Il buon cuore - Anno XII, n. 08 - 22 febbraio 1913/Religione

Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

[p. 60 modifica]Religione


Vangelo della terza Domenica di Quaresima

Testo del Vangelo.

Diceva il Signore Gesù a’ quei Giudei, che avevano creduto in lui. Sarete veramente miei discepoli, se perseverente ne’ miei insegnamenti: e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi. Gli risposero essi: Siamo discendenti di Abramo, e non siamo mai stati servi di nessuno: come dunque dici tu:

Sarete liberi? Rispose - loio Gesù: In verità, in verztà vi dico, che chiunque fa ilpeccato, è servo del peccato. Ora il servo non islà per sempre nella casa: il figliuolo sta per sempre nella casa. Per la qual cosa, se il figliuolo vi libererà sarete veramente liberi. So, che siete figliuoli di Abramo: ma cercate di uccidermi, perchè non cape in voi la mia pdrola. Io dico quello che ho veduto oppresso al Padre mio; e voi parimenti fate quello, che avete imparato appresso al vostro padre. Gli risposero, e dissero: Il Padre nostro è Abramo. Disse loro. Gesù: Se siete figliuoli di Abramo, fate le opere di Abramo. Ma adesso cercate di uccider me, uomo, che vi ho detto la verità la quale ho udito da Dio: simil cosa già non fece Abramo. Voi fate quello, ’che fece il padre vostro. Gli risposero essi pertanto: Noi non siamo di razza di fornicatori: abbiamo un solo padre, Dio. Ma Gesù disse loro: Se Dio fosse il vostro padre, certamente amereste me: imperocchè da Dio sono uscito, e sono venuto; dappoichè non sono venuto da me stesso, ma egli mi ha mandato. Peì qual cagione non intendete voi il mio linguaggio? Perchè non potete soffrire le mie parole? Voi avete per padre il diavolo, e volete soddisfare ai desideri del padre vostro; quegli fu omicida fin.da principio e non perseverò nella verità, conciossiachè vegità non è in lui: quando parla con bugia, parla da suo pari; perchè egli è bugiardo e padre della bugia. A me poi non credete, perchè vi dico la verità. Chi di voi mi convincerà di peccato? Se vi dico la verità, per qual cagione non mi credete? Chi è da Dio, le parole di Dio ascolta. Voi per questo non le ascoltate, perchè non siete da Dio. Gli risposero però i Giudei e dissero: Non diciamo noi con ragione, che tu sei un Samaritano e un indemoniato? Rispose Gesù: Io non sono indemoniato: ma onoro il Padre mio, e voi mi avete vituperato. Ma io non prendo pensiero della mia gloria: v’ha chi cura ne p ende, e faranne vendetta. In verità, in verità vi dico: chi custodirà i miei insegnamenti non vedrà morte in eterno. Gli dissero pertanto i Giudei: Adesso riconosciamo, che tu sei un indemoniato. Abramo morì e i profeti: e tu dici: Chi custodirà i miei insegnamenti, non gusterà morte in eterno. Sei tu forse da più del padre nostro Abramo, il quale morì? E i Profeti morirono. Chi pretendi tu di essere? Rispose Gesù: Se io glorifico me stesso la mia gloria è un niente: è il Padre mio quello che mi glorifica, il quale voi dite che è vostro Dio. Ma non l’avete conosciuto: io sì che lo cono-, sco, e se dicessi, che nol conosco, sarei bugiardo come voi: ma lo conosco, e osservo le sue parole. Abramo il padre vostro sospirò di vedere questo mio giorno, lo vide e ne tripudiò. Gli dissero però i Giudei: Tu non hai ancora cinquant’anni e hai veduto Abramo? Disse loro Gesù: In verità, in verità vi dico: prima che fosse fatto Abramo, io sono. Diedero perciò di piglio a de’ sassi per trar.: glieli: ma Gesù si nascose, e uscì dal tempio. S. GIOVANNNI, cap. 8. [p. 61 modifica]Pensieri.

