Il buon cuore - Anno XIV, n. 11 - 13 marzo 1915/Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIV, n. 11 - 13 marzo 1915 Religione

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I soprannomi militari


L’uso dei «nomi di guerra» è ormai scomparso tra i soldati degli eserciti moderni pei quali lo stato di guerra è altrettanto eccezionale tanto era, si può dire, normale e permanente, per quelli di una volta. Tuttavia, fra le molte cose delle quali desterebbe non lieve interesse una rivista retrospettiva, parmi che in particolar modo interessante riuscirebbe quella dei detti nomi poiché ci presenterebbe sotto un aspetto psicologico speciale tutta l’evoluzione storica delle milizie. Di una simile rivista retrospettiva mi limiterò a dare un tenue saggio, quel tanto, cioè, che basti a non lasciare a tale riguardo una troppo notevole lacuna in questa materia di soprannomi.

Il grande uso dei «nomi di guerra» si affermò specialmente verso il finire del medio evo, quando subentrarono alle milizie comunali quelle mercenarie, che trasformarono in un mestiere l’esercizio delle armi. Nei vecchi registri delle compagnie militari del 1600 e del 1700, vediamo che una colonna è sempre riserbata al soprannome o nome di guerra del soldato, e spesso quella in cui dovrebbero essere iscritti il suo nome e il suo cognome è affatto bianca.

L’uso di tenere nascosto il proprio casato tornava assai comodo per quei soldati di ventura, e perchè spesso avevano dei conti da accomodare colla giustizia, e perché rendeva loro più facile il cambiar bandiera per offrirsi o a chi meglio pagava o al capitano sotto al cui comando v’erano migliori speranze di far bottino.

I soldati, insomma, anteriori alla Rivoluzione

Francese, arruolati generalmente col sistema mercenario, anche nei reggimenti assai meglio ordinati che si susseguirono alle bande dei capitani di ventura, erano assai più ’simili ai briganti che ai militi degli odierni eserciti nazionali. E dei briganti avevano quei mercenari tutte le brillanti qualità, compresa quella di una buona dose di superstizione. Nei vecchi registri delle paghe del XV secolo, non è raro il caso di trovare dei nomi di guerra formati colle prime parole di un salmo, come: Laus Deo; Laudate pueri; Da nobis...., opportunissimo questo soprannome per soldati di quel genere.

A dimostrare, se pure ve ne fosse bisogno, quanto era esteso negli scorsi secoli, l’uso del soprannome nelle milizie, basterebbe l’elenco dei tredici soldati italiani che combatterono nella famosa disfida di Barletta. Qui si tratta di tredici sceltissimi guerrieri che, in seguito alla illustre vittoria, furono tutti fatti cavalieri dal grande Consalvo, col diritto di aggiungere nel proprio scudo una collana di tredici anelli per immortalare quella splendidissima fra le loro gesta. Oltre a ciò, la gloria da essi acquistata in quel combattimento si riverberava sulle loro famiglie, le quali avevano pertanto tutto l’interesse a rivendicare i loro nomi.

Infine non mancarono di quella memoranda disfida diligenti storici contemporanei, quali il Guicciardini, il Giovio, il Galateo. Ebbene, còn tutto ciò, di ben quattro di quegli eletti campioni è rimasto affatto ignoto il casato, e la loro memoria ci fu tramandata soltanto col loro soprannome militare, che, per giunta, si trova trascritto in vari modi.

Questi quattro incogniti, sono indicati come segue: Capoccio, Capocchia, Capaccio, Capozio, Maele, Meale, Miale, e persino Maiale; Bracalone o Braccalone, cambiato da Massimo D’Azeglio in Brancaleone; Fanfulla, del quale soprannome vedremo più avanti le numerose varianti.

