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138 IL BUON CUORE


menti si vanno formando lentamente, ma per lo più solo a vantaggio dei lavoratori indigeni, restandone di diritto o di fatto esclusi gli stranieri immigranti. Di qui la necessità in chi ne ha il dovere e l’interesse, — e ve l’hanno tanto i paesi di emigrazione come quelli di immigrazione — di promuovere appositi provvedimenti. Quello che in tal senso fin’ora fu fatto, rappresenta lavoro ed iniziative importanti ma moltissimo si può fare ancora. Ce ne, avvertono gli inconvenienti, di cui alcuni assumono forme gravi e permanenti, derivanti dai sistemi di distribuzione invalse, che sopra abbiamo sommariamente esaminato. Il quasi completo abbandono a sè stessa dell’emigrazione nostra agli Stati Uniti l’ha portata a quella infelicissima distribuzione negli Stati del Nord e dell’Est, ed a quell’addensamento urbaro in alcuni centri, che son motivo di seri guai economici e morali a quei nostri aggruppamenti coloniali; cose. che attirano sui nostri connazionali in genere l’avversione da parte degli americani. Tale avversione vediamo manifestarsi concretamente con leggi restrittive della immigrazione, cui appunto in questi giorni si propone di aggiungere nuove clausole più severe. Vogliamo osservare a tal proposito che ci sembra non dobbiamo tanto preoccuparci della possibilità della esclusione dagli Stati Uniti della nostra emigrazione, ciò che potrebbe cagionare solo temporanei turbamenti nelle nostre masse lavoratrici, essendo esse attualmente un elemento troppo prezioso per non trovare, ove occorra, proficuo impiego in molti e vasti mercati, ma piuttosto dobbiamo preoccuparci del fatto in se stesso, che manifesta chiaramente le condizioni non buone di quelle colonie e la poco vantaggiosa utilizzazione di tanta nostra forza di lavoro. Perchè i nostri italiani si fermarono e si fermano tutt’ora in massa nelle città dell’Est e del Nord in mezzo ad una concorrenza fortissima, a fare spesso della miseria, in luoghi già sfruttati? Perchè ivi si dirigono anche le emigrazioni di altri paesi, perchè ivi li ha preceduti la maggioranza dei connazionali, ed è più facile recarvisi perchè le linee di piroscafi conducono là; non hanno calcolato se avessero maggior convenienza a recarsi nel Sud, od altrove, non hanno guardato ove potessero avere terra in quantità e tutto ciò che può promettere un avvenire. E’ mancata e manca tuttavia alla nostra emigrazione non solo una direttiva, ma anche la conoscenza elementare la più essenziale delle condizioni dei paesi in cui si reca: altri fenomeni patologici di importanza lo mostrano. Basta osservare il movimento della nostra emigrazione per l’Argentina in questi ultimi anni per vedere quali rigurgiti dolorosi si verificano in essa a causa delle partenze inconsiderate, troppo numerose per quel mercato. Sono tre anni che un numero considerevole di quella massa di emigranti che vi si riversa nella stagione dei raccolti non riesce a trovare occupazione, e dopo avere invano girato per tutti i

sensi la Repubblica in cerca di lavoro, rimpatria lasciando l’Argentina in piena stagione di lavoro, quando il raccolto è appena incominciato, più povera di prima, avendoci rimesso anche il denaro del viaggio. Anche in questi giorni ’giungono notizie dall’Argentina annunzianti, che, nonostante il raccolto più che normale di quest’anno, già molti lavoratori disoccupati si trovano sul mercato; e frattanto tutti i piroscafi che partiranno in questo mese e nel prossimo andranno completi di emigranti! Bisogna sentire le imprecazioni di codesti poveri illusi, od aver visto i numerosi disoccupati preda dell’urbanismo che procede minaccioso, aggirarsi demoralizzati per Buenos Aires, o addensarsi ai Patronati ed ai Consolati a chiedere i passaggi gratuiti di rimpatrio, sempre esauriti in anticipo per vari mesi, per comprendere tutta la necessità di provvedimenti atti a procurare una più saggia distribuzione del lavoro. Eppure il Governo Argentino per mezzo dei suoi agenti, cerca in tutti i modi di promuovere dall’Italia una più numerosa emigrazione, e la stampa e l’opinione pubblica di quel paese si formalizzava ed attribuiva a spirito di rappresaglia le circolari che il R. Commissariato dell’Emigrazione poco fa diramava sconsigliando i lavoratori dal recarsi attualmente in Argentina. Ecco due punti di vista contrari nel problema emigratorio, quello degli Stati Uniti, e quello dell’Argentina, che ci sembrano egualmente inopportuni. A noi sembra che due sistemi pratici per ottenere l’equilibrio fra il lavoro e gli altri elementi di produzione nei paesi americani, possono consistere sia nel favorire laggiù in modo più efficace l’incontro fra domanda ed offerta, sia nel far conoscere agli emigranti prima che si decidano a partire, le vere condizioni dei paesi nei quali intendono recarsi. Per intensificare e migliorare la funzione• di mediazione del lavoro noi non sapremmo che suggerire una avveduta diffusione dell’opera dei Patronati, dei Segretariati e di altri istituti italiani affini, i quali, come abbiamo detto, dànno per ora nel collocamento al lavoro, scarsi risultati. Noi diciamo istituti italiani perchè prima di tutto riconosciamo nella base nazionale di questi una delle condizioni più favorevoli per agire efficacemente fra l’elemento italiano, e d’altra parte è essenziale che lo siano se vogliamo sopra tutto promuovere gli interessi del nostro paese; ciò dicendo non intendiamo peraltro escludere da questo compito la collaborazione di istituzioni del paese, che hanno per sè forza e mezzi particolari, tanto più se siano emanazioni dei Governi locali. A nostro parere anzi, resultati naoltó proficui si possono avere dagli istituti italiani che informino la loro azione di aiuto ’agli emigranti in modo da valersi di tutto ciò che già esiste nel paese per scopi analoghi, sia opera di classi sociali, o di federazioni di lavoratori, purchè onesti ne siano gli intendimenti. Una fra le obbiezioni più gravi che a tal progetto si può fare è il richiamarci all’insuccesso general