I capi del popolo, i Dottori, i Sacerdoti coi Farisei che assediano Cristo sono accecati dalla superbia, tanto da non accorgersi dell’evidente contradizione delle loro proteste col fatto contemporaneo. Protestano di non aver servito mai ad alcuno mentre da tempo sul loro paese gravava il terribile peso dell’aquile romane. La politica,— terribile e pericolosa passione — alle volte — spessissimo — fa velo e ci acceca. Per la politica, per il pretesto politico — Cristo salì sulla Croce: per il pretesto politico dell’integrità e salute dell’impero romano si soffocò la libertà della Chiesa nel sangue dei martiri che popolarono le catacombe: per il pretesto politico fu sempre osteggiata e conculcata la Chiesa: per la sciagurata politica s’inceppa e si grava di catene la libertà cristiana, i diritti della Chiesa. Pare impossibile! L’una e l’altra società hanno una meta e mezzi e strade diverse, eppure ad ogni piè sospinto s’incontrano e la sicurezza della patria, l’integrità, la’ tutela dei diritti civili, giustificano una statolatria accentatrice e conculcatrice d’ogni più santo ed elementare diritto. Come Cristo anche colla sua Sposa, la Chiesa, la lotta continua sorda violenta, vellutata o villana, lotta derivata dal pessimo uso della parola profanata: la libertà.

Cristo ha spiegato lo strano fenomeno: «Chi commette peccato è figlio del peccato: solo chi avrà conosciuto la verità sarà libero». In queste parole sta la spiegazione semplice ma tanto vera. E traducendola direi: Voi non siete liberi — la libertà non si ha gridandola per, tutto ed ogni momento — non siete liberi perchè siete nel peccato in quanto le vostre passioni, le intemperanze, l’insaziabilità di questi che mai non posano continuamente chiedono non vi fanno rispettare i diritti degli altri; anzi vi spingono nell’azione del vicino, vi spingono nel campo altrui violando così l’altrui libertà, recando ingiuria al fratello. E’ per questo che con errore — non intendendo bene le esigenze altrui — solo la verità — conoscenza perfetta dei diritti degli altri, dei rapporti che ci stringono a Dio, agli uomini, alle cose — solo la verità ci farà liberi. Dunque il vero regno della vera libertà sta nel regno della verità: verità che ci illuminerà in tutti i nostri rapporti con chi ci attornia ed ha relazione con noi: verità che ci indurrà a rispettare quanto viene dalle leggi — ordinata esposizione dei nostri rapporti — sancito, cosicchè solo i santi sono i veri’ soli figli della libertà, solo coloro che osservando quanto dalle sane leggi veniva sancito, gelosi dei diritti e doveri propri rispettavano i diritti di tutti.

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A chi parla questo semplice linguaggio, a Gesù viene lanciata l’atroce calunnia di indemoniato.

Sì, il mondo grida, urla con violenza furiosa dietro chi rivendica il diritto del vero, del bene, dello spirito. E’ la reazione della materia, della carne, del senso contro il mondo soprasensibile, il mondo morale, Dio, contro quanti ci rimprovereranno le nostre viltà con una condotta veramente libera e santa. Ma non temiamo. L’azione della virtù fu sempre combattuta. Di mezzo al suo svolgersi benefico e pacifico s’injetta il veleno e la bara della cattiveria e del vizio, ma Cristo ha risposto per noi rivendicando la sua missione ed aspettando nel cielo la sua ricompensa, con una vita che non vedrà il tramonto giammai in una eternità degna di Dio e della bellezza del nostro spirito. B. R.

