Il buon cuore - Anno XII, n. 18 - 3 maggio 1913/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XII, n. 18 - 3 maggio 1913 Religione

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La distribuzione ed il collocamento al lavoro
degli emigranti italiani in America


(Continuazione del num. precedente).



In quanto ai frutti che porta tale emigrazione possiamo dire che per il passato vi furono diversi più abili i quali, prendendo in accollo qualche tratto di strada, riuscirono a metter da parte qualche migliaio di lire: adesso si lamenta generalmente che i giovani ritornano sovente con la salute sciupata, senza denaro e non di rado anche guasti moralmente. Nessuna garanzia dànno gli agenti che per conto delle imprese ferroviarie vengono nelle colonie a reclutarli; le descrizioni delle condizioni di lavoro sono per lo più ingannatrici, i luoghi dei lavori infestati da febbri e malattie; i lavoratori non di rado defraudati dei salari da capisquadra truffatori.

Altro movimento. emigratorio importante di lavoratori avente carattere permanente è dato dall’espansione graduale delle colonie già stabilite e particolarmente da quelle agricole più antiche. Quando pel crescere della famiglia, il lotto coloniale primitivo. resta troppo ristretto, i giovani vanno a cercarsi altri lotti nella zona libera più vicina. Così è avvenuto nelle nostre colonie agricole in Argentina ed avviene con maggior facilità ed ordine in quelle degli Stati meridionali del Brasile, ove molto maggiore è la estensione di terra ancor di facile acquisto. Tal sistema di distribuzione automatica del lavoro è, dai pochi esempi che abbiamo di collocamento, fatto assai ordinatamente e senza gravi inconvenienti dal punto di vista sociale. Ed anche nazionalmente noi dobbiamo ad esso l’ingrandimento di nuclei coloniali omogenei e conservati.


Cattiva distribuzione.

Dal precedente esame, sia pure sommario ed incompleto, del modo in cui avviene la distribuzione degli emigranti nei paesi di immigrazione, già si può notare come le modalità ne siano diverse da paese a paese e come diverse siano le difficoltà e gli inconvenienti di indole economica e sociale, e per noi anche nazionale, che si verificano per effetto della deficiente organizzazione di questa funzione.

Non si può disconoscere che questa deficienza è tale in molti di quei paesi, che nonostante le loro risorse immense da sfruttare e le fertili zone da popolare, che dovrebbero rendere enormemente facile trovare il più utile impiego del lavoro, si hanno da lamentare in America disequilibri, sfruttamenti e situazioni incresciose non di rado più gravi che nella vecchia Europa densa di popolazione.

’Da noi si hanno una quantità di provvedimenti sociali atti ad equilibrare la domanda e l’offerta di lavoro, sia favorendone l’incontro, come ad es.: le borse di lavoro, gli uffici di collocamento presso le Federazioni nazionali di mestiere, ecc., sia prevenendo i danni della disoccupazione per mezzo del risparmio e delle assicurazioni sia escogitando sistemi per aumentare in certi momenti la domanda di lavoro, mediante l’apertura di lavori di pubblica utilità, che in uno Stato civile moderno sempre occorrono: senza parlare di tutte quelle forme di protezione che pur non riferendosi direttamente alla collocazione dei lavoratori, li mettono in posizione da temere meno la disoccupazione.