Anche di questi quattro valorosi guerrieri, molti pazienti frugatori di archivi tentarono di rintracciare il casato, ma soltanto per ciò che riguarda il Capoccio si è potuto sapere che apparto neva alla famiglia romana dei Gasperini. Questo in uno studio afferma Raffaele De Cesare, fondan- [p. 82 modifica]dosi sopra una vecchia cronaca manoscritta, ove è detto che Giovanni Gasperini era soprannominato Capoccio, «per avere la testa’ grande». Ma informazioni più attendibili, aggiunge il De Cesare, dicono che tutti i membri della famiglia Gasperini erano stati così soprannominati a cagione di due capoccie trovate negli scavi per le fondamenta del palazzo che quella famiglia si era fatto costruire nel rione Monti. Quanto a Fanfulla, descritto dal Faraglia come «uomo di popolo veramente italiano, di coraggio singolare, superbo ed audace, che nelle battaglie soleva affrontare ogni pericolo; però buono, compassionevole, generoso, magnanimo, e sempre allegro e gioviale» nelle storie, nelle cronache, nei documenti dell’epoca, note di arruolamenti, cedole di tesoreria, ecc., viene designato in mille modi: Johanne Bartholomeo fanfula; messer Bartolomeo fanfula; magnifico Johan Baptista fanfula; e fanfula, fanfullo, panfulla. Giuliano Passero lo chiama Bartolo Fanfrela; il Vida Fanfus; il Cantalicio Panphulla; l’Abignente Fanfurlo Tito de Lode de Lombardia; il Summonte e il Guicciardini Fanfulla; il Capaccio Titus e Laude Pompeia quem «Transfullam» appellabant; e il Giovio Titus e Laude Pompeia vocatus Fanfulla; il Giovio anzi afferma che Tito da Lodi era chiamato con questo (( superbo nome» di Fanfulla, perchè sprezzava ogni pericolo in battaglia: Superbo cognomine quod belli omne discrimen contemneret. Quindi, secondo questo scrittore, Fanfulla significherebbe di Bravo, o qualcosa di simile, corrispondente, su per giù, a ciò che nell’odierno dialetto milanese dicono Buio. Ma in una lista dei tredici combattenti di Barletta, trovata dal Bertolotti nell’archivio di Mantova, questo splendido tipo di soldato italiano di altri tempi, è designato col nome di Farfuglia, che forse è originariamente il più esatto, poichè corrisponderebbe al vocabolo ancora in uso in Lombardia farfuglia, col quale viene indicato chi nel parlare incespica e pronuncia male le parole. Molti anni innanzi anche il padre barnabita Biagini, in un suo opuscolo su Fanfulla, faceva appunto derivare questo soprannome dal seguente processo etimologico: farfuia, farfulia, farfulla,.fanfulla. Comunque sia, certo è che se Fanfulla farfugliava colla lingua, in compenso menava diritto e sodo colle mani. Come si vede, vi sarebbero da descrivere dei volumi a volere trattenersi su ciascuno dei soprannomi militari rimasti più famosi nelle storie. Volendo invece limitarmi a darne un semplice saggio, ricorrerò a quelli dei soldati francesi, non solo perchè il loro paese fu negli ultimi secoli trascorsi, il più guerriero, ma perchè la sua letteratura, specialmente in fatto di memorie e di cronache minute, è la più ricca. I soldati francesi traevano spesso i loro nomignoli d’al luogo di nascita, come: Le Basque; Le Picard; Le Poitevin. Più spesso però, assumevano quei soprannomi eleganti che tanto piacevano alle donne e a La Fontaine, il quale scriveva:

J’aime les sobriquets qu’un corps de garde impose; tali per esempio: Belle Fleur, Joly-bois; Sans souci; Prèt-à-boire; la Rejouissance; La Fleur; La Rose; Belle-all’; La. Tulipe. E’ facile immaginare che il più delle volte simili idilliaci soprannomi erano tutt’altro che appropriati agli individui che li assumevano, cosicchè tornerebbero qui a proposito le osservazioni che sui nomi pei cittadini ateniesi aveva fatto anticamente il filosofo Anacarsi. Per non ripetermi, riporterò i seguenti graziosi versi di un vecchio poeta francese, il De Jancourt, che a distanza di tanti secoli ripeteva presso a poco le stesse osservazioni. De Mars j’ai suivi la carrière; On sait que là, sans contredit, Chacun porte le nom de guerre Que le caprice lui fournit. C’était très-plaisant, je vous jure; Le sobriquet et la tournure Avaient tout l’all’d’un quiproquo. La Douceur était intraitable; L’Amour„ certes, n’était pas beau;.Charmant était laid comme un diable! Non mancavano tuttavia anche fra i soldati francesi di Turenne e di Vendome dei soprannomi veramente guerrieri riguardanti qualche atto di bravura, o più sovente qualche fanfaronata, come La Terreur, Sans Quartier ecc. L’uso dei soprannomi militari durò a lungo nelle milizie; e negli eserciti di Napoleone era ancora molto diffuso. I celebri marescialli e generali delle sue armate ne ricevettero tutti uno dai loro soldati, a cominciare dallo stesso imperatore che, come è noto, veniva da essi chiamato Le petit caporal. Il maresciallo Junot, duca. D’Abrantes, fino da quando era semplice soldato, aveva avuto dai commilitoni il soprannome di La Tempéte, che conservò sempre. Lannes era detto Roland de l’armée. Oudinot, Le Bayarde moderne. Murat dallo stesso imperatore era stato soprannominato Franconi, nome di un celebre cavallerizzo di quei tempi, e ciò a cagione della mania di Murat per le uniformi brillanti e teatrali. Al generale La Tour d’Auvergne rimase per tutta la vita l’onorifico soprannome di Premier Grenadier de France. Severoli, generale italiano al servizio di Napoleone, era soprannominato il generale Crivello, perché non appena andava al fuoco rimaneva ferito, così che la sua pelle somigliava appunto a un crivello, tante erano le ferite da lui riportate. Per l’opposta. ragione Murat era anche detto Achille. Il maresciallo Marmont, per la sua vergognosa defezione durante la prima Restaurazione, fu soprannominato dai soldati Le maréchal Judas. Il generale Coulombon venne detto L’Immortel, tanto sembrava inverosimile ai suoi compagni d’armi che avesse potuto sopravvivere ai grandi rischi che aveva corso sui campi di battaglia. Una volta fra le altre, fatto prigioniero dai Chouans della Vandea, [p. 83 modifica]era stato da questi fucilato, e non solo aveva sopravvissuto alle sue orribili ferite, ma potè fare ancora tutte le campagne dell’impero. Morì finalmente all’età di quasi novant’anni. Sono abbondanti anche i soprannomi ispirati esclusivamente dal gusto francese pei calembours. Il maggiore del genio Férandy, specialista nella costruzione di ponti militari, era soprannominato Le Grand Pontife. Il generale Gardanne aveva avuto il soprannome di général Gard-ànes dopo che era stato nominato governatore dei paggi imperiali. Il, maresciallo Victor, che fin da quando era mplice soldato aveva avuto dai commilitoni il nomignolo guerresco di Beau-soleil, venne insignito da Napoleone del titolo di duca di Belluno, molto probabilmente, dice il Lumbroso, a cagione appunto di quel nomignolo. Dopo essere stato tanti anni beau soleil, il maresciallo diventava così anche belle lune (duc de Bellune). Per citare anche un soprannome militare tedesco ricorderò quello di Giuseppe Speckbacher, che sotto il comando di Andrea Hofer difese eroicamente il Tirolo dai Francesi e Bavaresi inviati da Napoleone contro l’Ho fer. Lo Speckbacher venne soprannominato Feuer Teufel (il Diavolo del fuoco) per avere, novello Orazio Coclite, tenuto fronte al nemico con pochi altri montanari, mentre intanto alle sue spalle, e sotto gli occhi del nemico i suoi incendiavano il ponte di legno che ne avrebbe permesso il passaggio. Egli si ritirò finalmente per l’ultimo, camminando sulle travi già in preda alle fiamme e che si spezzavano sotto i suoi piedi. Non si può negare che il ricordato soprannome non fosse stato da lui meritato. A proposito di Orazio Coclite ricorderò anche che con questo nome e soprannome romano era stato soprannominato in Francia il generale repubblicano Alessandro Dumas, rispettivamente padre e nonno dei due celebri romanzieri e drammaturghi dello stesso nome. Ignoro però se ciò egli abbia dovuto a qualche eroismo compiuto dinnanzi a un ponte o semplicemente alla grande voga che i nomi dell’antica gloriosa repubblica di Roma ebbero durante la prima repubblica francese. Parlando di soprannomi militari, meritano un cenno altresì quelli affibiati, non a singoli indivieui, ma ad intieri coro; o riparti di truppe. Questi soprannomi che sono in generale tradizionali, non esistono quasi nel nostro esercito di troppo recente formazione, e quei pochi non meritano di essere riportati perchè esclusivamente satirici, mentre nei vecchi eserciti, se i satirici non mancano, abbondano però anche quelli onorifici. Nelle vecchie truppe napoleoniche, una brigata di granatieri comandata dal generale Colbert nel 1809 fu soprannominata: Brigade Infernale; la nona compagnia di cacciatori (neuvième légère) fu detta Incomparable per l’eroismo, con cui a Marengo si slanciò a vendicare la morte di Desaix; ai soldati della guardia imperiale rimase il sopranno

