Il buon cuore - Anno XIII, n. 25 - 20 giugno 1914/Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

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Domenica 3a dopo Pentecoste

Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: Siate misericordiosi come anche il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati. Perdonate, e sarà a voi perdonato; date, e sarà dato a voi; si verserà nel vostro seno una buona misura calcata e ricolmata e sovrabbondante; poichè si farà uso con voi della stessa misura, di cui vi sarete serviti cogli altri. Diceva poi loro anche questa similitudine: E egli possibile che un cieco guidi un cieco? Non cadono essi entrambi nella fossa? Non v’ha scolaro da più del maestro; ma chicchessia sarà perfetto, ove sia come il suo maestro. Perchè poi osservi tu una pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, e non badi alla trave che hai nel tuo occhio? Ovvero come puoi tu dire al tuo frateltello: Lascia, fratello, che io ti cavi dall’occhio la pa [p. 197 modifica]gliuzza che ci hai, mentre tu non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita, cavati prima dall’occhio tuo la trave fratello. S. LUCA, cap. 6.

Spiegazione. Gesù Cristo è certamente il modello d’ogni virtù, e nel suo Vangelo tutte le insegnò; ma ve n’ha una ch’Egli più di tutte inculcò, e più insistentemente praticò, la mi sericordia, cioè verso il prossimo. Anzi osservando il modo con cui ne parla, si direbbe che in tutta la sua religione non vi sia altro dovere. Nel giorno del finale giudizio non ha Egli detto che la sentenza definitiva di ciascun uomo sarà desunta dal modo con cui si avranno esercitate le opere di misericordia verso di Lui, nella persona dei suoi fratelli? — In questo Vangelo Egli ci presenta il modello di questa virtù. E qual’è questo modello proposto alla nostra imitazione? -- La misericordia di Dio verso di noi, deve essere la regola della nostra verso i nostri simili. Siate misericordiosi, come anche il vostro Padre è misercordioso (S. Luca, Cap. 6). Questo dovere, preso alla lettera, sarebbe impraticabile, giaochè all’uomo non è concesso raggiungere l’infinito; ma sebbene l’uomo si trovi nell’impotenza di raggiungere questo modello, bisogna tuttavia che lo tenga sempre davanti agli occhi per rassomigliargli, fin dove lo permette la debolezza della sua natura. Ora nella misericordia divina brillano due caratteri princiPali: 1.o Essa abbraccia tutti gli uomini, senza eccezione, grandi e piccoli, sapienti e ignoranti, amici e nemici. 2.o Essa si estende ad ogni sorta di beneficii, tanto nell’ordine spirituale quanto nell’ordine temporale. Il Salvatore, dopo av‘er dato il precetto generale della misericordia, passa ad insegnare il modo pratico per eseguirlo. E quindi vieta il giudizio temerario; peccato opposto non solamente alla carità, ma ancora alla giustizia; comanda il perdono delle offese, il-lattea il dovere dell’elemosina e fulmina con parole severe l’ipocrisia, la quale è la negazione d’ogni rispetto a Dio e agli uomini, ed è per conseguenza il solo delitto che non trova misericordia nè presso Dio, nè presso gli uomini, perchè l’abuso delle cose sante chiude la via di un sincero ritorno a Dio, illude lo spirito e consuma la finale impenitenza.

Riflessi. Stando alle parole del Vangelo parebbe che Gesù ci divieti qualsiasi giudizio sui fatti altrui. Non è così; poichè vi sono azioni, la cui malizia è così manifesta, che portano scritta in fronte la loro condanna. Com’è possibile infatti non pensar male e non giudicar male quando si tratta di furti, di calunnie, di violenze e di scandali d’agni genere? — Quello che Gesù ci proibisce si è di pensare e di giudicare temerariamente del prossimo. E invero vi sono azioni, che non presentano alcun carettere manifesto di malvagità e di malizia; come vi sono azioni neppur riprovevoli in sè stesse, ma che solo hanno un colore, un’apparenza di male. Or bene: in questi casi il pensar subito sinistramente e alla peggio, non è.giudicare temerariamente il pros 197