Tutto ciò in alcuni paesi di immigrazione manca affatto, nè si può attribuirne del tutto a loro colpo, date le condizioni tanto diverse dalle nostre; in altri, come negli Stati Uniti del Nord, tali [p. 138 modifica]menti si vanno formando lentamente, ma per lo più solo a vantaggio dei lavoratori indigeni, restandone di diritto o di fatto esclusi gli stranieri immigranti. Di qui la necessità in chi ne ha il dovere e l’interesse, — e ve l’hanno tanto i paesi di emigrazione come quelli di immigrazione — di promuovere appositi provvedimenti. Quello che in tal senso fin’ora fu fatto, rappresenta lavoro ed iniziative importanti ma moltissimo si può fare ancora. Ce ne, avvertono gli inconvenienti, di cui alcuni assumono forme gravi e permanenti, derivanti dai sistemi di distribuzione invalse, che sopra abbiamo sommariamente esaminato. Il quasi completo abbandono a sè stessa dell’emigrazione nostra agli Stati Uniti l’ha portata a quella infelicissima distribuzione negli Stati del Nord e dell’Est, ed a quell’addensamento urbaro in alcuni centri, che son motivo di seri guai economici e morali a quei nostri aggruppamenti coloniali; cose. che attirano sui nostri connazionali in genere l’avversione da parte degli americani. Tale avversione vediamo manifestarsi concretamente con leggi restrittive della immigrazione, cui appunto in questi giorni si propone di aggiungere nuove clausole più severe. Vogliamo osservare a tal proposito che ci sembra non dobbiamo tanto preoccuparci della possibilità della esclusione dagli Stati Uniti della nostra emigrazione, ciò che potrebbe cagionare solo temporanei turbamenti nelle nostre masse lavoratrici, essendo esse attualmente un elemento troppo prezioso per non trovare, ove occorra, proficuo impiego in molti e vasti mercati, ma piuttosto dobbiamo preoccuparci del fatto in se stesso, che manifesta chiaramente le condizioni non buone di quelle colonie e la poco vantaggiosa utilizzazione di tanta nostra forza di lavoro. Perchè i nostri italiani si fermarono e si fermano tutt’ora in massa nelle città dell’Est e del Nord in mezzo ad una concorrenza fortissima, a fare spesso della miseria, in luoghi già sfruttati? Perchè ivi si dirigono anche le emigrazioni di altri paesi, perchè ivi li ha preceduti la maggioranza dei connazionali, ed è più facile recarvisi perchè le linee di piroscafi conducono là; non hanno calcolato se avessero maggior convenienza a recarsi nel Sud, od altrove, non hanno guardato ove potessero avere terra in quantità e tutto ciò che può promettere un avvenire. E’ mancata e manca tuttavia alla nostra emigrazione non solo una direttiva, ma anche la conoscenza elementare la più essenziale delle condizioni dei paesi in cui si reca: altri fenomeni patologici di importanza lo mostrano. Basta osservare il movimento della nostra emigrazione per l’Argentina in questi ultimi anni per vedere quali rigurgiti dolorosi si verificano in essa a causa delle partenze inconsiderate, troppo numerose per quel mercato. Sono tre anni che un numero considerevole di quella massa di emigranti che vi si riversa nella stagione dei raccolti non riesce a trovare occupazione, e dopo avere invano girato per tutti i

