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Anno XIV. 13 Marzo 1915. Num. 11.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —I soprannomi militari. - Commemorazione di Giuseppe Mercalli.
Religione. —Vangelo della IV domenica di Quaresima. L’è ora de finilla (Poesia). - I signori del Sahara.
Beneficenza. —Per l’Asilo infantile dei Ciechi Luigi Vitali.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.

Educazione ed Istruzione


I soprannomi militari


L’uso dei «nomi di guerra» è ormai scomparso tra i soldati degli eserciti moderni pei quali lo stato di guerra è altrettanto eccezionale tanto era, si può dire, normale e permanente, per quelli di una volta. Tuttavia, fra le molte cose delle quali desterebbe non lieve interesse una rivista retrospettiva, parmi che in particolar modo interessante riuscirebbe quella dei detti nomi poiché ci presenterebbe sotto un aspetto psicologico speciale tutta l’evoluzione storica delle milizie. Di una simile rivista retrospettiva mi limiterò a dare un tenue saggio, quel tanto, cioè, che basti a non lasciare a tale riguardo una troppo notevole lacuna in questa materia di soprannomi.

Il grande uso dei «nomi di guerra» si affermò specialmente verso il finire del medio evo, quando subentrarono alle milizie comunali quelle mercenarie, che trasformarono in un mestiere l’esercizio delle armi. Nei vecchi registri delle compagnie militari del 1600 e del 1700, vediamo che una colonna è sempre riserbata al soprannome o nome di guerra del soldato, e spesso quella in cui dovrebbero essere iscritti il suo nome e il suo cognome è affatto bianca.

L’uso di tenere nascosto il proprio casato tornava assai comodo per quei soldati di ventura, e perchè spesso avevano dei conti da accomodare colla giustizia, e perché rendeva loro più facile il cambiar bandiera per offrirsi o a chi meglio pagava o al capitano sotto al cui comando v’erano migliori speranze di far bottino.

I soldati, insomma, anteriori alla Rivoluzione

Francese, arruolati generalmente col sistema mercenario, anche nei reggimenti assai meglio ordinati che si susseguirono alle bande dei capitani di ventura, erano assai più ’simili ai briganti che ai militi degli odierni eserciti nazionali. E dei briganti avevano quei mercenari tutte le brillanti qualità, compresa quella di una buona dose di superstizione. Nei vecchi registri delle paghe del XV secolo, non è raro il caso di trovare dei nomi di guerra formati colle prime parole di un salmo, come: Laus Deo; Laudate pueri; Da nobis...., opportunissimo questo soprannome per soldati di quel genere.

A dimostrare, se pure ve ne fosse bisogno, quanto era esteso negli scorsi secoli, l’uso del soprannome nelle milizie, basterebbe l’elenco dei tredici soldati italiani che combatterono nella famosa disfida di Barletta. Qui si tratta di tredici sceltissimi guerrieri che, in seguito alla illustre vittoria, furono tutti fatti cavalieri dal grande Consalvo, col diritto di aggiungere nel proprio scudo una collana di tredici anelli per immortalare quella splendidissima fra le loro gesta. Oltre a ciò, la gloria da essi acquistata in quel combattimento si riverberava sulle loro famiglie, le quali avevano pertanto tutto l’interesse a rivendicare i loro nomi.

Infine non mancarono di quella memoranda disfida diligenti storici contemporanei, quali il Guicciardini, il Giovio, il Galateo. Ebbene, còn tutto ciò, di ben quattro di quegli eletti campioni è rimasto affatto ignoto il casato, e la loro memoria ci fu tramandata soltanto col loro soprannome militare, che, per giunta, si trova trascritto in vari modi.

Questi quattro incogniti, sono indicati come segue: Capoccio, Capocchia, Capaccio, Capozio, Maele, Meale, Miale, e persino Maiale; Bracalone o Braccalone, cambiato da Massimo D’Azeglio in Brancaleone; Fanfulla, del quale soprannome vedremo più avanti le numerose varianti.

Anche di questi quattro valorosi guerrieri, molti pazienti frugatori di archivi tentarono di rintracciare il casato, ma soltanto per ciò che riguarda il Capoccio si è potuto sapere che apparto neva alla famiglia romana dei Gasperini. Questo in uno studio afferma Raffaele De Cesare, fondan-