simo? Peggio ancora è quando si tratta di azioni per sè indifferenti, che desumono la loro malizia soltanto dall’intenzione di chi le compie. Voler indovinare le intenzioni per le quali opera il prossimo, non è incredibile temerità? Salo a Dio appartiene il giudicare le intenzioni, perchè solo Lui è dato il conoscerle. — Peggio poi quando si torcono in mala parte le azioni stesse più virtuose e sante; quando si accusa d’ipocrisia la pietà, di cupidigia la parsimonia, di vigliaccheria la mitezza, di finzione la prudenza, l’ostentazione la carità, come tacevnto i Farisei antiche, che malignavano sempre sulla cindotta di Cristo, e come fanno i farisei moderni, che malignano sempre e a qualimpe osto sulle azioni di ce’cro, che non appartengano ai loro partito, e che per nessuna cosa al mondo intendono rinunciare alla loro di, gnttà d’uomini ragionevoli e liberi, ascrivendosi al noero di coloro che costituisco t) la zavorra della società, il servum pecus, che tutto e sempre approva quello che loro viene fatto credere venire dall’alto, anche le incongruenze, le cretinerie e le infamie. Ah! badiamo che si farà uso con noi della stessa misura, di cui ci saremo serviti per misurare il nostro prossimo!

Conseguenze pratiche. Dice il proverbio che noi tutti portiamo dalla culla alla tomba appese al collo due bisaocie, nell’una delle quali stanno i nostri difetti, nell’altra i difetti del prossimo. Ma, ecco quello che avviene: la bisaccia dei difetti del prossimo la teniamo sempre davanti; quella dei nostri....sempre di dietro. Strana fatalità! non è vero? Ebbene, su da bravi, invertiamo le parti, e sarà tanto di guadagnato per noi e per gli altri. Se noi guardassimo sempre i nostri difetti, avremmo iil coraggio di censurare quelli degli altri? E’ tanto facile distinguere una trave da una pagliuzzal.... Perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato (S. Luca, Cap. 6). Quale contorte e, direi anche, quale sicurezza di perdono per noi, povere creature, fallibili •e meschine! La nostra salvezza è posta nelle nostre mani; essa, stando alle parole di Cristo, pare dipenda unicamente da noi. Perdoniamo, e saremo perdonati; siamo larghi di soccorso verso chi soffre, e sarà versato nel nostro seno una misura calcata e sovrabbondante (S. Luca, Cap. 6). Chi rifiuta un mezzo tanto facile di salvezza, non è egli inescusabile? Perchè osservi una pagliuzza nell’occhio del tuo fratello e non badi alla trave che hai nel tuo occhio?... Ipocrita, cavati prima dall’occhio tuo la trave; e allora vedrai di cavare la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello (S. Luca Cap. 6). 0 buon Gesù, ai vostri occhi trova misericordia e perdono una Maddalena, un Zaocheo, perfino un ladro, che sulla croce si converte; non mai un Fariseo ipocrita! Per gli ipocriti voi non avete che minaccie e parole roventi... Tornate, tornate, o buon Gesù, su questa povera terra; i degni figli di quei Farisei, che vi confissero in croce, ogni giorno, ogni ora, ogni istante insultano, calunniano, vilipendono e, se fosse in loro potere, crocifiggerebbero anche coloro, che, mentre si gloriano d’essere vostri seguaci, non intendono per [p. 198 modifica]nulla affatto rinunciare alla libertà di discussione, da cui sfavilla la luce del vero. E il male che quegli sciagurati: fanno alla vostra immacolata Sposa, la Chiesa, è immenso; poichè se si de:.se ascolto a quanto essi dicono noi lovremmo considerarla come la nemica acerrima della lt ce, del progresso e delle legittime aspirazioni dei porcli, mentre invece nei suo insegnamenti sta il benessere temporale e spirituale dell’individuo, della famiglia e della società. Venk;, dunque o buon Gesu, e col vosito soffio sperdete que3ta maligna:cita c., Farisei ipocriti, e fate che riviva in mezzo a noi il vostre Spir’t,,,el’è amore, concordia, pace, miserie3rJia e pei dono.,2..: Alt-.8e. 414 414 ili 414.94.94 " 414 AJe.

ZZO

ILA Di colpo un gran fragore L’eco ridesta intorno, E un subito bagliore Accende il ciel piovorno.

Barbaglio di scintille, Di gemme pioggia d’oro, E nembi di faville In mezzo a un lieto coro Di voci e battimani. Il razzo in alto spande Fiori di luce strani, E fulgide ghirlande.... Lo mira abbacinato L’occhio sorpreso, intento.... Ma il razzo è già sfumato, Il razzo già s’è spento.

I primi immigranti italiani.

CONTESSA ROSA DI SAN MARCO.