sensi la Repubblica in cerca di lavoro, rimpatria lasciando l’Argentina in piena stagione di lavoro, quando il raccolto è appena incominciato, più povera di prima, avendoci rimesso anche il denaro del viaggio. Anche in questi giorni ’giungono notizie dall’Argentina annunzianti, che, nonostante il raccolto più che normale di quest’anno, già molti lavoratori disoccupati si trovano sul mercato; e frattanto tutti i piroscafi che partiranno in questo mese e nel prossimo andranno completi di emigranti! Bisogna sentire le imprecazioni di codesti poveri illusi, od aver visto i numerosi disoccupati preda dell’urbanismo che procede minaccioso, aggirarsi demoralizzati per Buenos Aires, o addensarsi ai Patronati ed ai Consolati a chiedere i passaggi gratuiti di rimpatrio, sempre esauriti in anticipo per vari mesi, per comprendere tutta la necessità di provvedimenti atti a procurare una più saggia distribuzione del lavoro. Eppure il Governo Argentino per mezzo dei suoi agenti, cerca in tutti i modi di promuovere dall’Italia una più numerosa emigrazione, e la stampa e l’opinione pubblica di quel paese si formalizzava ed attribuiva a spirito di rappresaglia le circolari che il R. Commissariato dell’Emigrazione poco fa diramava sconsigliando i lavoratori dal recarsi attualmente in Argentina. Ecco due punti di vista contrari nel problema emigratorio, quello degli Stati Uniti, e quello dell’Argentina, che ci sembrano egualmente inopportuni. A noi sembra che due sistemi pratici per ottenere l’equilibrio fra il lavoro e gli altri elementi di produzione nei paesi americani, possono consistere sia nel favorire laggiù in modo più efficace l’incontro fra domanda ed offerta, sia nel far conoscere agli emigranti prima che si decidano a partire, le vere condizioni dei paesi nei quali intendono recarsi. Per intensificare e migliorare la funzione• di mediazione del lavoro noi non sapremmo che suggerire una avveduta diffusione dell’opera dei Patronati, dei Segretariati e di altri istituti italiani affini, i quali, come abbiamo detto, dànno per ora nel collocamento al lavoro, scarsi risultati. Noi diciamo istituti italiani perchè prima di tutto riconosciamo nella base nazionale di questi una delle condizioni più favorevoli per agire efficacemente fra l’elemento italiano, e d’altra parte è essenziale che lo siano se vogliamo sopra tutto promuovere gli interessi del nostro paese; ciò dicendo non intendiamo peraltro escludere da questo compito la collaborazione di istituzioni del paese, che hanno per sè forza e mezzi particolari, tanto più se siano emanazioni dei Governi locali. A nostro parere anzi, resultati naoltó proficui si possono avere dagli istituti italiani che informino la loro azione di aiuto ’agli emigranti in modo da valersi di tutto ciò che già esiste nel paese per scopi analoghi, sia opera di classi sociali, o di federazioni di lavoratori, purchè onesti ne siano gli intendimenti. Una fra le obbiezioni più gravi che a tal progetto si può fare è il richiamarci all’insuccesso general [p. 139 modifica]mente constatatosi ovunque, per la parte del collocamento al lavoro, di molti degli uffici gratuiti e specialmente di quelli istituiti direttamente o sotto la sorveglianza e tutela del Governo. I motivi essenziali di questo poco successo sono i seguenti: l’emigrato si rivolge più volentieri al mediatore privato che gli fa pagare forti commissioni. e che spesso lo imbroglia, che ad un ufficio non avente scopo di lucro, in cui teme qualche secondo fine del patrio Governo, e questo per effetto dell’ignoranza che gli crea quel particolare stato d’animo. Inoltre i mediatori privati hanno più facilità di collocare al lavoro perchè essi organizzano una vera industria; generalmente hanno stipulato accordi con quelli che in Argentina si chiamano cgpataz, negli Stati Uniti bosses, cioè nella classe dei capisquadra per lo più incaricati del reclutamento del personale, i quali ricevono da loro un tanto per cento della senseria pagata dagli operai che impiegano. Ma non crediamo che tali difficoltà siano invincibili da parte di istituzioni private; potranno sussistere solo in certi centri urbani e durare per un certo tempo fino che la verità si sia fatta strada anche nei più sospettosi, specialmente se a tali Segretariati si tolga ogni forma burocratica. E noi intenderemmo appunto che la collocazione al lavoro fosse facilitata in tutti i paesi di immigrazione, da una quantità di istituti privati, senza pretesa di uffici montati, i quali occorrono solo nei luoghi dì concentramento degli emigranti onde fungere come centrali. L’efficacia del lavoro deve esser data soprattutto dal grande numero di corrispondenti sparsi in tutte le parti e specialmente nelle campagne e nei luoghi ove ancora vi sia avvenire. Appunto come sta facendo la Italica Gens, che, federando a tale scopo tutti i missionari italiani, che più di chiunque altro hanno facilità di avvicinare e consigliare i connazionali, si propone di giungere, per mezzo della raccolta frequente e periodica da ciascuno dei medesimi, delle notizie del lavoro e delle opportunità locali, e colla scambievole corrispondenza, ad aiutare una opportuna distribuzione dei lavoratori. Sarebbe desiderabile che a questo lavoro di consiglio agli immigranti fossero indotti a collaborare, ognuno nel limite delle proprie possibilità, tutti i connazionali delle nostre colonie, che siano in grado di farlo. Poichè soprattutto per ottenere un buon avviamento degli emigranti è necessario diffondere ampiamente cognizioni pratiche ed esatte sui vari luoghi, in modo che essi abbiano elementi per rendersi conto e per scegliere, cosa, che, come dicevano, per ora non avviene. Sarebbe pure utilissimo che tali elementi l’emigrante potesse avere anche prima di lasciare la patria. Da noi un emigrante che voglia avere informazioni potrà ricevere dal R. Commissariato appena qualche guida non sempre recente del paese in cui vuol recarsi, ma difficilmente avrà indicazioni sicure e precise; i comitati comunali istituiti a quello

