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Furono veramente tristi le sofferenze dei primi nostri emigrati nel Rio Grande do Sul; solo udendole narrare da coloro che vi ebbero parte, se ne intravede tutta la tragica realtà. L’internamento nelle colonie. Varie leggi del Governo federale, integrate da leggi e regolamenti del Governo statale, hanno regolato il sistema di introduzione degli immigrati; in dati periodi come fin all’anno 1881, fu pagato interamente agli immigranti il viaggio transoceanico; poi le agevolazioni principali consistettero nel ricovero e mantenimento in hospedarias, dal giorno dell’arrivo a Porto Alegre, e nel trasporto e mantenimento fino all’installazione nel lotto coloniale. A tali funzioni si provvedette per molto tempo assai malamente: e da molti ho sentito narrare le vicende di codesti giorni di sosta in Porto Alegre, in baracconi di legno, in ambiente malsano; poi la peregrinazione fino ai nuclei coloniali. Questi erano situati, come dissi, in luoghi lontani dai centri, in mezzo alle foreste; generalmente nessuna via era preparata per recarvisi, perchè nient’altro si era fatto che abbattere gli alberi grossi tanto da permettere il passaggio, con molti sforzi e con molti aiuti, a dei carri primitivi. Cosi peri arrivare alle colonie di Conde d’Eu e Dona Isabel ove ora si va in meno di una giornata fra ferrovia e cavallo, allora impiegavano da 12 a 15 giorni. File interminabili di carri primitivi avanzavano lentamente, con un cigolio assordante, in mezzo a mille peeipezie dovute alle difficoltà della strada, e portavano le danne ed i bambini, ed i miseri bagagli degli emigranti. Per vitto si distribuiva della farina gialla, dei fagiuoli, del grasso di maiale; il tutto spesso avariato. I coloni nei primi tempi dell’arrivo.

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’Arrivati al nucleo coloniale, i coloni erano alloggiati in capannoni di legno, sconnessi ed anti igienici, per la ristrettezza e pel sudiciume: ivi ogni famiglia attendeva che il lotto da essa prescelto fosse misurato elilevato topograficamente, operazione che spesso andava per le lunghe. Il cattivo andamento di tali servigi non fu tanto da attribuirsi ad eccessivo spirito di economia del Governo, ma più alle ruberie degli impiegati, che si ingrassavano a carico dei poveri coloni: del resto non furono rari coloro fra i coloni medesimi che, scelti come capi squadra od impresari di qualche pubblico servigio si fecero essi stessi sfruttatori dei propri compagni. In tutti i centri coloniali esisteva •la Commissione della colonia, incaricata di tenerne l’amministrazione. Ta le Commissione scompare dopo qualche diecina d’anni, quando tutte le funzioni e le pendenze relative all’impianto sono cessate; da quel momento la colonia è emancipata dal Governo federale e diventa municipio alla dipendenza del Governo statale. La Commissione distribuiva sussidi ai coloni appena arrivati e pensava al loro installarnento: i sussidi principa’i consistevano generalmente nel sostentamento pei primi dieci giorni dall’arrivo, da rimborsarsi a suo tempo; nell’anticipo di attrezzi

da lavoro e delle sementi più necessarie per le prime piantagioni. Inoltre ogni immigrante aveva diritto, nei primi mesi, ad essere impiegato per 15 giorni al mese nei lavori di pubblica utilità; questo fu l’aiuto più efficace per assicurare l’esistenza ai cdloni durante il primo anno, avanti che si avessero i primi raccolti. I lavori consistevano di solito nela costruzione di strade; raccontano i coloni che il Governo dello Stato non lesinava nelle spese, che anzi vi furono dei tratti di strada che vennero a costar prezzi esorbitanti, e lo Stato non guardava troppo per il Rottile, comprendendo la necessità di dare da vivere ai coloni, se non si voleva provocarne un esodo generale. Purtroppo però gran parte delle somme veramente vistose •spese dallo Stato per le colonie, anzichè a benefizio delle medesime, andò assorbita dagli impiegati ed amm in istratari. Non in tutte le colonie tali aiuti furono sufficientemente distribuiti. «Se sapesse mi raccontava un vecchio colono di Caxias che brutti mesi abbiamo passato dopo arrivati! Vede questi pinoli? — e mi mostrava dei grossi pinoli dei bei pini ambrelliferi — ne abbiamo mangiati per delle settimane, e non avevamo altro; sono quelli che ci hanno salvati dal morire di fame. Ora qui è un paradiso, con tutte queste case e queste vigne, ma allora non c’era che bosco.» — Queste difficoltà, come le maggiori privazioni e disagi, si riferiscono alle colonie più antiche; gli immigranti che vennero in seguito trovarono molto facilitata la vita anche nei periodi di inizio, dall’appoggio multiforme che viene dalla vicinan-a• di compatrioti già da tempo insediati nel luogo.


Beneficenza

Per l’Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi

SOCI AZIONISTI

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O P E H.A. PIA CA TE N A (Per la cura di Salsomaggiore)

Sig. San Pietro avv. Carlo Signora San Pietro Rutschmann Elisa Fumagalli Colombo Lina Roveda Castellini Pia»• De Marchio Maggioni Gina Padulli Amman contessa Fanny C. M. B. ricordando una data cara /acca Cattaneo Carolina

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Errata - Corrige Nella traduzione del sonetto «Al mio caro cagnolino Gogò» pubblicato nel N. 24 del Buon Cuore, incorsero i • seguenti errori di stampa: invece di: versione letteraria, leggasi letterale; e la prima strofa invece di caro Gogò, leggasi Caro, caro Gogò.