa alla fabbrica delle Suore dal Governo dello Stato, l’industria uscirà presto dal periodo assolutamente iniziale, in cui si attarda da qualche diecina di anni. Per ora la produzione di bozzoli in Nuova Trento si aggira sui 12.000 chilogrammi all’anno; le Suore li pagano da 1500 a 2000 reis al chilogramma (da 2 a 3 lre). Quando il progredire dell’industria facesse rialzare i prezzi dei bozzoli e della foglia di gelso, non vi ha dubbio che i coloni sarebbero indotti ad introdurre la coltura del gelso che vien bene in Nuova Trento, su larga scala, e potrebbe essere questa pc.loro una risorsa importantissima.