scopo non funzionano affatto, e solamente ora cominciano a funzionare alcuni Segretariati in varie parti d’Italia che sono in grado di dare qualche giusto consiglio. Qualcosa di più ha fatto in questo senso la Germania coll’istituzione della Deutsche Kolonialgeselleschaft, e specialmente l’Inghilterra col suo Emigrants’information office di Londra. Quest’ultimo ufficio specialmente è degno di nota per la sua buona organizzazione: la praticità di sistemi cui si informa può rilevarsi dalle pubblicazioni periodiche frequenti che esso dirama per gli emigranti in tutte le parti del mondo, ma specialmente per quelli diretti ai possessi coloniali inglesi. Ivi si trovano tutti i particolari utili a chi vuol emigrare in un dato paese: dalle descrizioni del clima all’elenco dei vestiti" più necessari, a tutte le modalità essenziali per recarvisi. Con molta esatezza ivi si indica per ogni singolo mestiere o professione agricola od urbana, se vi è domanda o meno di lavoratori, a quali condizioni e salari, qual’è il costo della vita, dei cibi principali, ecc. Un emigrante che sappia leggere trova in quelle pubblicazioni dei consigli veramente pratici. Peraltro anche tale istituto, pur essendo assai utile e da imitarsi in vari suoi sistemi, è lungi dal rappresentare una istituzione che sia in grado di spiegare l’azione che sarebbe necessaria per l’emigrazione nostra e per quella di altri paesi europei che non abbiano il carattere tecnico.e speciale di quella inglese.

L'Istituto Internazionale d’Agricoltura.