me di Les Ancien perchè così li chiamava Napoleone, e più tardi furono detti Grognards, da quando cioè furono all’isola d’Elba, dove. Napoleone li faceva lavorare da muratori, alla qual cosa, per l’affetto che gli portavano, si rassegnavano, ma borbottando c-ntinuamente, en grognant. I lancieri polacchi che facevano parte della «Grande Armata» erano detti Francais du. Nord. I soldati che avevano preso parte alla spedizione in Egitto erano chiamati Les Ègyptiens; un battaglione di bersaglieri corsi era soprannominato Cousins de l’Empereur, probabilmente perchè la maggior parte di quei corsi si era vantata di tale parentela più o meno lontana. Spesso questi soprannomi a battaglioni ed a reggimenti erano dati a scopo satirico dai commilitoni appartenenti ad altri corpi e, anche dal popolo, ed in questo caso il soprannome era per lo più desunto da qualche particolarità’ della divisa, o delle armi, o delle funzioni speciali a cui quella data truppa era destinata. Tutti sanno come sono tutt’ora chiamati in Italia i soldati addetti agli ospedali, alle infermerie, alle ambulanze. Molti ricorderanno che nell’esercito pontificio vi era un corpo di truppe che, a cagione della sua calzatura, identica a quella dei ciociari, era detto dei Zampitti. In Piemonte una volta dicendo Ussari a quattro ruote intendevasi dire i soldati del treno. In Francia vi fu un reggimento di Gardes de Paris tutto vestito di rosso, i cui soldati furono perciò detti Ècrevisses; precisamente come a Roma il popolino chiamava Gamberi cotti gli alunni del seminario germanico. Un reggimento di dragoni fu detto Citrouillards perchè infatti i suoi soldati vestiti di verde e coll’elmo giallo avevano l’apparenza, specialmente quando erano riuniti, di tanti limoni. I lancieri erano detti Batteurs de pontmes perchè infatti delle lunghe e sottili loro lancie facilmente si servivano in campagna per battere rami di pomi e di noci. Tralascio molti altri soprannomi dati in Francia ad altri corpi di truppa ed a speciali reggimenti, ma poichè la letteratura dei soprannomi militari è colà tanto ricca, voglio ricordarne ancora due assai caratteristici, e cioè quello onomatopeico di Turlututù con cui i vecchi soldati designavano nei reggimenti i suonatori di piffero ed’i tamburini, e quello di Piou-piou che è ancora molto usato in Francia dal popolo per indicare i soldati di fanteria. Anche questo sarebbe onomatopeico poichè sembra derivato dall’abitudine che avevano una volta i soldati in marcia di far man bassa sui polli e sulle galline nei villaggi che attraversavano. In Inghilterra i soprannomi dei reggimenti sono in generale molto espressivi, ma sopratutto molto antichi. V’è un reggimento che porta da circa due secoli il poco lusinghiero appellativo di Porci, perchè in origine l’elefante dipinto sulla sua bandiera era stato eseguito in modo da rassomigliare meglio ad un suino che al pachiderma sacro agli Indi; i soldati del 2.° Royal West Surrey sono ancora adesso chiamati i Dormenti perchè la mattina della battaglia di Al [p. 84 modifica]meida avvenuta nel 1811 nella campagna contro i Francesi in Portogallo, furono sorpresi dal nemico nel loro accampamento mentre ancora russavano saporitamente; e le guardie del corpo, Life Guards, non hanno mai potuto perdere il soprannome di Macellai di Piccadilly, avuto per una famosa carica che eseguirono nella strada di Londra che ha questo nome, durante una sommossa, Che più? Il 1.0 reggimento delle guardie scozzesi porta ancora il soprannome di Guardie di... Ponzio Pilato. Questo curioso soprannome se non risale ai tempi del governatore romano di Giudea, data tuttavia dal 1637, nel quale anno i re di Francia usavano ancora di tenere per loro guardia un reggimento di soldati scozzesi, surrogati in seguito dagli svizzeri. Da quel reggimento ebbe appunto origine, allorchè venne licenziato dalla Francia, quello dell’esercito inglese ancora conosciuto col soprannome sopra esposto e del quale, ciò premesso, ecco la bizzarra storia. Nel 1637, fra alcuni ufficiali delle guardie scozzesi al servizio del re di Francia e alcuni ufficiali francesi del celebre reggimento di Piccardia, nacque una viva discussione circa l’anzianità dei rispettivi reggimenti. Per porre termine alla discussione un Piccardo asserì scherzosamente che il suo reggimento risaliva alla Passione di Gesù Cristo, e che anzi era stato di guardia la notte della crocifissione. Uno scozzese rispose: Se fossimo stati noi di guardia, non avremmo certo dormito come avete fatto voi o quali altri si fossero i soldati di Ponzio Pilato. Il Piccardo che ben conosceva i suoi contradditori, replicò alla sua volta: Questo sarebbe dipeso dalla razione di Whishy che Pilato accordava ai suoi soldati! Corsero duelli, ma il soprannome di Guardie di Ponzio Pilato agli Scozzesi rimase.

COMMEMORAZIONE DI

Giuseppe Mercalli. Il giorno 19 corrente è l’anniversario della morte del prof. Mercalli. Ricordano tutti la pietà immensa del caso: il compianto Direttore dell’Osservatorio Vesuviano fu trovato nel suo studio a Napoli, carbonizzato. La commemorazione verrà tenuta nell’aula magna del liceo Beccaria, ore 2r

dal prof. D. PIETRO STOPPANI allievo ed amico dell’illustre vulcanologo. i La conferenza sarà accompagnata da proiezioni luminose vulcaniche. I biglietti si possono acquistare a L. i all’Istituto dei Ciechi, alla libreria Hoepli, ed anche alla libreria Cogliati. Il ricavo è devoluto alla Pro Ciechi ed all’Opera pia Cislaghi della delinquenza minorile.