Il P. Barnabita GAETANO OGGIONI

Dall’Italia Reale, con animo commosso, togliamo il seguente elogio funebre del Padre Barnabita Oggioni, che fu nostro compagno di scuola e poi sempre amato e venerato amico. Nelle prime ore di ieri, dopo breve malattia, cessava di vivere, da tutti rimpianto, il Padre Gaetano Oggioni, d’anni 6i, Direttore Spirituale nei Reale Collegio Carlo Alberto di Moncalieri. Questa morte quasi improvvisa getta nel lutto la Congregazione dei Barnabiti che si vede privata di un valente operaio nell’esplicazione del bene; ma per il R. Collegio Carlo Alberto segna una perdita incalcolabile. Nato a Castello nelle vicinanze di Lecco, il Padre Oggioní trascorse la sua prima infanzia alle falde del Resegone, passando poi nell’istituto Villoresi di Monza, dove maturò in lui la vocazione ecclesiastica. Ordinato sacerdote, si consacrò con giovanile entusiasmo alla cura delle anime, finchè, obbedendo ad un interiore invito al suo spirito religiosissimo, credette giunto il momento di consacrarsi a una forma di vita più perfetta. Verso l’anno 1893 decise ed ottenne di entrare nell’Ordine dei Barnabiti. Compiuto il regolare noviziato, il Padre Oggioni venne in seguito destinato nei vari collegi della Provincia lombarda, e dappertutto egli portò un prezioso contributo di consigli e di opere. a Da circa due anni si trovava nel Real Collegio di Moncalieri, e la sua figura arguta e buona godeva le più vive simpatie presso quanti l’avvicinavano. Uomo di Dio, sapeva congiungere l’innata modestia con un’abituale serenità d’animo, il che gli attirava la confidenza di tutti e specialmente dei giovani convittori, che vedevano in lui una persona d’ingegno e di cuore che li sapeva comprendere e [p. 62 modifica]aiutare nella formazione del proprio carattere sinceramente cristiano. a Padre Oggioni, ammiratore del suo illustre conterraneo Antonio Stoppani e studioso seguace dell’opera manzoniana, traeva anche dalla scienza e dalla letteratura argomenti di dovere e di santiiicazióne propria e altrui, riuscendo perfetto educatore sull’esempio degli illustri suoi predecessori, Padre Canobbio e Padre Denza. a La memoria del compianto Estinto vivrà a lungo nell’aristocratico ambiente dove egli chiuse la sua giornata di lavoro».

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Il Padre Oggioni trascorse parecchi anni anche a Milano, nel Convento di S. Alessandro, quando era Proposto l’indimenticabile Padre Gazzola. Consigliere apprezzato, saggio direttore di coscienze, animo nobile, sensibile e squisitamente educato, dal suo posto di penitenziere in ’Duomo, tutte le doti della sua mente e del suo cuore dedicò alle famiglie bisognose de’ suoi lumi e della sua carità, non badando a sacrifizi, pur di riuscire a confortare ed ajutare anime tribolate. Guardando al passato, lo rivediamo studente esemplare sui banchi del Collegio Bettega in Lecco; lo rivediamo più tardi studente di teologia, poi sulle cattedre e dovunque era portato dal suo spirito di asceta e dal dovere dell’obbedienza. Quanto bene avrebbe potuto fare ancora tra noi o al Collegio di Moncalieri, o in qualsiasi campo d’azione! Egli, invece, ha già raggiunta la venerata madre, giustamente riguardata come una santa. C.

Il Cav. Uff. D.r Giuseppe Ferrario

Un’altra simpatica figura è scomparsa nell’infinito: quella dell’egregio notaio cav. uff. dott. Giuseppe Ferrario. Era un atleta e pareva resistente come una quercia. Ma venne la bufera, che cagionò la morte della diletta, rimpianta consorte, e allora... allora -anche la quercia piegò e cominciò a deperire. Si riebbe poi per le cure amorose dei figli; ma più tardi cedette ancora e passò da una crisi dolorosa a una crisi straziante, finchè tutto fu finito, e la bella e forte anima del Dott. Giuseppe Ferrario andò a raggiungere l’anima già in gloria di colei che gli fu amatissima compagna nella vita terrena. Il dott. Giuseppe Ferrario, quale professionista e pubblico amministratore, godeva grande stima anche fuori di Milano, e nella sua nativa Monza occupò gradatamente le cariche di consigliere comunale, di assessore e di sindaco, riuscendo a condurre a fine belle e utili iniziative. Pure in Monza fu amministratore dell’Opera Pia Zucchi, e anche in altre

cariche e in uffici delicatissimi d’indole famigliare, si mostrò sempre funzionario integerrimo, franco e leale. Dai colleghi milanesi fu apprezzato, stimato e amato tanto da essere chiamato alla presidenza del Consiglio Notarile. Animo gentile, fu anche cultore appassionato di musica e fece parte del cessato Consiglio Accademico del nostro Conservatorio. Nella di lui distinta figliolanza si perpetueranno le virtù del caro defunto, che tutti ricorderanno con sentimento affettuoso. Questo pensiero lenisca l’angoscia dei superstiti, ai quali esprimiamo le nostre sentite condoglianze. C.