Perchè infatti sia possibile esplicare con certa efficacia una funzione di distribuzione della emigrazione, fa duopo un organismo che possegga basi molto vaste e che, essendo a conoscenza dei vari mercati, possa, nell’interesse reciproco, consigliare ed orientare le masse lavoratrici emigranti. Un istituto che a preferenza di ogni altro possiede di questi requisiti, almeno per tutto ciò che si riferisce all’agricoltura, è l’Istituto internazionale di Agricoltura con sede in Roma. Come è noto, detto Istituto, sorto in virtù di una Convenzione internazionale fino dal 1905, ha l’adesione e la collaborazione di cinquanta Stati. Esso, oltre a raccogliere informazioni e statistiche agricole, e rare studi tecnici ed economici sulle produzioni agricole, sui commerci sui prezzi dei prodotti, ecc., ha altresì fra gli scopi espressamente menzionati nello Stato, quelli di «far conoscere i salari dei lavori rurali, e... sottoporre, ove sia opportuno, all’approvazione dei Governi provvedimenti atti a proteggere gli interessi comuni a tutti gli agricoltori, e a promuovere il miglioramento delle loro condizioni; e ciò dopo di Congressi internazionali o di altri•congressi di agricoltura, di società agrarie, ecc.». Come è noto e come si vede anche dal suo statuto, l’Istituto internazionale nella mente degli iniziatori doveva anche avere lo scopo sociale di dare. infor [p. 140 modifica]mazioni sulle condizioni dei vari mercati agricoli, e promuovere la tutela della classe dei lavoratori agricoli. Per ora non ci consta che esso spieghi azione pratica in questa parte del suo compito. Certamente è questa un’azione non priva di difficoltà; ma noi ci auguriamo che non tardi molto ad iniziarsi. Poichè crediamo che in tal campo l’opera di quell’importante Istituto sia nel momento attuale ciò che di più pratico possa sperarsi: poichè creder possibile ora una sistemazione del problema mediante gli invocati accordi internazionali ci sembra una illusione, tutto dando motivo a pensare che i tempi ancora non sieno per questo maturi. L’Istituto internazionale è in possesso di tanti dati ed elementi che sono fra i più esenziali per consigliare avvedutamente l’indirizzo dei lavoratori agricoli, i quali costituiscono tuttavia la massa più considerevole della nostra emigrazione. Tali informazioni largamente diffuse tra gli emigranti per mezzo dei Segretari potrebbero, a nostro parere, servire opportunamente a far loro conoscere le vere condizioni dei paesi ove intendono recarsi, togliendo le illusioni a coloro che hanno sull’America idee troppo vaghe ed ottimiste, indirizzando chi veramente ha interesse ad emigrare, verso contrade ove con più probabilità potrà impiegare proficuamente le sue energie. Concludendo. La nostra emigrazione ha bisogno di una direzione: procurargliela è, a nostro parere, il modo migliore di aiutarla nel raggiungere il più utile collocamento a lavoro. Non è detto che per ciò si debbano favorire e procurare incanalamenti di lavoratori per determinate regioni: noi pure pensiamo che la emigrazione spontanea, dovuta alla libera scelta dell’emigrante, è sovente quella da preferirsi, tanto se tenda alla colonizzazione come ad altra meta: ma questa scelta del luogo è necessario possa esser fatta coscientemente, con cognizione di causa e non come avvenne pel passato e come avviene tuttora. Scrive molto giustamente il Mayor des Planches, fino a poco fa R. Ambasciatore a Washington (i): La scelta dei luoghi ove portarsi, sebbene di tanta importanza è sovente determinata da futili circostanze od anche da qualcuno di quegli imponderabili che fanno credere azioni umane quelle dovute al caso. La lettura di un foglio, un richiamo commerciale, una notizia vaga, un nome udito e rimasto impresso, talora scambiato con un altro, ed anche meno, sono bastati a decidere di una direzione anzichè di un’altra». E’ questo sistema che fu causa di tanti errori e di tanti mali della nostra emigrazione, che crediamo sia da modificare diffondendo largamente fra i nostri emigranti informazioni pratiche, attendibili, sui paesi di immigrazione, a mezzo degli Istituti e dei Segretariati di cui abbiamo parlato. (i) Cfs. E. Mayor des Planches; Attraverso gli Stati Uniti -Torino 1913.

Non sarà certo possibile in alcun modo cambiare improvvisamente indirizzo alla nostra emigrazione; e neppure ’crediamo che vi sia provvedimento atto a regolare la distribuzione ed il collocamento degli emigranti in modo da eliminare tutti gli insucessi e tutte le miserie; è fatale che l’espatrio di una massa umana così grande com’è quella della nostra emigrazione, porti seco la sua parte di dolori e di sconfitte; i provvedimenti che propugnamo raggiungeranno il loro scopo sociale se riusciranno a render minore il numero di codesti vinti, e raggiungereranno in tal caso altresì uno scopo nazionale, poichè il benessere e la prosperità delle colonie dei nostri emigranti ha sempre favorevole ripercussione negli interessi della madre patria. R. VENEROSI.