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La prima colonia tedesca iniziata nel 1827 fu quella di S. Leopoldo, che è attualmente uno dei municipi più prosperi dello Stato: poi a mano a mano si formarono le colonie di Santa Cruz, Novo Amburgo, Mundo Novo nel 1846, Nova Petropolis, Lageado Estrella, ecc. La colonizzazione si svolse al nord sui terreni generalmente boscosi e scoscesi della serra, perchè là solamente esistevano terre demaniali (devolutas); tutta la piana e vasta campanha essendo già proprietà privata. Cosi avvenne che nel Rio Grande la colonizzazione si svolse in mezzo a difficoltà dovute alle foreste ed all’isolamento, e forse nei terreni meno fertili dello Stato. Ma’ a questo riguardo una notevolissima differenza si verifica inoltre fra la situazione delle colonie tedesche e delle italiane. tedeschi, primi venuti, si accaparrarono le zone al piede dei monti, ove le valli sono aperte e pianeggianti, e n’ebbero vantaggi di terreni fertilissimi, meno boscosi, ed in comunicazione coi maggiori mercati, essendo navigabili i fiumi che le bagnano. I coloni italiani invece, •di cui i primi arrivarono solo nel 1874, avendo trovata occupata tutta codesta zona alla base dei monti, furono inoltrati al di là, nelle parti scoscese della serra, in piena foresta. Questa serra ove si trovano le colonie italiane è una vasta zona montagnosa tutta coperta di alte foreste, che elevandosi dalla campanha piana, si prolunga per un cen tinaio di chilometri in continue elevazioni e depressioni, alcune delle quali ’profonde e solcate da fiumi importanti, come il Rio Cahy ed il Rio das Antas. Termina poi in un vastissimo altipiano che continua, attraverso gli Stati di Santa Catharina, Paranà e San Paolo, sino agli Stati nordici del Brasile.

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Le colonie del Bio Grande Do Sul (Continuazione del numero precedente).

La zona settentrionale del Rio Grande Do Sol. SVOLGIMENTO DELL’IMMIGRAZIONE E DELLA COLONIZZAZIONE ITALIANA

Zone coloniali tedesca e italiana. La parte settentrionale dello Stato va acquistando sempre maggiore importanza: è la superiorità della colonizzazione agricola che si afferma sul sistema della pastorizia. La colonizzazione di questa regione è tutta opera della immigrazione straniera e prevalentemente degli immigrati tedeschi ed italiani. La immigrazione tedesca è di gran lunga più antica in questo Stato di quella italiana: i primi gruppi di immigranti tedeschi vi giunsero circa 90 anni or sono, quelli italiani solamente 39 anni fa.

I primi italiani che si stabilirono nel Rio Grande vi andarono sapendo soltanto di andare al Brasile, ed ebbero notizia dei luoghi solo dalle indicazioni degli agenti brasiliani che allora esercitavano il mestiere di promuovere l’emigrazione per quel paese. Il Governo federale Brasiliano ed i Governi dei singoli Stati, provvedevano al popolamento del suolo, sia per mezzo di questi agenti ufficiali che tenevano nei paesi d’Europa, sia per mezzo di contratti stipulati con determinate imprese per l’introduzione di un determinato numero di famiglie. Furono quelli i tempi in cui si verificarono i peggiori inganni e le più inumane speculazioni a danno degli emigranti reclutati fra la parte più povera della nostra popolazione. Allora si ebbero i viaggi disastrosi sui velieri, che impiegavano più ’i due mesi da Genova al Brasile, a bordo dei quali, per la mancanza di ogni principio di igiene e di comodità, si avevano mortalità spaventose. gbarcando a Rio de Janeiro gli emigranti erano decimati dalla febbre gialla; in condizioni ancor peggiori si compieva la continuazione del viaggio, su velieri brasiliani, fino ai porti di Santa Catharina o di Rio Grande. Sbarcati a Porto Alegre, cominciavano i disagi pel viaggio terrestre nell’interno fino ai luoghi di colonizzazione, con conseguenti malattie e decessi numerosi. [p. 199 modifica]Furono veramente tristi le sofferenze dei primi nostri emigrati nel Rio Grande do Sul; solo udendole narrare da coloro che vi ebbero parte, se ne intravede tutta la tragica realtà. L’internamento nelle colonie. Varie leggi del Governo federale, integrate da leggi e regolamenti del Governo statale, hanno regolato il sistema di introduzione degli immigrati; in dati periodi come fin all’anno 1881, fu pagato interamente agli immigranti il viaggio transoceanico; poi le agevolazioni principali consistettero nel ricovero e mantenimento in hospedarias, dal giorno dell’arrivo a Porto Alegre, e nel trasporto e mantenimento fino all’installazione nel lotto coloniale. A tali funzioni si provvedette per molto tempo assai malamente: e da molti ho sentito narrare le vicende di codesti giorni di sosta in Porto Alegre, in baracconi di legno, in ambiente malsano; poi la peregrinazione fino ai nuclei coloniali. Questi erano situati, come dissi, in luoghi lontani dai centri, in mezzo alle foreste; generalmente nessuna via era preparata per recarvisi, perchè nient’altro si era fatto che abbattere gli alberi grossi tanto da permettere il passaggio, con molti sforzi e con molti aiuti, a dei carri primitivi. Cosi peri arrivare alle colonie di Conde d’Eu e Dona Isabel ove ora si va in meno di una giornata fra ferrovia e cavallo, allora impiegavano da 12 a 15 giorni. File interminabili di carri primitivi avanzavano lentamente, con un cigolio assordante, in mezzo a mille peeipezie dovute alle difficoltà della strada, e portavano le danne ed i bambini, ed i miseri bagagli degli emigranti. Per vitto si distribuiva della farina gialla, dei fagiuoli, del grasso di maiale; il tutto spesso avariato. I coloni nei primi tempi dell’arrivo.

