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IL BUON CUORE 125


Guardando col microscopio un pezzo di pelle, per es., dell’avambraccio, si vede che essa è forata da una moltitudine di piccolissimi buchi, alcuni dei quali sono vuoti, mentre dagli altri si vede spuntare un pelo più o meno sottile; quelli sono gli orifizi delle glandole chiamate sudoripare, perchè servono a secernere il sudore; gli altri corrispondono all’orifizio di altre glandole, che si chiamano follicoli pilo-sebacei e che servono a formare il pelo. Il pelo termina nella parte sottocutanea col così detto bulbo, nella parte inferiore del quale vi è una specie d’incavatura in cui si insinua la papilla del pelo; questa papilla non è altro che un corpo di cellule, le quali servono a fabbricare i capelli e i peli allo stesso modo e per la stessa ragione per cui le glandole dello stomaco secernono la pepsina, il fegato la bile, le glandole salivari la saliva; e secondo il suo vigore, secondo la sua energia, secondo l’intensità della sua attività vitale, la papilla pilare fabbrica ora dei capelli, ora dei peli duri, per es., come le ciglia, ora una semplice lanuggine. Può accadere talvolta che una papilla, dopo aver prodotto per molto tempo dei capelli, si metta da un momento all’altro a produrre della semplice lanuggine. Ciò accade di solito in seguito ad avvelenamento, come conseguenza di certe malattie infettive nelle quali tutto l’organismo viene avvelenato dalle tocsine dei microbi; per es. per effetto del veleno fabbricato nell’intestino d’ai bacilli della febbre tifoide, tutto l’organismo viene colpito nella sua vitalità, e con esso anche le papille pilari, le quali, avvelenate, indebolite, paralizzate per così dire, interrompono il loro lavoro. Allora i capelli, non ricevendo più il consueto nutrimento, deperiscono e al più semplice strofinamento cadono. Cessata la febbre tifoide, via via che l’individuo elimina i veleni ’che lo intossicavano, egli torna alla vita; le papille allora riprendono il loro lavoro; ma essi si trovano in uno stato di debolezza al pari di tutto il resto dell’organismo, e invece di produrre dei capelli, producono una semplice lanuggine. Solo più tardi, quando queste papille hanno ripreso tutto il loro vigore, tornano a compiere la funzione d’i prima. Non altrimenti accade nella calvizie comune; an che qui, sotto l’influenza di cause che noi non conosciamo ancora con precisione, la papilla pilare è colpita nella sua vitalità, e allora il capello cade ed è sostituito da un pelo di lanuggine, l’unico prodotto che la papilla nello stato di decrepitezza in cui si trova, sia ancora in grado di fabbricare. Per guarire la calvizie, per trasformare questa lanuggine che continua a crescere e che è visibile con la lente anche sui crani lisci e lucidi, bisognerebbe rianimare le papille, restituire loro la forza e il vigore che esse hanno perduto. Ma a ciò non servono nè le tinture nè le lozioni vantate dalla réclame, e non serve nemmeno di massaggio. Nella calvizie determinata da malattie infettive, le papille pilari riprendono, di solito, la loro vigo -ia senza che vi sia bisogno di una cura speciale, e la

trasformazione di lanuggine in pelo o in capelli veri e propri non è che una semplice questione di tempo. Nella calvizie comune, invece, qualunque cosa si faccia, le papille si ostinano a produrre niente altro che lanuggine; e la nostra impotenza per questo rispetto è cosi certa, che il dottor Sabourand, nel suo libro sulla alopecia, non esita a dire che ((noi non sappiamo guarire la calvizie e rendere ai calvi i loro capelli.» Conviene aggiungere, tuttavia, che il dottor Sabourand non considera il problema come scientificamente insolubile; secondo lui, esso non è stato finora risolto perchè noi non conosciamo ancora con precisione le cause della calvizie. Eppure non mancano davvero le ipotesi in proposito: alcuni la ascrivono agli strapazzi, altri al lavoro intellettuale, altri alla vita sedentaria, chi all’abitudine di tagliarsi i capelli molto spesso, e chi all’abitudine di portarli lunghi, chi all’abuso dell’alimentazione carnea, chi all’alcoolismo ecc.; il Sabourand l’attribuisce a un bacillo, il famoso microbacillo, di. cui alcuni ammettono l’esistenza, mentre altri la contestano. Una cosa che sembra dimostrata è che la calvizie accompagna l’artritismo. Disgraziatamente non si può dire ancora di conoscere la natura intima di questo artritismo; si sa tuttavia che con un conveniente regime di vita si può riuscire ad attenuare e perfino a far sparire alcuni dei fenomeni che lo accompagnano; sicchè, se un regime siffatto venisse adottato da un artritico di giovane età, probabilmente esso avrebbe per effetto di assicurare il normale funzionamento delle papille pilari, prevenendo in tal modo la caduta dei capelli. Ma anche questa non è che una supposizione, e occorrerebbero degli esperimenti per accertare che essa abbia una base nella realtà. La calvizie, la vera calvizie, quale si osserva nell’uomo, è molto rara nella donna; ma accade talvolta che il labbro superiore o il mento della donna si coprano di peli troppo visibili. Le pomate che sono state e continuano ad essere raccomandate sopratutto nella quarta pagina dei giornali per togliere questi peli inopportuni non solo non riescono efficaci, ma possono avere per conseguenza delle dolorose infiammazioni della pelle. Un nuovo sistema depilatorio è quello che consiste nello strappare i peli ad uno ad uno bruciando poi ad una ad una le papille ad essi corrispondenti per mezzo della elettrolisi, servendosi di un ago fin:gsimo in comunicazione con una batteria elettrica. Si nonchè questa operazione è lunga e dolorosa. Recentemente il dottor Gallois ha suggerito un mezzo più semplice e pratico: s’imbeve dell’ovatta nell’acqua ossigenata e la si applica sulla parte che si vuole depilare lasciandovela per alcuni minuti; replicando questa operazione ogni giorno, i peli da principio impallidiscono, poi diventano impercettibili e finalmente spariscono. Il guaio è che con questo sistema le papille pilari non vengono distrutte, e appena si cessa dall’applicazione di acqua ossigenata, i peli tornano a spuntare; sicchè l’operazione deve essere fatta ogni giorno.