La March.a TERESA VISCONTI SAN SEVERINO

A ragione si è detto che, per la dipartita della Marchesa Teresa Visconti Sanseverino, l’alta società milanese, la beneficenza cittadina e la cultura femminile hanno perduto un ornamento, una forza e un vanto gentile; e a ragione si è pur detto che la rimpianta Marchesa, con altre esimie signore del suo tempo, rappresentava il magnifico patriottismo italiano, quello che rifiutava le lusinghe e le blandizie di austriaci e di austriacanti, mentre d’altra parte si preferiva transigere collo straniero. Affascinante per eccezionale bellezza, per squisitezza di modi, per dolcezza di sentimento, per educazione profonda e per innata carità, la Marchesa, secondando il di Lei indimenticabile marito Marchese Caldo Ermes Visconti, si rese benemerita in tutte le opere belle e buone. Noi la ricordiamo specialmente come fondatrice dell’opera dei visitatori e delle visitatrici dei malati ricoverati all’Ospedale Maggiore, e lasciamo ben volontieri la parola ad un’egregia amica nostra, la quale è quella esimia edúcatrice che si chiama Adele Riva e conosce più di noi le virtù dell’amata defunta. i6 febbraio 1913. E anche Lei — la Marchesa — non è più! Stamane alle sei, la Marchesa Teresa Visconti nata Contessa Vimercati Sanseverino, dopo tre settimane di spasimi, esalava’come in un soffio, senza agonia, l’ultimo respiro. Ella riposa, finalmente; Ella vive ora con tutti i suoi Cari, che sono partiti prima di Lei e raccoglie il premio di una vita tutta spesa a ben fare, a dare esempio di virtù sovrumane. Ancora vivono molti di quelli che conobbero la Marchesa negli anni in cui Ella brillò come il più fulgido astro della nostra aristocrazia; ma più numerosi sono quelli che ricordano quest’ultimo quarantennio della sua vita, nel quale una vera successione di dolori d’ogni sorta — e tutti ben gravi — si abbattè sopra là sua casa. [p. 63 modifica]La nobile dama, sempre bella nell’aureola dei capelli bianchi, dalla voce d’oro, dall’intelligenza superiore, con gli occhi ormai spenti, accettò tutte le sventure dalle mani di Dio e dalle sue labbra non uscì mai un lamento. Pronta a partecipare ai dolori altrui, prodigò agli altri il tesoro della sua compassione, seppe trovare lacrime e parole di conforto per tutti gli afflitti; aprì il suo cuore e la sua borsa a tutte le miserie che si rivolgevano a Lei — e non chiese mai nulla per sè, non contristò mai nessuno, parlando dei propri dolori, di quell’infermità sua, che doveva essere tanto più grave per chi, come Lei, aveva lo spirito aperto a ogni bellezza d’arte e di natura. In quel suo appartamento a Milano, là nel Castello di Somma, in mezzo a tante opere d’arte che Ella più non vedeva, oppressa sotto il peso di tante memorie, la Marchesa sapeva vivere, interessandosi di tutti e di tutto, avvincendo a sè tutti i cuori, emanando intorno a sè un fascino, un profumo di bontà e di bellezza. Chi andava a trovarla se ne partiva con rammarico e sentendosi dentro il bisogno di migliorarsi per essere meno indegno di ricomparirle davanti. Per questo la scomparsa della Donna Gentile, della Donna Elettissima, farà sgorgare tante lacrime ardenti e sincere. La Religione, la Patria, la Famiglia, l’arte, la letteratura, la beneficenza nelle sue manifestazioni più gentili e pudiche, ebbero un culto nel cuore della Marchesa Teresa Visconti. Ma ora quel grande cuore riposa e mai più scenderà sopra di noi la voce d’oro, che penetrava nel più profondo dell’anima! Vada ai Figli superstiti il pensiero di tutti coloro che piangono l’anima preziosissima, la grande benefattrice, e la memoria della Marchesa Visconti sia per tutti il migliore degli esempi, il più forte stimolo a vivere non per sè, ma per gli altri! ADELE Riva.

Don PIETRO STOPPANI (Messa d’Argento)

Domenica, il Sac. Prof. Don Pietro Stoppani, nell’Oratorio dell’Istituto dei Ciechi, celebrava la Messa d’Argento, alle ore 10,30. Un comitato si è formato per offrirgli per la fausta circostanza un calice artistico. I Ciechi accompagneranno con musica vocale ed istrumentale la funzione.

Comitato delle Scrittrici BRAILLE

Lunedì, 24 corrente, alle ore 15, in una Sala dell’Istituto dei Ciechi, si radunerà il Bomitato delle scrittrici Craille, per prendere.- norma dei lavori fatti, e deliberare sulla scelta di altri lavori da trascriversi.