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’Arrivati al nucleo coloniale, i coloni erano alloggiati in capannoni di legno, sconnessi ed anti igienici, per la ristrettezza e pel sudiciume: ivi ogni famiglia attendeva che il lotto da essa prescelto fosse misurato elilevato topograficamente, operazione che spesso andava per le lunghe. Il cattivo andamento di tali servigi non fu tanto da attribuirsi ad eccessivo spirito di economia del Governo, ma più alle ruberie degli impiegati, che si ingrassavano a carico dei poveri coloni: del resto non furono rari coloro fra i coloni medesimi che, scelti come capi squadra od impresari di qualche pubblico servigio si fecero essi stessi sfruttatori dei propri compagni. In tutti i centri coloniali esisteva •la Commissione della colonia, incaricata di tenerne l’amministrazione. Ta le Commissione scompare dopo qualche diecina d’anni, quando tutte le funzioni e le pendenze relative all’impianto sono cessate; da quel momento la colonia è emancipata dal Governo federale e diventa municipio alla dipendenza del Governo statale. La Commissione distribuiva sussidi ai coloni appena arrivati e pensava al loro installarnento: i sussidi principa’i consistevano generalmente nel sostentamento pei primi dieci giorni dall’arrivo, da rimborsarsi a suo tempo; nell’anticipo di attrezzi

da lavoro e delle sementi più necessarie per le prime piantagioni. Inoltre ogni immigrante aveva diritto, nei primi mesi, ad essere impiegato per 15 giorni al mese nei lavori di pubblica utilità; questo fu l’aiuto più efficace per assicurare l’esistenza ai cdloni durante il primo anno, avanti che si avessero i primi raccolti. I lavori consistevano di solito nela costruzione di strade; raccontano i coloni che il Governo dello Stato non lesinava nelle spese, che anzi vi furono dei tratti di strada che vennero a costar prezzi esorbitanti, e lo Stato non guardava troppo per il Rottile, comprendendo la necessità di dare da vivere ai coloni, se non si voleva provocarne un esodo generale. Purtroppo però gran parte delle somme veramente vistose •spese dallo Stato per le colonie, anzichè a benefizio delle medesime, andò assorbita dagli impiegati ed amm in istratari. Non in tutte le colonie tali aiuti furono sufficientemente distribuiti. «Se sapesse mi raccontava un vecchio colono di Caxias che brutti mesi abbiamo passato dopo arrivati! Vede questi pinoli? — e mi mostrava dei grossi pinoli dei bei pini ambrelliferi — ne abbiamo mangiati per delle settimane, e non avevamo altro; sono quelli che ci hanno salvati dal morire di fame. Ora qui è un paradiso, con tutte queste case e queste vigne, ma allora non c’era che bosco.» — Queste difficoltà, come le maggiori privazioni e disagi, si riferiscono alle colonie più antiche; gli immigranti che vennero in seguito trovarono molto facilitata la vita anche nei periodi di inizio, dall’appoggio multiforme che viene dalla vicinan-a• di compatrioti già da tempo insediati nel luogo.